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In Sicilia evasori felici e… contanti. Su cento euro dovuti al Fisco, 22,2 in mano a chi evade

redazione

In Sicilia evasori felici e… contanti. Su cento euro dovuti al Fisco, 22,2 in mano a chi evade

mercoledì 09 Ottobre 2019

Pagamenti elettronici, dunque, tracciabili, “sconosciuti” in Sicilia dove, sul fronte economia non osservata, secondo la Cgia Mestre si rileva la terza incidenza più elevata. Banca d’Italia: nella nostra regione il denaro cash copre l’87% del totale delle transazioni

di Serena Grasso e Eleonora Fichera

Dei 7,2 miliardi di euro che il neonato Governo giallorosso conta di poter recuperare dalla lotta all’evasione fiscale, buona parte dovrebbe derivare (almeno nei piani) dalla drastica diminuzione della transazioni in contanti in favore degli e-pagamenti). Il contante, si sa, è amico degli evasori grandi e piccoli e, certamente, una riduzione del suo uso in favore dei pagamenti elettronici, porterebbe non pochi benefici.

Al di là delle possibili ipotesi e delle misure al vaglio del Governo, una cosa è certa: la lotta al contante sarà dura. Agli italiani, infatti, i contanti piacciono. Fin troppo. Secondo gli ultimi dati diffusi dalla Banca d’Italia, ogni settimana nella nostra Penisola si registrano 14 transazioni economiche: di queste solo due avvengono tramite carta di credito. La media dei pagamenti elettronici effettuati ogni anno nel Belpaese è di appena 43, quella europea supera i 140. Un divario che si fa ancor più ampio se si guarda ai dati siciliani. Sempre secondo la Banca d’Italia, infatti, la percentuale dei pagamenti in contante effettuati in Sicilia copre circa 85-87% delle transazioni totali.

Questa ritrosia ai pagamenti digitali contribuisce senz’altro al dilagare dell’evasione fiscale, soprattutto (vale la pena di sottolinearlo ancora una volta) in quelle regioni italiane maggiormente propense a commettere illeciti. A ciò va aggiunto che le esigenze del Fisco sembrano distaccarsi sempre di più da quelle dei contribuenti. Tra lentezze burocratiche, migliaia di documenti e dichiarazioni dei redditi sempre più complicate da compilare, la tanto agognata Tax compliance (l’insieme di misure e accorgimenti che avrebbero dovuto avvicinare contribuenti e Fisco, rendendo i primi naturalmente propensi a soddisfare le esigenze del secondo e disincentivando, così, la propensione a evadere) resta ancora un lontano miraggio. Finché non si interverrà su efficienza, trasparenza e semplificazione burocratica, Fisco e cittadini continueranno ad essere sempre più distanti, lasciando campo libero al dilagare dell’evasione fiscale.

Le ipotesi al vaglio del governo
Sconto Iva sugli e-pagamenti

Quali sono le armi del Governo nella guerra al cash? Tolti i primi clamorosi annunci, non resta molto di eclatante. In un primo momento, infatti, si era parlato di tassare i prelievi bancomat dei contribuenti, tramite aumento dell’Iva, in modo da scoraggiarne l’utilizzo. L’ipotesi ha suscitato più di qualche critica, tant’è che i Giallorossi hanno deciso di rimandare (o eliminare del tutto) la tassazione sul cash.

Cosa resta, allora? Gli sgravi fiscali per i pagamenti digitali tracciabili (carte di credito, bancomat, carte di debito e prepagate). Chi sceglierà la via “digitale”, infatti, si vedrà restituire una parte dell’Iva versata (l’aliquota del 4% potrebbe scendere all’1, quella al 10% al 7). In ballo, anche un’altra possibile novità. Tra le ipotesi al vaglio del Governo, infatti, è spuntato fuori anche il cosiddetto Bonus Befana: un rimborso (che potrebbe raggiungere i 500 euro) che premierà tutti coloro che sceglieranno i pagamenti virtuali per spese ad alto rischio evasione (ad esempio i ristoranti).

Il dati del Mef
Secondo gli ultimi dati del ministero di Economia e Finanza, l’evasione fiscale in Italia ammonterebbe a circa 109,7 miliardi di euro.
Il Governo giallorosso, nel presentare la nota d’aggiornamento al documento di Economia e Finanza, ha pianificato di recuperarne (tramite una serie di nuove misure anti-evasione) circa 7. Un obiettivo senz’altro ambizioso che però, ad oggi, appare poco verosimile. Lo stesso Governo, del resto, proprio nella NaDef, certifica che le entrate strutturali dall’evasione fiscale quest’anno saranno di appena 307 milioni.
A peggiorare il quadro, i numeri sugli illeciti. Tra gli ambiti più a rischio, l’Iva, il cui tax gap è di 36 miliardi di euro.
Ad evadere maggiormente sono le regioni del Sud, tra le quali anche la nostra Isola. Da sempre considerata area a forte rischio illeciti (la propensione all’evasione va dal 32 al 40%), volendo fare una stima (in assenza di un dato univoco), basandoci su popolazione e superficie, possiamo attribuire alla Sicilia circa 10 miliardi di evasione sui 109 complessivi.
Una fotografia decisamente poco lusinghiera.

