Tumori, in Sicilia e al Sud malati di serie B - QdS

Tumori, in Sicilia e al Sud malati di serie B

redazione

Tumori, in Sicilia e al Sud malati di serie B

sabato 14 Dicembre 2019

Report di All. Can Italia “Le disparità regionali in oncologia”: Pdta solo in metà strutture Mezzogiorno. L’Isola tra le regioni con il più elavato indice di fuga dopo Abruzzo, Calabria e Puglia

MILANO – L’Italia mostra ancora forti disomogeneità territoriali per qualità dell’assistenza oncologica. Nove Regioni mostrano livelli elevati di adeguatezza nella cura dei tumori: Piemonte, Valle d’Asta, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Emilia-Romagna e Toscana. Il livello è buono anche nelle Marche, Umbria e Lazio. Ampi, invece, i margini di miglioramento al Sud, anche se passi in avanti importanti sono stati realizzati in Puglia e Campania con la recente istituzione delle reti oncologiche regionali.

La presenza dei Pdta (Percorsi diagnostico, terapeutico, assistenziali) per le patologie oncologiche, che garantiscono maggiore appropriatezza e chiarezza dei percorsi, è distribuita in maniera eterogenea tra le Regioni del Nord (in cui si supera una copertura dell’85%), del Centro (67%) e del Sud (52%). Nel Centro-Nord è costante la valutazione multidisciplinare del paziente, garanzia di un migliore percorso di cura, e sempre al Centro-Nord è più facile trovare più adeguata risposta ai propri bisogni, grazie all’assistenza domiciliare e al supporto delle Associazioni di volontariato, disseminate sul territorio.

L’accesso alle cure domiciliari e palliative rimane, comunque, difficile in tutto il Paese: solo Emilia-Romagna e Toscana sono in grado di assicurare una migliore assistenza domiciliare integrata, con oltre 280 assistiti ogni 10.000 abitanti contro una media nazionale di 96. L’innovazione che permette di ridurre l’invasività della chirurgia è invece più accessibile in Liguria, Umbria e Toscana, con importanti benefici in termini di riduzione del rischio di infezioni e diminuzione dei tempi di recupero post-operatorio, mentre l’accesso ai servizi di radioterapia è più facilitato in Umbria (4,5 posti letto in radioterapia per 1 milione di abitanti), Emilia-Romagna (3,82) e Toscana (3,74).

Sono i dati principali del report “Le disparità regionali in oncologia: analisi ed azioni”, presentato a Roma in un convegno nazionale e stilato da All.Can Italia, coalizione che si propone di ridefinire il paradigma di gestione del cancro, adottando un’ottica interamente centrata sul paziente. Nel 2019, in Italia, sono stimati 371.000 nuovi casi di tumore e sono più di 3 milioni e quattrocentomila i cittadini che vivono dopo la diagnosi. “Al Centro-Nord, il malato viene preso in carico attraverso un percorso terapeutico standard e definito – spiega la senatrice Emilia Grazia De Biasi, Portavoce di All.Can Italia -. Per favorire una presa in carico del paziente omogenea in tutto il Paese, è indispensabile la piena attivazione delle Reti oncologiche regionali, la cui semplice delibera non è sinonimo di adeguatezza dei livelli di assistenza. Innanzitutto, è necessario migliorare la qualità dell’offerta oncologica in relazione alla legislazione già deliberata”. Il Servizio Sanitario Nazionale, infatti, ha chiesto agli ospedali di aumentare la loro efficienza.

Per l’oncologia, lo standard prevedeva 1 reparto ogni 300.000 abitanti ma, con una norma specifica (DM 70/15), si passa a 1 reparto ogni 600.000 abitanti. “In futuro, quindi, il numero delle oncologie sarà ridotto e la tecnologia e l’innovazione svolgeranno un ruolo chiave per garantirne la sopravvivenza – continua la senatrice De Biasi -. Per questo, vanno implementate soluzioni organizzative. Non solo. Per gestire la cronicità oncologica non ci si può limitare alla sola dimensione ospedaliera: il nuovo modello di cura del cancro deve coinvolgere a pieno la medicina territoriale e l’assistenza domiciliare”.

“A livello di Reti, sono diversi i problemi da affrontare – sottolinea Gianni Amunni, vice presidente di periplo e direttore generale dell’Istituto per lo studio, la prevenzione e la rete oncologica (Ispro) -. Poche Regioni hanno sviluppato punti unici di accesso all’interno della Rete, fondamentali per facilitare la diagnosi e la stadiazione, realizzare la presa in carico del paziente e facilitare l’accesso agli strumenti socio-assistenziali. Inoltre, a livello regionale non sono ancora attive reti strutturate di cure palliative. E va diffuso il ricorso all’assistenza domiciliare oncologica, che necessita dell’intervento congiunto di tre figure: medico, infermiere ed assistente sociale”.

E’ ancora alto nel nostro Paese il livello di mobilità sanitaria. Se infatti il Friuli Venezia Giulia si caratterizza per il maggiore equilibrio tra posti letto e numero di pazienti, molti cittadini del Sud si spostano al Nord soprattutto per la cura dei tumori che richiedono ricovero, con importanti ripercussioni di ordine economico. Le Regioni con il più elevato indice di fuga sono Abruzzo (71,21), Calabria (60,45), Puglia (44,58) e Sicilia (36,2).

Il valore economico della mobilità oncologica per il cittadino ammonta a 10 miliardi di euro l’anno ed è il risultato delle carenze nell’organizzazione dei percorsi di cura. Questa mobilità infatti non è necessariamente motivata dalla qualità dell’offerta. “La presa in carico complessiva dei malati – afferma Francesco De Lorenzo, presidente Favo (Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia) – può essere assicurata soltanto con l’istituzione e l’effettivo funzionamento delle Reti oncologiche regionali che rappresentano la necessaria e corretta risposta a tutti i bisogni dei pazienti e delle loro famiglie”.

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