Presentato il dossier di Legambiente sul business dei clan. Un fatturato in continua crecita. Accertati nell’Isola 3.326 illeciti nel 2010, il 10,8% del totale nazionale
ROMA – Immaginate più di 80.000 camion che trasportano rifiuti in fila in una strada lunga 1.117 chilometri, la distanza che unisce Milano allo Stretto di Messina. Sono 2 milioni di tonnellate di immondizia. Solo meno della metà dei sequestri avvenuti in 12 delle 29 inchieste per traffico illecito di rifiuti messe a segno dalle forze dell’ordine nel 2010. È una delle immagini che Legambiente ha proposto per far capire il numero di illeciti ambientali che avvengono quotidianamente in Italia. Numeri sempre in crescita per colpa di connivenze, complicità e silenzi: 30.824 reati ambientali accertati nel 2010, 84 ogni giorno, 3,5 ogni ora.
Un giro d’affari che non conosce la crisi, 290 clan in tutta Italia si spartiscono una torta di circa 19,3 miliardi di euro. Questi alcuni dei dati contenuti nel rapporto Ecomafia 2011, presentato martedì scorso a Roma nella sede del Cnel. Il dossier fotografa il business delle ecomafie lungo lo stivale: soldi ricavati attraverso la gestione illecita dei rifiuti, la pervasività mafiosa nel ciclo del cemento, il racket degli animali, la sottrazione di beni archeologici, gli incendi e l’agromafia.
“L’ecomafia è un virus che avvelena l’ambiente – ha dichiarato Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio Ambiente e legalità di Legambiente – inquina l’economia, mette in pericolo la salute delle persone; che ha un sistema genetico locale e una straordinaria capacità di connessione su scala globale: può nascere, infatti, in provincia di Caserta o di Reggio Calabria e riprodursi a Milano, entrare in simbiosi con altre cellule in altre città europee, saldare il suo Dna con ceppi lontani, fino a Hong Kong”.
La Campania continua ad avere il triste primato nella classifica dell’illegalità ambientale, con 3.849 illeciti, pari al 12,5% del totale nazionale. È seguita dalle altre regioni a tradizionale presenza mafiosa: Calabria, Sicilia e Puglia, dove avvengono circa il 45% dei reati ambientali denunciati dalle forze dell’ordine nel 2010. Dati in costante flessione rispetto agli scorsi anni, in virtù della crescita, parallela, dei reati nell’area Nord Occidentale, che si attesta al 12% a causa del forte incremento degli illeciti accertati in Lombardia.
In Sicilia avvengono ogni giorno 9 reati ambientali. Lo scorso anno sono state accertate 3.326 infrazioni, il 10,8% di tutte quelle che avvengono nella Penisola. Nell’ambito di tali operazioni 2.620 persone sono state denunciate e 14 arrestate, 872 i sequestri effettuati. Nella classifica provinciale dell’illegalità stilata da Legambiente troviamo Palermo al 7° posto con 783 reati avvenuti nel 2010, Catania con 599 (9°) e Messina con 571 (11°).
Come si può contrastare l’opera delle ecomafie? Legambiente non ha dubbi e lancia l’appello per inserire finalmente i delitti ambientali nel Codice penale: “Avevamo atteso con ansia il decreto col quale il governo deve recepire la Direttiva europea sulla tutela penale dell’ambiente – ha dichiarato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza -. Purtroppo, ad oggi, lo schema approvato rappresenta una vera e propria ‘occasione mancata’. Si rimane, infatti, nel solco delle fattispecie contravvenzionali, senza riuscire a individuare i delitti, con l’effetto di continuare a fornire alle forze che devono indagare e reprimere armi spuntate: nessuna possibilità di utilizzare le intercettazioni telefoniche e ambientali, impossibilità delle rogatorie internazionali, tempi brevissimi di prescrizione”.