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Messina Denaro, l’arresto che ha fatto la storia tra retroscena, indagini e domande aperte

Lunedì 16 gennaio 2023 è una data che rimarrà nella storia: in questo giorno, esattamente una settimana fa, è avvenuto l’arresto del boss Matteo Messina Denaro. Una latitanza durata 30 anni, una vita vissuta in maniera incredibilmente normale e tanti, troppi segreti ancora da svelare: questo viene in mente pensando al numero 1 di Cosa nostra, finalmente catturato dopo tanti anni di indagini.

Sono passati appena 7 giorni dal blitz alla clinica “La Maddalena” di Palermo. Il “furore mediatico” scatenato dall’evento e il flusso d’informazioni seguito all’arresto hanno ben pochi precedenti nella storia siciliana: ogni momento è stato vissuto dal mondo intero quasi “in diretta”, dai sopralluoghi nei covi del boss alla conferenza stampa, dai “retroscena” della latitanza di Messina Denaro alle dichiarazioni e alle ipotesi sul futuro di Cosa nostra e i successori dell’ultimo “Padrino”.

Su QdS.it ripercorriamo i momenti salienti delle indagini seguite all’arresto e le “grandi domande” ancora senza risposta nella lotta contro la mafia in Sicilia.

L’arresto di Messina Denaro

I carabinieri del Ros sono intervenuti nella nota clinica palermitana, centro d’eccellenza per malati oncologici, nella prima mattinata del 16 gennaio.

Lì hanno individuato un uomo e quest’ultimo – alla domanda “Chi sei?” – ha confessato, apparentemente senza indugi, di essere Matteo Messina Denaro. Niente tentativi di fuga, niente violenza. Solo un boss malato di tumore che si consegna alle autorità, il simbolo della “caduta” dopo 30 anni di latitanza.

Alla clinica Messina Denaro – sotto il falso nome di “Andrea Bonafede” – si era recato per ricevere delle cure. Ed era andato lì quasi come una persona qualunque, “mascherato” solo da un cappello, un paio d’occhiali e un cappotto che teneva “al caldo” un orologio da migliaia di euro.

Giovanni Luppino e Andrea Bonafede, l’autista e il prestanome

Con Matteo Messina Denaro, i carabinieri hanno tratto in arresto anche Giovanni Luppino, l’uomo che lo accompagnava. Sebbene abbia inizialmente negato di essere a conoscenza della reale identità del boss, per i pm competenti sarebbe un “collaboratore fidato” di Messina Denaro. Una parte di quella rete – che gli inquirenti sospettano sia particolarmente ampia – capace di garantire l’anonimato al boss per 30 anni.

Subito dopo il blitz a “La Maddalena” è partita la “caccia” ai fiancheggiatori. Uno dei primi a finire al centro delle indagini è stato Andrea Bonafede, presunto “prestanome” di Matteo Messina Denaro. Sarebbe suo il primo covo del boss e suo il nome nei documenti falsi che permettevano al boss di andare in giro tranquillamente nonostante fosse ricercato.

Le indagini sul caso sono appena iniziate, ma sono emersi già dei nomi e – soprattutto a Campobello di Mazara e nei territori limitrofi, il “regno” del boss – gli inquirenti stanno eseguendo controlli e perquisizioni a tappeto. Di quel Matteo Messina Denaro che è sfuggito alla legge per 30 anni e che ora sembra destinato al 41 bis vogliono sapere tutto, anche e soprattutto i segreti.

I retroscena della latitanza di Matteo Messina Denaro

Un poster de “Il Padrino”, l’inquietante immagine di Joker, ricette e liste della spesa, elementi legati alla vita intima, agende con pensieri (alcuni dei quali rivolti alla figlia Lorenza) e perfino un libro mastro con codici ancora da decifrare… Nel covo di Matteo Messina Denaro c’era un po’ di tutto. E dalla lista ancora in aggiornamento emerge l’immagine di un “tipico” boss, con “vizi” e segreti e abituato a vivere nel lusso. Aveva orologi costosi e perfino un’auto, una Giulietta.

