Si era capito subito, già dalla stessa mattina, che si trattava di una vera e propria emergenza nazionale, perché interrompeva in maniera drammatica la circolazione sulla più importante arteria stradale dell’Isola e metteva in crisi l’intero sistema dei trasporti in Sicilia.
Sono trascorsi 45 giorni e l’unico tangibile risultato ottenuto da tanto impegno è stata la dichiarazione dello stato di emergenza.
“Proprio un bel risultato, non c’è che dire! – esordisce il presidente – quasi un mese e mezzo soltanto per dichiarare ciò che centinaia di migliaia di siciliani hanno avvertito fin dai primi istanti dal crollo come un’emergenza di tipo epocale. Un’emergenza che ha riportato indietro la Sicilia praticamente di quarant’anni. Abbiamo assistito finora ad un ridicolo rimpallo di responsabilità, a cui siamo abituati da parte del governo regionale ma non da parte di un Governo nazionale accusato al contrario di essere decisionista, come quello del premier Renzi”.
“Ho soltanto detto che esistono dei sistemi di monitoraggio attraverso sensori wireless che sono in grado di controllare in maniera continua e a distanza gli eventuali spostamenti di grandi strutture come i ponti e viadotti di un’autostrada e non lo abbiamo fatto; anzi abbiamo sprecato l’occasione di farlo con i fondi PO-FESR . Oggi, ad un mese e mezzo dal cedimento, mi rendo conto che non si è messo in atto nemmeno “dopo” un qualsiasi sistema di monitoraggio che ci dica in tempo reale se e come evolve il fenomeno in corso”.
“Il tempo che è trascorso fino alla dichiarazione dello stato di emergenza non pare sia stato utilizzato per analizzare a fondo lo stato di salute della carreggiata in direzione Palermo, la natura e profondità delle fondazioni del viadotto che non ha subito apparentemente alcun danno di rilievo, se non uno spostamento di pochi centimetri. Non è stata indagata l’interazione con il sistema franoso in atto e la effettiva natura e consistenza di quest’ultimo fenomeno. Però si prospettano già le soluzioni e si parla di progettazione in corso. Tutto ciò è tecnicamente inconcepibile”.
“Non posso che essere d’accordo con il collega ing. Giovanni Margiotta, e non solo per la grande indubbia stima di cui gode in campo geotecnico. Effettivamente già tre giorni dopo il dissesto era stata manifestata dall’Anas l’intenzione di procedere alla demolizione di entrambi i viadotti, nelle due direzioni, e anche dopo non risulta che siano state effettuate analisi approfondite sia sotto l’aspetto geotecnico sia sotto l’aspetto della effettiva sicurezza statica delle strutture. Anche sulla famosa bretella non vi sono elementi tecnici e scientifici sufficienti per individuarne un percorso che tranquillizzi nel breve-medio periodo, così come non ci risulta che siano stati approfonditi in maniera puntuale i meccanismi che muovono la frana che interessa l’intero versante fino a Caltavuturo”.
“Mi risulta che l’Università ennese, chiamata subito a collaborare dall’Assessore regionale Pizzo, non sia stata coinvolta nelle analisi e nelle scelte progettuali da parte dell’Anas. Conoscendo le potenzialità strumentali e scientifiche della dinamica equipe guidata dal prof. Tesoriere, credo che in mano loro il tempo finora trascorso infruttuosamente avrebbe potuto essere utilizzato per un’analisi più completa del fenomeno ed una proiezione attendibile delle possibili soluzioni”.
“In conclusione, atteso che abbiamo inutilmente perso un mese e mezzo, facciamo adesso di necessità virtù e operiamo scelte ponderate. Non cerchiamo di recuperare pericolosamente il tempo perduto con scelte affrettate e mal supportate scientificamente: così facendo creeremmo soltanto l’ennesima precarietà delle nostre infrastrutture. Indaghiamo invece in maniera accorta i percorsi progettuali da intraprendere, magari utilizzando esperienze e professionalità tecniche locali”.