Coronavirus, l’altra emergenza è nella spazzatura. Sicilia a rischio se si ferma il “turismo” dei rifiuti - QdS

Coronavirus, l’altra emergenza è nella spazzatura. Sicilia a rischio se si ferma il “turismo” dei rifiuti

redazione

Coronavirus, l’altra emergenza è nella spazzatura. Sicilia a rischio se si ferma il “turismo” dei rifiuti

martedì 31 Marzo 2020

Nell’Isola con le discariche vicine alla saturazione il futuro “è un filo teso pronto a spezzarsi in qualsiasi momento”

di Rosario Battiato e Gabriele Patti

PALERMO – Dall’emergenza coronavirus, ancora ben lontana dal concludersi, ne potrebbero derivare delle altre, nel breve e nel medio periodo, che non si limiterebbero a essere semplici corollari, ma vere e proprie emergenze parallele. Uno dei settori che rischia di saltare è quello dei rifiuti. Se è vero, infatti, che la Sicilia ha fatto registrare una buona crescita sul fronte della differenziata – dal 12,5% al 29,5% tra il 2014 e il 2018 – lo smaltimento in discarica (passata da 1,67 milioni di tonnellate del 2017 a 1,5 del 2018) continua a valere il 69% del totale, un peso pazzesco per un sistema sull’orlo di una crisi di impianti. Nei giorni scorsi il leader leghista, Matteo Salvini, ha lanciato un sasso nello stagno: quale fine farà la spazzatura che le regioni esportano? Sul punto, Musumeci aveva già dichiarato a inizio anno che, nel corso del 2019, nessun rifiuto siciliano ha varcato lo Stretto.

I numeri di “Ref Ricerche”, basati su dati Ispra, dicono però una cosa molto diversa. Nel corso del 2018 il numero di Tir necessari, ogni anno, a trasportare i rifiuti da una regione all’altra, o addirittura all’estero, sono stati 550. Ovvero mezzo migliaio di giganti della strada che inquinano, producendo CO2 e polveri sottili, e costano alle imprese perché fanno lievitare il prezzo dello smaltimento. Di questi, ben 78 Tir al giorno – riescono a fare peggio solo il Lazio (162) e la Campania (142) – riguardano l’Isola.

E in un momento in cui anche importanti cantieri si sono fermati, lascia
qualche perplessità relativamente alle tempistiche il nuovo piano della
Regione per l’accelerazione sugli impianti pubblici. La verità, come puntualizza Ref ricerche, è che nell’Isola il futuro è stato affidato “a poche discariche”: un filo “teso pronto a spezzarsi in qualsiasi momento, sia per gli urbani che per gli speciali”. Pericolo tutt’altro che remoto, “visto che la discarica più importante, quella di Bellolampo (in provincia di Palermo), è a rischio chiusura e dove pende persino una inchiesta della procura palermitana per inquinamento ambientale”.

Nel mondo vasto e complesso della spazzatura siciliana, c’è una “nicchia” che più delle altre sconta l’assenza di un’impiantistica adeguata. Nel comparto industriale, infatti, le aziende – a causa dell’assenza degli impianti – lamentano una “grave impennata dei costi, che in genere è raddoppiata per gli speciali non pericolosi e addirittura duplicato, se non triplicato, per i pericolosi”.

Questo anche perché spesso l’unica soluzione possibile è stata quella di “affidarsi alle ditte di trasporti e spedire i rifiuti oltre lo Stretto, principalmente in Calabria e Puglia, se non quando verso l’estero, con aggravi di costi significativi: se un carico alla volta della Calabria costa circa 2mila euro, spingendosi verso nord ci vogliono circa 3.550 euro, che possono diventare 4mila se si arriva fino in Germania. Significa che possono servire più di 2mila chilometri per smaltire rifiuti prodotti in Sicilia”.

RICICLO A RISCHIO
Tra i settori a rischio a causa dell’emergenza Covid-19 c’è anche quello del riciclo. L’appello è arrivato nei giorni scorsi dal Conai, il consorzio nazionale imballaggi. Il blocco delle attività produttive non strategiche ha determinato la cancellazione di molti ordini di acquisto della materia recuperata. Un problema che potrebbe, a catena, causare la chiusura degli impianti che gestiscono il riciclo e quindi a bloccare i ritiri dei rifiuti selezionati utilizzati per produrre materia riciclata. “La compromissione delle attività può mettere a repentaglio la raccolta differenziata, inficiando i positivi risultati che siamo riusciti ad ottenere negli anni e determinando conseguenze gravissime sull’intero sistema di gestione dei rifiuti urbani, già congestionato”, ha spiegato Giorgio Quagliuolo, presidente Conai. “Auspichiamo che vengano adottati con urgenza interventi specifici e utili a preservare il comparto ma soprattutto l’ambiente”.

