Persiste il problema dei centri per l'impiego nell'isola
Poco meno di trenta mila assunzioni. Per l’esattezza 28.530, a fronte di un fabbisogno nazionale stimato in 494 mila unità. Questo il dato previsto dalle imprese dell’Isola per il numero di ingressi nel mondo del lavoro nel solo mese di maggio. In base agli ultimi rilevamenti effettuati da Unioncamere e Ministero del Lavoro, in Sicilia continuano però a mancare i candidati e non il lavoro. Quasi la metà delle figure professionali richieste non è possibile reperirle sul mercato.
Commercio e servizi i settori che dovrebbero assorbire nell’Isola il 41,1% di lavoratori nel solo mese di maggio. E quindi addetti alle vendite, esercenti e addetti nelle attività di ristorazione, operatori della cura estetica, professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali. A seguire, operai specializzati e conduttori di macchine e impianti, con un valore che in Sicilia si attesta intorno al 28%.
Lavoro in Sicilia, nessuna connessione tra domanda e offerta
Le ragioni di questa mancata connessione tra domanda e offerta, soprattutto a queste latitudini, ma più in generale nel Sud Italia, sono diverse e spesso insite nel modus operandi di lavoratori e imprenditori, finanche passando attraverso il mondo dell’istruzione. In base all’ultimo rapporto BES, pubblicato sul QdS nelle scorse settimane, non è infatti un caso se proprio la Sicilia risulti essere l’ultima regione italiana per formazione e istruzione. E come mostrano i dati, non se la passa meglio neppure in termini di occupazione, con la qualità del lavoro che, in base a un’altra sezione dello stesso rapporto elaborato da Istat, presenta gravi insufficienze nel giudizio dei lavoratori e discriminazioni nell’impiego tra uomini e donne.
Lavoro in Sicilia, Mannino: “Ripensare le funzioni dei centri dell’impiego”
A tentare di analizzare il fenomeno è Alfio Mannino, segretario regionale della CGIL: “Ripensare le funzioni dei centri dell’impiego è un primo passo essenziale. Poi è necessario sfruttare anche gli aiuti che provengono da governo ed Europa e che la Sicilia non è spesso in grado di intercettare: su tutti, la possibilità di reinserimento che era stata garantita attraverso il sistema del Reddito di Cittadinanza e quella attuale attraverso il programma Gol”.
Se la misura dell’RdC è stata in gran parte abolita dal governo Meloni, il programma al quale fa riferimento il segretario risulta invece essere ancora attivo in tutto il Paese e riguarda i servizi di politica attiva del lavoro. In particolare, Il programma Gol è un’azione di riforma prevista dal Piano nazionale di ripresa e resilienza dell’Italia ed è erogato attraverso i singoli centri per l’impiego regionali.
Il programma dispone di risorse pari a 4,4 miliardi di euro ed è rivolto a percettori di NASPI (disoccupazione), Reddito di Cittadinanza e DIS COLL, ma anche a lavoratori con 55 anni e oltre, con redditi molto bassi, con minori chances occupazionali o in cerca di occupazione da almeno 6 mesi. Infine, a disoccupati. Quanti di questi stiano davvero riuscendo a integrarsi nuovamente nel mondo del lavoro, in Sicilia è un dato non ancora disponibile.
Lavoro in Sicilia, centri per l’impiego obsoleti
A pesare, per Mannino, continua a essere l’ampliarsi della forbice nell’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Quella che sarebbe dovuta essere la funzione dei navigator, è uno dei temi che la Regione non ha saputo sfruttare anche a causa di un sistema di centri dell’impiego che nella maggior parte dei casi risulta essere obsoleto e non in grado neppure di procedere con un incrocio di dati tra province e regioni. La digitalizzazione dei servizi è un primo passaggio, che produrrà i suoi effetti solo nel corso degli anni.
E poi, “insieme al lavoro sommerso, che per edilizia e agricoltura arriva fino al 20% del totale e pesa anche nel mondo dei servizi, dove è arrivato a raggiungere il 15% solo in Sicilia, manca un sistema di formazione adeguato che riesca ad agganciarsi a quelle che sono le esigenze del mercato. Abbiamo una formazione professionale del tutto destrutturata e decontestualizzata rispetto allo scenario nel quale viviamo”, spiega ancora Mannino. Un altro dei temi è quello della contrattualistica, con lavoratori che per essere sotto giogo del proprietario di turno, sono costretti a firmare contratti che si rinnovano di mese in mese, se non addirittura di settimana in settimana.
Lavoro in Sicilia, l’incubo del precariato
La precarizzazione è uno dei temi che vive quotidianamente Giuseppe, giovane studente fuori sede di Ingegneria presso l’Università degli Studi di Palermo. Ha 23 anni e nel tempo libero lavora per potersi mantenere gli studi: “Lavoro da appena sei mesi nel mondo della ristorazione, ma le statistiche sul perché non si trovino lavoratori non mi stupiscono. Le paghe sono da fame, cinque euro l’ora quando va bene. Spesso, anche meno. Io lavoro per mantenermi gli studi, ma un mio coetaneo che non ha necessità perché dovrebbe accettare questi impieghi. Sarebbe fondamentale introdurre un salario minimo e controllare che a quel punto pub e ristoranti non assumano a nero o chiedano ai dipendenti di restituire parte dello stipendio”.
Dall’altro lato, chi fatica a trovare dipendenti è un’azienda che opera nel settore automotive tra Messina e provincia. Loro preferiscono mantenere l’anonimato per evitare strumentalizzazioni o pubblicità non richiesta: “Se abbiamo bisogno di reperire operai sul mercato, e ne abbiamo bisogno spesso per le nostre officine e carrozzerie, l’ultimo luogo al quale ci rivolgiamo è il centro dell’impiego. Preferiamo pubblicare annunci sulle principali piattaforme di ricerca, come Indeed, ma non tutti gli operai hanno dimestichezza con i computer e scontano più in generale un forte gap con la digitalizzazione. Per questo, spesso capita che non li troviamo seppur pagati adeguatamente e tutti contrattualizzati”.
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