Report della Cgia di Mestre: nell’Isola si registra la terza incidenza più sostenuta a livello nazionale

In Sicilia l’economia non osservata, ovvero la somma del valore aggiunto riconducibile alle sotto-dichiarazioni, al lavoro irregolare e alle attività illegali, rappresenterebbe il 19,2% del valore aggiunto. Secondo le stime condotta dalla Cgia di Mestre, proprio nella nostra regione si registrerebbe la terza incidenza più sostenuta a livello nazionale. Livelli di evasione ben superiori si ipotizzano in altre due regioni sempre meridionali: infatti, apre la classifica la Calabria (20,9%), immediatamente seguita dalla Campania (20%).

Ancora una volta, la nostra regione si trova ben distante dalla media nazionale (13,8%), ancora una volta in negativo. In generale, all’interno delle prime otto posizioni per maggior incidenza di economia non osservata si collocano le otto regioni meridionali (l’incidenza più contenuta si rileva in Basilicata con il 15%). Mentre dall’altra parte della classifica si piazzano le regioni settentrionali: in particolar modo, i valori più bassi si osservano nella provincia autonoma di Bolzano (10,4%), Lombardia (10,8%), nella provincia autonoma di Trento (11,5%), Friuli Venezia Giulia (11,5%) e Veneto (11,9%).

Nell’Isola, il tasso di evasione si tradurrebbe nel 22,2% (quindi, per ogni 100 euro di gettito incassato dal fisco, 22,20 euro rimarrebbero illegalmente nelle tasche degli evasori) e ammonterebbe a 8,1 miliardi di euro di imposte evase (praticamente il 7,1% dei 113,3 miliardi di euro complessivamente evasi dalle venti regioni italiane), ovvero il sesto ammontare più sostenuto a livello nazionale.

Seppur la percentuale di evasione sia una tra le più basse, in Lombardia si concentra l’ammontare stimato più consistente di imposte evase (19,3 miliardi di euro), dovuto all’elevato valore aggiunto prodotto dalla regione.
A seguire troviamo il Lazio (12,2 miliardi di euro), la Campania (10 miliardi di euro), Emilia Romagna e Veneto (in entrambi i casi con 9 miliardi di euro stimati).

L’ammontare delle imposte evase a livello regionale è stato stimato applicando al valore aggiunto sommerso di ogni regione un coefficiente determinato dal rapporto tra il gettito fiscale e il valore aggiunto desumibile dai conti nazionali, al netto dell’economia non osservata.

Inoltre, in Sicilia nel 2017 si è osservato uno dei più bassi redditi dichiarato da piccoli imprenditori (ditte individuali) e lavoratori autonomi, da una parte dovuto certamente dalla cattiva congiuntura economica che ci caratterizza, ma d’altro canto dovuto in parte anche dalla tendenza ad evadere: nel dettaglio, si tratta di un reddito mediamente ammontante a 12.640 euro, il quartultimo più contenuto a livello nazionale (contro una media italiana pari a 25.290 euro). Redditi inferiori sono stati dichiarati solo in Basilicata (11.390 euro), Molise (11.160 euro) e Calabria (6.120 euro, meno di un quarto del valore medio italiano).

D’altra parte, nelle regioni settentrionali si osservano importi dichiarati tanto più elevati, mediamente pari a 37.470 euro in Trentino Alto Adige, 36.070 euro in Lombardia, 31.700 in Friuli Venezia Giulia, 31.070 euro in Veneto, 31.020 in Emilia Romagna, 28.640 euro in Piemonte e 28.630 euro in Liguria.

Isa, insorgono i commercialisti
Un flop la misura anti-evasione

Mentre si discute delle possibili misure per contrastare l’evasione, si registrano già i primi flop degli strumenti in corso d’opera. Tra questi, gli Isa. Gli Indici di affidabilità fiscale, dovrebbero (almeno sulla carta) aiutare il Fisco a stanare gli evasori. Come? Tramite una “pagella” del contribuente. A ognuno di questi, infatti, sulla base dei dati messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, verrà assegnato un voto da 1 a 10 per indicare l’indice di affidabilità e decidere, di conseguenza, su quali soggetti, considerati a rischio, effettuare maggiori controlli. I “primi della classe”, per contro, dovrebbero essere premiati con sgravi e agevolazioni. La misura, però, ha incontrato più di un ostacolo. Le “pagelle” del Fisco, infatti, hanno scatenato le proteste dei commercialisti, insorti contro il “caos generato dagli Isa”, dovuto a continui ritardi e incertezze nell’applicazione della misura. Uno stato di disagio tale da portare la categoria a indire uno sciopero per chiedere la “completa disapplicazione degli Isa”. Il futuro degli Indici di affidabilità fiscale, insomma, sembra tutto in salita.

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Un commento

  1. Domenico Zuccarotto ha detto:

    QUANDO LO STATO E LA REGIONE SI DIMENDICANO DELLA SICILIA E/O SPERPERANO RISORSE PUBBLICHE IN FAVORE DELLA CASTA, ELUDERE IL FISCO E’ UN ATTO DI LEGGITTIMA DIFESA. O NO?

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