IL MINISTERO IN AZIONE
In una situazione di piena emergenza, i rifiuti diventano, più del passato, una primaria preoccupazione del ministero dell’Ambiente. “Siamo in prima linea in questi giorni anche per affrontare i problemi che l’emergenza Covid-19 sta determinando nel campo dei rifiuti”, ha spiegato Sergio Costa, ribadendo il lavoro svolto di concerto con Iss, Ispra e Agenzie regionali per l’ambiente. La palla, tuttavia, resta in mano alle autorità locali: “determinante è la competenza delle Regioni per la corretta gestione”.

In campo, tuttavia, c’è anche la gestione dei rifiuti ospedalieri, oppure le raccolte che vengono fatte a casa e nei condomini dove ci sono persone covid-positive o che sono in quarantena in attesa dei risultati dei test. “Noi come ministero – ha spiegato Costa – abbiamo prodotto una serie di indicazioni, considerando le linee guida dell’Iss, insieme a Ispra e al sistema agenziale regionale. Proprio le agenzie regionali hanno approvato all’unanimità le linee tecniche per far confluire questi rifiuti nel sistema di gestione che conosciamo”.



I rifiuti sanitari? Diventano energia
Ma solo al Nord

Tamponi, mascherine, guanti sono esponenzialmente cresciuti, in parallelo con l’estendersi dell’emergenza, e non se ne prospetta una riduzione dell’utilizzo nel breve periodo. Nell’ultime settimane i rifiuti ospedalieri a rischio infettivo sono aumentati del 20%, un dato di un certo spessore che finora ha comunque trovato una pronta risposta dalle aziende del settore. Lo ha rilevato all’Ansa Lucia Leonessi, direttore generale di Confindustria Cisambiente, che vede, tra i suoi associati, anche alcuni big della gestione dei rifiuti sanitari a livello comunitario.

Tra questi, figura certamente Eco Eridania spa che ne raccoglie la gran parte nel mercato italiano “in tutta sicurezza e applicando l’economia circolare – ha spiegato il presidente Andrea Giustini – cioè dalla raccolta del rifiuto alla sua trasformazione fino al riutilizzo”. L’azienda ne gestisce, a fronte di una produzione nazionale media che oscilla tra le 150 e le 200mila tonnellate, circa 70-80mila. Ma che fine fanno questi rifiuti? Finiscono nei termovalorizzatori producendo energia che viene immessa nella rete.



Intervista esclusiva all’assessore regionale all’Energia e ai servizi di pubblica utilità, Alberto Pierobon

PALERMO – Sospesa l’attività di raccolta differenziata dei Comuni per tutte quelle abitazioni in cui vivono soggetti che sono risultati positivi al Covid-19. È solo una delle novità contenute nell’ordinanza emanata nei giorni scorsi dalla Regione Sicilia, con la quale l’ente introduce, per sei mesi, “una speciale forma di gestione dei rifiuti urbani prodotti sul territorio per garantire le regolari attività del ciclo integrato dei rifiuti”. Il provvedimento si è reso necessario per cercare di sopperire alle tante difficoltà riscontrate nello smaltimento, e che in un periodo d’emergenza potrebbe comportare un serio rischio di accumulo negli impianti esistenti. Circostanza, questa, che era già stata valutata dalla Regione che ne aveva infatti previsto la costruzione di nuovi. Ma che, adesso, non preoccupa l’assessorato competente, la cui priorità è accelerare le procedure per divenire nel più breve tempo possibile a soluzioni alternative valide. Di questi e altri aspetti abbiamo discusso con l’assessore all’Energia e Servizi di pubblica utilità, Alberto Pierobon.

