Fedriga, presidente leghista, sulla stessa linea di Salvini, che proclama fedeltà a Draghi e poi lo critica. Si punta a una verifica del decreto ogni due settimane, ma questo era già stato annunciato dal Governo
Firmato da Mattarella e pubblicato in Gazzetta ufficiale, è entrato oggi in vigore il decreto anti-Covid che prevede riaperture dal 26 aprile.
E nel provvedimento non ci sono le richieste dei governatori – in maggioranza di centrodestra – di limare le misure, dopo una presa di posizione chiara di Mario Draghi, che li ha stoppati.
Il Premier appare ancora piuttosto arrabbiato con Matteo Salvini dopo l’astensione dal voto da parte della Lega sul Dl nel Consiglio dei Ministri, che ha provocato tensioni tra il Carroccio e tutti gli altri partiti del Governo a eccezione di Forza Italia.
Il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, leghista, aveva chiesto di posticipare il coprifuoco alle 23 e una deroga ai servizi di ristorazione, affinché fossero permessi sia al chiuso che all’esterno per le ore di pranzo e cena.
Ma è stato sul nodo scuola che si è consumato lo strappo, annunciato dallo stesso Fedriga, il quale è arrivato a dire: “l’aver cambiato in Cdm un accordo siglato da noi con i Comuni e le Province sulla presenza di studenti a scuola è un precedente molto grave” che ha “incrinato la reale collaborazione tra Stato e Regioni”.
Molto rumore per nulla se si pensa che nel decreto è prevista la deroga fino al limite minimo del 50% di presenza a scuola nel caso di “eccezionale e straordinaria necessità dovuta alla presenza di focolai o al rischio estremamente elevato di diffusione del virus SARS-CoV-2 o di sue varianti nella popolazione scolastica”.
In pratica, quando il dl è stato approvato, la percentuale sulla presenza in classe dei ragazzi delle superiori in zona gialla e arancione è salita al 70%, rispetto al 60% inizialmente concordato con i governatori: un elemento che ha portato Fedriga a esprimere “amarezza” in una lettera indirizzata al premier, Mario Draghi, con la richiesta di “un incontro urgente prima della pubblicazione del provvedimento”.
Salvini da una parte continua a proclamare “lealtà” a Draghi e dall’altra lo critica aspramente, affermando: “il governo ha disatteso l’accordo raggiunto con gli enti locali, mettendo in difficoltà presidi, sindaci e studenti”.
Un classico esempio di “teatrino della politica”, insomma.
Fedriga, proseguendo sulla linea del populismo, si è detto “convinto che alle prossime settimane ci potrebbe essere una revisione”, ma Palazzo Chigi si è limitata a far sapere che il Governo darà un chiarimento alle Regioni.
L’auspicio del rappresentante dei governatori è quello di poter incassare almeno un “tagliando” periodico del dl.
Ma anche questo era già stato anticipato dall’Esecutivo: una verifica sul provvedimento ogni due settimane riguardante tutte le misure previste dal decreto.
Il primo, anzi, è già stato fissato per la metà di maggio.
E a confermare l’obiettivo è stato la stessa ministro per le Autonomie, Mariastella Gelmini: “Il coprifuoco non durerà fino al 31 luglio. È lo stesso decreto a dirlo, precisando che il Consiglio dei ministri potrà intervenire nelle prossime settimane, modificando periodicamente nel dl sia le regole per le riaperture che gli orari del coprifuoco”.
E sulla scuola, la ministro di Forza Italia, ha chiarito: “nel decreto ci sarà scritto il 70% ma non metteremo a rischio nessuno. Se non sarà possibile assicurare queste quote regioni ed enti locali potranno derogare. Stiamo lavorando per trovare la quadra”.
Non solo studenti e ristoratori.
Sul tavolo delle richieste delle Regioni c’è anche anche la programmazione di riaperture del settore del wedding, delle piscine al chiuso oltre alla ripresa degli allenamenti individuali nelle palestre già da lunedì 26 aprile.
Ripartenze graduali che dovranno in ogni caso svolgersi senza perdere la bussola della responsabilità.
E’ per questo che queste dovranno avvenire, come ha sottolineato il capo della polizia, Lamberto Giannini, “con il rispetto delle regole: noi saremo nelle piazze con comprensione verso chi esercita pacificamente le proprie prerogative democratiche”.