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Paolo Giaccone, il medico legale vittima di mafia: “Lo hanno colpito perché era incorruttibile”

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Paolo Giaccone, il medico legale vittima di mafia: “Lo hanno colpito perché era incorruttibile”

Sonia Sabatino  |
giovedì 11 Agosto 2022

L'impronta digitale di un pericoloso killer vicino alla mafia è costata la vita a un onesto e competente medico legale. Il ricordo di Paolo Giaccone su QdS.it

Sono passati quarant’anni dall’uccisione di Paolo Giaccone avvenuta per volere della mafia corleonese, eppure, la vicenda resta ancora nell’ombra, con troppi punti oscuri da chiarire.

Il sicario Salvatore Rotolo che l’11 agosto del 1982 sparò al medico legale tra i viali alberati della sua seconda casa, il Policlinico Universitario a lui intitolato, è stato condannato. La stessa sorte non è toccata, però, anche all’avvocato che lo minacciò al telefono e di cui, ancora, non si conosce l’identità.

“Secondo me tutti i processi per mafia hanno una zona d’ombra, anche quando vengono trovati i mandanti, condannati i responsabili o gli esecutori, c’è sempre qualcuno che resta nell’ombra, altrimenti sarebbe stato impossibile per loro proseguire questo genere di attività criminale, anche se ormai non uccidono più fisicamente ma utilizzano altri metodi, quelli della famosa mafia bianca che uccide le persone moralmente o professionalmente”, precisa a Qds la figlia di Paolo Giaccone, Camilla, anche lei medico legale.

Il movente dell’omicidio del patologo forense fu subito rintracciato nella sua attività professionale, portata avanti con la massima onestà. Per questo motivo, non piegò la testa quando gli fu chiesto di ignorare l’impronta che avrebbe incastrato Giuseppe Marchese per la strage di Bagheria del 25 dicembre 1981, ma pagò il suo coraggio con la vita.

Chi era Paolo Giaccone

Professore universitario, medico e studioso di altissimo profilo, Paolo Giaccone era un’autorità nella scienza della medicina legale e le sue perizie erano estremamente precise, per questo motivo la magistratura si avvaleva delle sue consulenze quando c’era da esaminare un reperto delicato.

Era stato chiamato, quindi, per fare la perizia su un’impronta digitale attribuita a un pericoloso killer di mafia (Giuseppe Marchese, cognato di Leoluca Bagarella) e gli fu chiesto da amici di amici di dare esito negativo al riscontro, ma lui, da integerrimo scienziato quale era, si oppose fermamente.

Aveva ricevuto pressioni a cui non ha ceduto, pertanto, fu ucciso alle ore 8.30 davanti l’istituto di “Medicina Legale” da tre sicari.

“Tra gli assassini di mio padre c’erano Rotolo e Prestipino, quello col caschetto biondo”, racconta ancora Camilla Giaccone. “Lo videro scavalcare il muretto che dava verso la stazione e scappare con un motorino ridendo, ma lui fu ucciso pochi giorni dopo mio padre, lo so per certo perché lo portarono in Medicina Legale per fargli l’autopsia, ma io non ho assistito. L’ho saputo il giorno dopo quando me lo disse Procaccianti. Non me lo face sapere prima perché non voleva che assistessi all’autopsia dell’assassino di mio padre, sono molto emotiva e ne sarei rimasta sconvolta”.

La strage di Natale

Si tratta di uno degli episodi più sanguinosi che si sono verificati nelle strade di Bagheria: la strage del Natale del 1981. Quel 25 dicembre, alle ore 11 circa, un commando killer composto da quattro uomini, armati di mitra e pistole calibro 38, uccise due appartenenti alla cosca rivale: Giovanni Di Peri e Biagio Pitarresi.

Purtroppo, nello scontro a fuoco morì anche Onofrio Valvola, vittima innocente di mafia. Pare che il commando, composto dagli uomini della cosca di corso dei Mille, capitanati da Filippo Marchese, abbia rapito e ucciso in seguito Antonino Pitarresi.

Da qui scaturì anche l’uccisione di Paolo Giaccone, che si rifiutò di falsificare le prove a carico di Giuseppe Marchese.

“La causa principale dell’omicidio di mio padre è stata l’impronta digitale di Marchese, ma in realtà loro hanno voluto colpire la sua figura perché era incorruttibile”, chiarisce la dottoressa Giaccone. “Con questo non voglio dire che gli altri non lo siano, ma mio padre cominciava anche ad acquisire potere: infatti, aveva appena vinto la seconda cattedra di Medicina Legale e stava aspettando la nomina, che arrivò qualche giorno dopo la sua morte. Qualcuno mi disse pure che lo avevano proposto come Rettore di Unipa, quindi, hanno pensato di fermarlo prima che fosse troppo tardi”.

“Inoltre, stava mettendo su il centro di genetica che aveva già ottenuto i finanziamenti, ma quando è morto di questo progetto non se ne fece più nulla. I locali divennero il magazzino della medicina legale e i macchinari andarono all’Avis. In generale, stava creando un laboratorio che dava fastidio in città”.

La commemorazione al Policlinico di Palermo

Oggi ricorre il quarantesimo anniversario dell’assassinio di Giaccone, che sarà ricordato stamattina, alle 10.30, davanti al cippo che ne onora la memoria nel luogo dell’omicidio, all’interno del Policlinico Universitario.

“Credo che le commemorazioni non siano soltanto un evento formale, ma che siano importanti. Quello che ogni anno organizziamo per Paolo Giaccone è un atto dovuto a lui e alla sua memoria, alla sua famiglia e ai suoi allievi, ma è anche un momento per fare conoscere ai giovani studenti la figura di Giaccone, qual è stata la sua onestà intellettuale e il suo ruolo nella lotta alla mafia”, precisa Marcello Ciaccio, presidente della Scuola di Medicina di Palermo.

“Inoltre, il suo è un insegnamento importante per i giovani medici che si apprestano a svolgere questa professione, che Paolo ha portato avanti con integrità e impegno, facendo sì che la professione del medico sia un servizio per la comunità”.

“Quarant’anni senza papà e tiriamo somme amare. Ora sono molto più grande di lui perché ho 63 anni e lui morì a 53 anni. Mi chiedo sempre come sarebbe stata la mia vita con lui, io lo seguivo sempre, ci chiamavano ‘pane e cacio’. Mi ricordo che già a 18 anni andavo con lui in tribunale e c’è stato un periodo, circa sei mesi prima della sua morte, in cui aveva deciso di non fare più autopsie. Voleva dedicarsi ad altro, ma una volta un giudice lo riconcorse in tribunale pregandolo di occuparsi di un caso. Questo perché era una persona molto competente e aveva una cultura straordinaria, con lui si poteva parlare di tutto, di storia, geografia, mineralogia. Era una persona straordinaria e manca a tutti noi”, conclude, infine, Camilla Giaccone.

Sonia Sabatino

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