Assessore, avete riscontrato un aumento di conferimenti e qual è la situazione attuale delle discariche. Si rischia la saturazione?
“In realtà, in questo periodo di emergenza, il conferimento dei rifiuti si è ridotto del 30%, soprattutto per quanto attiene ai materiali ingombranti. Se gira per le vie di Palermo, noterà che anche i cassonetti, a differenza di quanto avveniva in precedenza, sono enormemente sottodimensionati nel volume. Questo può dipendere da una serie di valutazioni: bisogna considerare che le utenze non domestiche non conferiscono più o, comunque, prima conferivano in maniera sproporzionata. È palese, inoltre, l’assenza di rifiuti ingombranti. A queste si aggiunge la diminuizione dei pendolari, che determina una conseguente diminuizione dei rifiuti. Ho già richiesto informazioni in merito alle tonnellate di rifiuti raccolti nelle principali città metropolitane. Aspetto i dati da Catania, Messina e Palermo”.

Quindi esclude il rischio di una possibile saturazione delle discariche.
“Nell’ordinanza abbiamo spinto per il conferimento in impianti pubblici che avranno la priorità, ma stiamo pensando anche all’implementazione di un ordine cronologico per i privati in modo da accelerare il più possibile e prevenire possibili e paventate saturazioni. Che io comunque mi sento di escludere. La Regione nei mesi scorsi ha dato avvio alla costruzione di nuovi impianti e all’implementazione di quelli esistenti”.

A seguito della situazione emergenziale, pensa che ci sia il pericolo di un rallentamento dei lavori?
“Dobbiamo distinguere tra procedure amministrative che in teoria dovrebbero essere molto più veloci e i cantieri. Per le prime, tenuto conto delle normali vicissitudini di ordine burocratico, dovremmo riuscire a velocizzare tutte le procedure anche con l’ausilio del telelavoro e attraverso videoconferenze. Per i secondi, invece, si tratta sempre di opere di pubblica utilità, perché dovrebbero bloccarsi?”.

Quindi al momento i cantieri stanno regolarmente proseguendo con le proprie attività?
“Al momento dovrebbero lavorare. Certo, non le nascondo che ci sono pervenute alcune richieste da parte sia dei gestori che svolgono tali servizi, così come dei grandi appaltatori, che lamentano la carenza di dispositivi di protezione. Questo, sì, sta genarando un rallentamento. A questo proposito, circa dieci giorni fa, abbiamo scritto alla Protezione civile regionale e stiamo cercando di fare la nostra parte”.

Qualora poi doveste registrare un effettivo rallentamento, la Regione valuterebbe la creazione di ulteriori discariche?
“No. Rimarrà tutto uguale, così come previsto dall’ordinanza. In cui abbiamo valutato particolari priorità per gli impianti di trattamento dell’umido. Per cui, adesso, dobbiamo solo correre e ridurre le questioni burocratiche. Posso dirle che, senza però promettere per poi non mantenere, potremmo addirittura dimezzare i termini delle procedure amministrative. È questa la nostra priorità, e la porteremo avanti nel rispetto, ovviamente, della tutela dei lavoratori e dell’ambiente. Il treno è già in corsa, qualcuno in rallentamento”.

Alcuni impianti adibiti al trattamento dell’umido hanno sospeso le proprie attività. Tra questi ci sono quello di Ramacca (gestito dalla Ofelia Ambiente Srl) e di Sciacca. Quali sono i motivi della sospensione e come pensate di affrontare le difficoltà che ne seguiranno?
“Questi impianti hanno temporaneamente arrestato le proprie attività perché avevano le cisterne di percolato stracolme. A questa si aggiungono le difficoltà nel reperire altri impianti siciliani disponibili alla raccolta del prodotto perché sono per la maggior parte saturi; quelli della Penisola, invece, non li ricevono perché sono in surplus di lavoro. Abbiamo chiesto all’Eni di poter ricevere e trattare il percolato per poter facilitare le attività. L’Eni si è mostrata subito disponibile. Ma il tutto avrà un costo molto contenuto. Perché non vogliamo agevolare l’Eni come fosse un’occasione di guadagno ma, al contempo, vogliamo prevenire ad alibi di qualunque sorta a chi proponeva un blocco delle attività per saturazione degli impianti. Ovviamente gli impianti aumenteranno la propria capacità e nell’ordinanza, in cui abbiamo disposto anche questa misura, abbiamo previsto che tale incremento (utile a implementare l’economicità degli stessi), possa tradursi in una riduzione delle tariffe applicate dai Comuni afferenti. Il privato quindi potrà conferire, dietro compenso, direttamente all’Eni. Una soluzione pensata anche per ridurre il carico di queste bombe ecologiche. Noi non guardiamo in faccia a nessuno”.

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