Referendum Giustizia, il dovere di informare i cittadini - QdS

Referendum Giustizia, il dovere di informare i cittadini

Carlo Alberto Tregua

Referendum Giustizia, il dovere di informare i cittadini

martedì 17 Maggio 2022

Il prossimo 12 giugno, i cittadini saranno chiamati alle urne per esprimere la loro volontà su cinque quesiti referendari ammessi, che hanno superato il vaglio della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale.
Il referendum, istituito con legge n. 32 del 25 maggio 1970, è un importante strumento democratico perché consente ai cittadini di esprimere la loro volontà su una legge vigente. Tuttavia, esso è monco perché è solo di natura abrogativa e non anche propositiva.

In ogni caso, il Parlamento – delegato dai cittadini ad approvare leggi – è soggetto al vaglio degli stessi quando ritengono che le leggi non siano coerenti con le necessità della Comunità.

Si tratta di uno strumento prezioso che i cittadini sottovalutano perché molti prendono in esame di non andare a votare come forma di protesta, mentre se volessero protestare concretamente, dovrebbero andare nell’urna e barrare la scheda, in modo da rendere palese la loro volontà di partecipare, ma non esprimere opinione positiva o negativa.

Ribadiamo che il referendum obbliga ad un dovere civico che è quello di andare a votare. Ovviamente i cittadini devono essere informati. Ma ecco che intervengono i gruppi di pressione per far sì che le informazioni siano poche, in modo da non stimolare la curiosità e l’interesse dei votanti e così indurli a non andare a votare.

Si tratta di un comportamento subdolo e incivile. Ribadiamo infatti che il cittadino non dovrebbe sottrarsi al dovere di esprimere il proprio giudizio, dopo essersi informato adeguatamente, in modo che esso sia congruo, ragionato ed equo, almeno secondo chi l’ha espresso.

Sappiamo che la pigrizia, soprattutto nel mese di giugno, si diffonde a macchia d’olio. Una volta, un primo ministro (Craxi) invitò i cittadini ad andare al mare piuttosto che andare a votare: un pessimo consiglio dato da un pessimo uomo politico. Sì, perché il consiglio saggio è quello di andare alle urne.
Dovrebbe essere noto a tutti che quando il nostro voto non è dato, di fatto abbiamo raddoppiato il valore dell’altro, che invece è andato a votare, come se quel voto valesse per due. Stupidi noi che abbiamo consentito questa sorta di eccesso di potere.

I cinque quesiti referendari sono i seguenti:

  1. Abrogazione del Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a se;
  2. Limitazione delle misure cautelari;
  3. Separazione delle funzioni dei magistrati;
  4. Partecipazione dei membri laici a tutte le deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione e dei consigli giudiziari;
  5. Abrogazione di norme in materia di elezioni dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura.

Si può esprimere “Sì” o “No” in modo diverso per ognuno di essi, come dire che si può essere d’accordo con qualcuno e in disaccordo con qualche altro. Cosicché, dopo lo spoglio, potremo avere leggi abrogate o leggi che rimangono intonse. Tutto ciò – come prima si scriveva – a condizione che i cittadini abbiano il buonsenso di andare a votare, almeno nella misura di metà più uno degli aventi diritto al voto.

Ci auguriamo un’intensa campagna referendaria, perché è bene che le opinioni siano a confronto e che democraticamente una parte di esse prevalga sull’altra parte, referendum per referendum.

Il 12 giugno si terranno anche le elezioni comunali, dove andranno al voto nove milioni di cittadini e cambieranno le amministrazioni di ventisei capoluoghi o co-capoluoghi di provincia.
Si tratta quindi di una parte consistente di cittadini che andranno ad eleggere i sindaci e i Consigli comunali, ma essi non saranno sufficienti per superare il quorum di metà più uno degli aventi diritto al voto. Nonostante l’election day, cioè l’accorpamento delle elezioni, è concreto il rischio che non si raggiunga il quorum. Se così fosse, salterebbero tutti e cinque i referendum e si sarebbe persa una grande occasione da parte del popolo italiano di dimostrare la propria dignità civile.

Critichiamo, dunque, chi ha deciso di non andare a votare o chi è indolente o chi, per qualunque ragione non vada al seggio, perché crediamo che il civismo imponga a tutti di essere Cittadini e non quaquaraqua.

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