In 30 anni di latitanza, il boss si sarebbe dilettato con videogiochi, amanti, pizzini e discussioni “strategiche” con i suoi fiancheggiatori. Pare che Messina Denaro non sia mai “sparito”: era in mezzo ai comuni siciliani. Solo che, invece che le stragi che lo hanno reso famoso, il boss gestiva “affari” apparentemente di una mafia sempre più “infiltrata” nell’economia e nella società.

Entusiasmo, ma “La lotta contro la mafia non è finita”

Il giorno dell’arresto di Matteo Messina Denaro, a Palermo è esplosa la festa. “Bravi, bravi”, urlavano i testimoni dello storico evento ai militari intervenuti. Al generale entusiasmo per un evento di incredibile importanza e frutto di lunghe indagini, però, bisogna aggiungere una serie di riflessioni.

Come hanno sottolineato molti, tra esperti di mafia e comuni cittadini, è un risultato che arriva dopo 30 anni di “occasioni perse” e forse silenzi. Che nessuno sapesse del boss che viveva in mezzo alla gente comune è inverosimile, non impossibile ma certamente poco probabile. E che quello stesso boss potesse “possedere” un numero ancora indefinito di covi e spostarsi agevolmente da un punto all’altro fa rabbia.

Tuttavia, mettendo da parte l’amarezza per certi conti che non tornano del tutto, la vicenda di Matteo Messina Denaro insegna molto. In primo luogo, comunica forte e chiaro che la mafia è ancora radicata nel territorio. E, purtroppo, probabilmente non sarà l’arresto del boss di Castelvetrano a farla sparire del tutto. Nell’inchiesta del 17 gennaio, a QdS lo ha confermato anche Enzo Guarnera, presidente dell’Associazione etnea Antimafia e legalità.

“La lotta alla mafia purtroppo non è finita con l’arresto di Denaro. Dobbiamo iniziare a occuparci dei livelli alti non ancora toccati dall’attività investigativa, proprio ciò di cui parlavano Falcone e Borsellino”, ha detto. “Parole sante”, direbbero molti.

Dopo Messina Denaro, futuro di Cosa nostra e segreti da scoprire

Guarnera ha rivelato anche un’altra verità: Cosa nostra potrebbe già avere dei nuovi capi, i successori di Messina Denaro. La criminalità organizzata siciliana ha una struttura piramidale e gerarchica. Un capo serve e, se non può più essere Messina Denaro, un successore deve esserci per garantire la sopravvivenza del “business” mafioso. I nomi tirati in ballo sono tanti e di certo non nuovi, che fanno riferimento a gente che ha costruito veri e propri “imperi” criminali e reti estese di fiancheggiatori capaci di lavorare nell’ombra. Solo il tempo, però, dirà chi di loro riuscirà a prevalere e a diventare il nuovo “super ricercato” dalle forze antimafia.

Le indagini dopo l’arresto di Messina Denaro dovranno necessariamente portare a galla molti segreti per essere ritenute memorabili dalla popolazione. Per quanto molto sia emerso dai sopralluoghi nei covi del boss, ci sono ancora tante domande che circolano tra la gente comune. Cosa significano i nomi e i codici nel libro del boss? L’agenda rossa di Borsellino esiste ancora e contiene informazioni “bomba” che potrebbero cambiare la storia? Messina Denaro sa dove si trova? Il boss parlerà mai a chi intende far luce sulle stragi del 1992-1993? Chi ha permesso a Messina Denaro di rimanere a piede libero per anni e anni?

Troppe domande ancora senza risposta, queste, che sono il vero fulcro delle indagini ma anche l’elemento che richiederà più tempo per emergere. Nessuno ha dimenticato, tanti lavorano nell’ombra e dietro agli elementi mediatici che circondano l’arresto di Messina Denaro c’è uno studio attento delle dinamiche di Cosa nostra. Uno studio che ha come obiettivo frenare un “cancro” della società siciliana, che ha cambiato troppe volte in negativo il corso della storia.