Patto di stabilità, un tetto per tutti - QdS

Patto di stabilità, un tetto per tutti

Patto di stabilità, un tetto per tutti

venerdì 27 Luglio 2012

Sì della Consulta a Toscana, Veneto e Sardegna contro l’art. 5 bis L. 148/11a favore delle Regioni speciali. La perequazione degli squilibri economici in ambito regionale rispetti l’art. 119 Cost.

PALERMO – Si preannunciano tempi duri per la Sicilia che a rischio default rischia anche di perdere uno dei vantaggi stabiliti grazie alla Legge di stabilità 2012.
Con la sentenza 176/2012, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 5-bis della legge n.148 del 2011, che prevede per le Regioni dell’Obiettivo Convergenza (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) che nella verifica del rispetto dei limiti imposti dal patto di stabilità, non debbano computarsi alcune specifiche tipologie di spesa, ove siano rispettate determinate condizioni, e che gli oneri finanziari derivanti dalla sua applicazione gravino non solo sullo Stato, ma anche sulle altre Regioni.
La Corte ha anche dichiarato l’illegittimità costituzionale, in via consequenziale, dell’art. 32, c. 4, lett. n) della legge n.183 del 2011 che prevede per tutte le Regioni che nella verifica del rispetto dei limiti imposti dal patto di stabilità, non debbano computarsi alcune specifiche tipologie di spesa, ove siano rispettate determinatecondizioni, e che gli oneri finanziari derivanti dalla sua applicazione gravino non solo sullo Stato, ma anche sulle altre Regioni.
Entrambe le disposizioni, per la Corte, violano il principio secondo cui "la perequazione degli squilibri economici in ambito regionale deve rispettare le modalità previste dalla Costituzione". 
L’art. 5-bis della legge n.148 del 2011 è finalizzato a favorire lo sviluppo delle Regioni dell’Obiettivo Convergenza (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) e la realizzazione del Piano per il Sud. Esso prevede che la spesa effettuata annualmente da ciascuna delle cinque Regioni dell’Obiettivo Convergenza relativa ai cofinanziamenti nazionali dei fondi comunitari a finalità strutturale e alle risorse per lo sviluppo e la coesione (di cui all’art. 4 del d.lgs. n. 88 del 2011) e per la programmazione unitaria (di cui all’art. 6-sexies del d.l. n. 112 del 2008), possa eccedere i limiti di spesa imposti dal patto di stabilità interno. Tale deroga è consentita nel rispetto delle condizioni e dei limiti finanziari individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, adottato annualmente di concerto con il Ministro per i rapporti con le Regioni e per la coesione territoriale, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome.
Nel decreto in questione devono essere definite, anche, le modalità di attribuzione allo Stato e alle restanti Regioni dei relativi maggiori oneri, affinché sia garantito il rispetto dei tetti complessivi concernenti il patto di stabilità e gli obiettivi di finanza pubblica per l’anno di riferimento. Secondo le Regioni ricorrenti (Toscana, Veneto e Sardegna) che hanno promosso il giudizio di legittimità costituzionale , tale articolo, ponendo la spesa per lo sviluppo di alcune Regioni a carico di altre, introdurrebbe forme di solidarietà fra Regioni al di fuori degli strumenti di perequazione previsti dalla Costituzione; contrasterebbe con il principio della piena responsabilità finanziaria di ciascun ente; determinerebbe, infine, disparità di trattamento e ingiustificate agevolazioni a favore delle Regioni meno virtuose. Per questo la Corte ha dichiarato la norma illegittima per violazione dell’art. 119 Cost.
Al fine di assicurare il rispetto della “clausola di invarianza dei tetti di spesa”, la disposizione censurata prevede, infatti, che gli oneri finanziari derivanti dalla sua applicazione gravino non solo sullo Stato, ma anche sulle altre Regioni. Questa "chiamata in solidarietà" non trova fondamento nell’art. 119 Cost., né nella Legge delega sul federalismo fiscale n. 42 del 2009 e nei relativi decreti attuativi.
 La Corte chiarisce che mentre il concorso agli obiettivi di finanza pubblica è un obbligo indefettibile di cui anche le Regioni devono farsi carico, la perequazione degli squilibri economici in ambito regionale deve rispettare le modalità previste dalla Costituzione. Gli interventi volti a rimuovere gli squilibri economici e sociali fra Regioni devono essere, pertanto, realizzati esclusivamente con risorse statali (art. 119, c.5, Cost.), e “senza alterare i vincoli generali di contenimento della spesa pubblica, che non possono che essere uniformi” (sent. n.284 del 2009).

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