Al contrario si trattava dello spropositato prezzo raggiunto in quegli anni dagli ortaggi e dai generi alimentari di prima necessità e il “fattore Zeta” altro non era che il prezzo delle zucchine genovesi. Ortaggio che, per i suoi prezzi al dettaglio ingiustificati, era diventato simbolo di un malessere e di un sistema marcio, è il caso di dire, che vede assieme, cattiva organizzazione, malavita e sfruttamento del lavoro in nero.
Che la mafia faccia affari nei campi ormai si sa, anzi sembra proprio che la mafia sia nata nei campi, con i controllo del prezzo della merce, con lo sfruttamento dei lavoratori e, più recentemente, con l’imposizione di mezzi e intermediari. Si potrebbe quindi dire con piu’ correttezza che la mafia dai campi non ne sia mai uscita.
I guadagni della malavita e tutti i passaggi di questo perverso meccanismo intaccano l’onore dell’agroalimentare italiano. E la mafia, oltre a guadagnare con l’impiego in nero di manodopera locale ed extracomunitaria pagata di gran lunga sotto quanto stabilito dalle leggi, guadagna anche nei vari passaggi di mano, dal produttore al consumatore. E sono tutti passaggi “obbligati” per il prodotto.
Il monopolio della malavita, così come è stato più volte denunciato, riguarda il trasporto, ma anche la distribuzione fino alla gestione diretta dei supermercati. Il conto è presto fatto. E poi subentra il fattore prezzo, elemento di guadagno per alcuni che viene scaricato interamente sulle spalle delle famiglie italiane.
Si tratta di un ago della bilancia che oscilla in un senso solo”. Proprio a Vittoria recentemente ci sono stati casi di denuncia di racket e incendi misteriosi su cui lavorano sia le Forze dell’ordine che la politica locale. Perché una buona e sana gestione del grande mercato all’ingrosso non può non passare attraverso un codice etico antiracket che coinvolga tutti gli operatori, se non si riescono a tagliare i tentacoli che avviluppano questo mercato non si può avere vero sviluppo e si perpetuerà il sistema per il quale agli imprenditori andranno comunque le briciole, mentre il piatto piu’ ricco alimenterà le casse di Cosa Nostra.
Ma il vero guadagno della mafia non è solo nella gestione diretta dei campi. Come hanno recentemente scoperto gli investigatori, i veri guadagni si formano nel momento del trasporto, grazie al monopolio assoluto che la malavita ha delle ditte di stoccaggio e trasporto delle pedane di ortaggi.
Un carico di ciliegino (varietà di pomodorino) di Vittoria, per essere rivenduto in Sicilia con i parametri richiesti dalla Gdo, è costretto da questo perverso sistema a compiere migliaia di chilometri dal campo, al mercato all’ingrosso, per arrivare al mercati di Fondi, in provincia di Latina, per l’omogenizzazione e inscatolamento, per poi ritrovarlo, cosi’ confezionato, nei supermercati siciliani.
Una piattaforma produttiva, quindi, che sulla piazza siciliana non riesce a sposare una piattaforma logistica e distributiva degna delle richieste della Gdo. E queste mancanze si trasformano in passaggi su cui la mafia fa i suoi affari.
“Stando alle ultime quotazioni all’ingrosso – spiega Giuseppe Drago, presidente provinciale della Cia di Ragusa- il “ciliegino di Vittoria” raggiunge i 60/70 centesimi, mentre il “rosso grappolo” i 20/30 centesimi. Confrontando i prezzi alla vendita nei supermarket si scopre, per esempio, che ben il 40% del valore del prodotto confezionato e venduto al dettaglio alimenta i ricavi della Grande distribuzione”. Il resto del guadagno e’ diviso tra trasporto e intermediari. Al produttore spesso, contro una quotazione al dettaglio di 4 euro al chilogrammo, non rimangono che in mano appena che spiccioli.