La bioraffinazione per contribuire al contenimento di emissioni di CO2 - QdS

La bioraffinazione per contribuire al contenimento di emissioni di CO2

redazione

La bioraffinazione per contribuire al contenimento di emissioni di CO2

sabato 25 Luglio 2020

Eni ha brevettato il sistema Ecofining in grado di trasformare materie prime di origine biologica in biocarburanti. Possibile lavorare biomasse di varia natura e non solo oli vegetali come quello di palma o soia

I biocarburanti avanzati sono uno degli strumenti per contribuire al contenimento delle emissioni di CO2 nel settore dei trasporti, tanto che l’Unione europea ne promuove l’utilizzo attraverso specifiche direttive come la RED II. A differenza dei biocarburanti tradizionali che derivano da colture in competizione con l’uso alimentare, quelli avanzati trattano scarti o colture che non sottraggono terreno all’agricoltura, come alghe, paglia, glicerina grezza, gusci, sfalci agricoli e forestali e rifiuti organici della raccolta differenziata.

Eni ha brevettato il sistema “Ecofining”, in grado di trasformare materie prime di origine biologica in biocarburanti, in particolare biodiesel di alta qualità definito in termini tecnici HVO (Hydrotreated Vegetable Oil).

Il processo, data la sua grande flessibilità, consente di trattare diversi tipi di cariche: dagli oli vegetali ai grassi animali, fino agli oli da cucina usati e quelli estratti da alghe. A differenza del processo per la produzione di biodiesel classico, con Ecofining si ottiene un bio diesel privo di componenti ossigenati e con un alto numero di cetano consentendo prestazioni migliori. La tecnologia sviluppata in collaborazione con Honeywell-UOP è stata portata da Eni a livello industriale, riuscendo a convertire due raffinerie convenzionali in bioraffinerie: quella di Venezia, primo esempio al mondo, e quella di Gela contribuendo a rilanciare il settore della raffinazione.

La bioraffineria Eni di Venezia produce biocarburanti dal maggio 2014 utilizzando quote sempre maggiori di oli alimentari esausti, grassi animali e altre materie prime di scarto in sostituzione degli oli vegetali certificati per la sostenibilità.

Eni ha realizzato a Gela una delle più innovative bioraffinerie d’Europa. Avviata nel mese di agosto 2019, con una capacità di lavorazione fino a 750.000 tonnellate annue, sarà in grado di trattare progressivamente quantità elevate di oli vegetali usati e di frittura, grassi animali, alghe e sottoprodotti di scarto per produrre biocarburanti di alta qualità. Insieme, dal 2021, consentiranno di superare la quota di un milione di tonnellate di biodiesel prodotto da Eni in Italia.

Il modello circolare di Eni mira inoltre alla valorizzazione degli asset esistenti, per trasformare asset non più redditivi o in dismissione e dare loro nuova vita insieme ad aree industriali, impianti, capitale umano e capitale sociale.

In ottica di sostenibilità ambientale, inoltre, Eni promuove non solo il riutilizzo degli scarti, ma anche l’uso di terreni marginali. L’anno scorso è stata conclusa in Tunisia la sperimentazione, avviata nel 2018, per la coltivazione di ricino su terreni predesertici, non utilizzabili per colture alimentari.

Tale coltivazione permette di ottenere una biomassa idonea per le bioraffinerie Eni e quindi per la produzione di biocomponenti per il gasolio.

Sugli oli vegetali usati e di frittura l’impegno di Eni per diversificare la materia prima vegetale che alimenta le bioraffinerie ha fatto della società il principale utilizzatore di oli vegetali esausti raccolti in Italia. Eni ne promuove anche la raccolta attraverso accordi sottoscritti con il CONOE, il Consorzio RenOils, Utilitalia e diverse aziende municipalizzate. Inoltre, ha promosso una campagna di sensibilizzazione per coinvolgere i propri dipendenti attraverso la consegna di una tanica per la raccolta degli oli esausti di cucina al fine di facilitare il conferimento nei contenitori dedicati che Veritas, AMA, AMIU e REA Rosignano Energia Ambiente- le municipalizzate di Venezia, Roma, Taranto e Livorno – hanno installato presso le sedi operative e gli uffici Eni.

Nel campo della raffinazione, inoltre, Eni sta sviluppando soluzioni che consentano la produzione di bio olio e bio metano da rifiuti organici (FORSU), impiegabile direttamente come olio combustibile a basso contenuto di zolfo per combustibili per uso marittimo o da inviare a un successivo stadio di raffinazione per la produzione di biocarburanti da impiegare nei trasporti; la produzione di olio microbico da rifiuti di biomassa lignocellulosica (come la paglia di grano, paglia del mais e altre materie prime di risulta), generando così un feedstock avanzato (non in concorrenza con l’uso alimentare e dei mangimi) per la produzione di biodiesel; la coltivazione sperimentale di piante di ricino in zone semi-desertiche, da cui si estrae l’olio di ricino (che può essere poi trasformato in biocarburante, e abbisogna di poca acqua, anche non potabile, e quindi non sottrae spazio ai terreni agricoli e non è in competizione con il settore food).

Eni ha allo studio anche la cattura della CO2, per esempio, direttamente sulle autovetture, e per la sua trasformazione in metanolo utilizzando idrogeno, anche prodotto direttamente da rifiuti o da elettrolisi con energia elettrica rinnovabile.

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