A ottobre dello scorso anno ha lanciato l’Associazione 358 che fonda l’Atto costitutivo proprio sull’articolo 358 del Codice di procedura penale.
Luciano D’Alfonso è un Senatore della Repubblica, di origini abruzzesi, uno dei pochi politici che siedono in Parlamento a vantare un curriculum che riporta esperienze istituzionali ai vari livelli amministrativi.
D’Alfonso racconta di avere “110 anni di età”, ne “conteggia – lo scrive sui social – esattamente il doppio rispetto al tempo di vita registrato all’anagrafe cittadina”.
Nascita e obiettivi dell’Associazione 358
A ottobre dello scorso anno ha lanciato l’Associazione 358 che fonda l’Atto costitutivo proprio sull’articolo 358 del Codice di procedura penale.
Con l’entrata in vigore dell’impianto codicistico, che ha eliminato la figura del Giudice inquirente, la gestione della fase investigativa è affidata solo al Pubblico Ministero (che si avvale della Polizia Giudiziaria) e viene esaltato il dovere del PM di ricercare prove a favore dell’indagato.
Tale attività, se ben esercitata – secondo D’Alfonso – limiterebbe i margini di errore degli inquirenti e un inutile dispendio di risorse che, ricorda, sono a carico delle “nostre tasse”.
La cronaca restituisce, non di raro, notizie di assoluzioni per l’inesistenza dei fatti, basate su accuse ingigantite – sull’onda di provvedimenti cautelari – che poi si rilevano costruite su fatti che nella fase dibattimentale vengono facilmente confutati dal difensore dell’indagato.
L’Associazione – ribadisce il senatore – vuole “sviluppare un dibattito concreto sugli errori che sono commessi dai Magistrati”.
Tuttavia, un paio di Sezioni della Corte di Cassazione (II e la III, nel 2013 e nel 2018) si sono espresse a “difesa” del PM, in quanto non sarebbe vincolato “in tale veste, dalle indicazioni della difesa”. Insomma il Pubblico Ministero avrebbe la facoltà di ascoltare le ragioni del difensore o di chiedere alla PG di cercare prove a discolpa, la “mancata assunzione di prova decisiva”, non è “presidiata da alcuna sanzione processuale”.
Da qui la battaglia di svelamento della verità, imbastita dal senatore D’Alfonso, interpellato da Qds, che ha chiamato a raccolta le competenze, per dare vita al sinodo, rappresentative del mondo del lavoro, accademico e della cittadinanza attiva.
“Non bisogna avere paura della Giustizia – chiosa D’Alfonso – ma solo delle ingiustizie”.
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Presidente, il lavoro della Commissione che presiede, la quotidiana attività di ascolto attivo dei suoi elettori, degli amministratori locali del suo Collegio e una moltitudine di impegni in capo alla sua attività parlamentare, lo studio, la famiglia… Le mancava l’articolo 358 del codice di procedura penale.
“Ho sempre dedicato moltissimo tempo alla attività lavorativa e allo sviluppo concreto dei miei ideali. Ritengo che porgere la mia attenzione su uno strumento quale l’art. 358 c.p.p. sia doveroso oltre che estremamente utile, e dato il modo in cui questa iniziativa è stata accolta dalla cittadinanza penso di aver dato voce ad un bisogno diffuso e ad un’esigenza concreta”.
In pochi minuti dal concepimento di un’associazione, che ha denominato “358” e che si prefigge di combattere una battaglia di svelamento della verità e subito raccoglie decine di richieste di adesione. Desiderio di Giustizia o altro?
“Sicuramente, come precedentemente affermato, sto dando voce ad un bisogno diffuso di una giustizia concreta che, soprattutto in ambito penale, sia davvero tutelante per il soggetto sottoposto alle indagini”.
Misurare l’errore dei Magistrati. Vuole guidare la rivoluzione della “riuscita della democrazia”, mettendo in discussione l’Ufficio del PM? Ci vuole coraggio…
“La democrazia è un istituto sacro della nostra Repubblica. La esercito quotidianamente, nel pieno rispetto di tutta la cittadinanza italiana. La democrazia indiretta è il prodotto del voto rappresentativo del popolo italiano e ritengo sia giusto, dato che siamo tutti noi a finanziare la macchina processuale, sviluppare un dibattito concreto sugli errori che sono commessi dai Magistrati”.
Perché concentrarsi solo sul campo penale, anche il civile e l’amministrativo miete “vittime” ogni giorno. I Magistrati in quegli ambiti possono commettere errori clamorosi che inevitabilmente si ripercuotono sulla moltitudine di cittadini, quindi sugli interessi economici e sociali di non poco conto.
“Non mi sto concentrando solo sull’ambito penale. La lunghezza dei processi e la lentezza della macchina processuale sono delle priorità che vorrei fossero attenzionate nelle sedi competenti. Certamente gli errori giudiziari, che si sviluppano anche in ambito civile ed amministrativo, sono uno degli obiettivi di approfondimento e discussione quotidiana”.
Accertare la verità in tempi brevi ed evitare la demolizione della dignità della persona. Questo principio a cui lei si ispira non passa anche dal dotare gli Uffici giudiziari di un organico adeguato?
“Sicuramente è necessario dotare gli Uffici giudiziari di un organico adeguato. La macchina della giustizia deve poter operare appieno e con piena consapevolezza”.
I PM “odiano” l’articolo 358, insomma gli elementi a favore dell’indagato non vengono tenuti in debita considerazione…
“I Pm non dovrebbero odiare l’art. 358 c.p.p. poiché sono consapevoli, o dovrebbero esserlo, che lo sviluppo di indagini serie e concrete sia il reale obiettivo posto dal legislatore e l’unico fine a cui la loro attività deve aspirare”.
Come si coniuga l’obbligatorietà dell’azione penale con la ricerca di elementi a favore dell’indagato con in mezzo gli UPG, delegati per le indagini?
“Si coniuga alla perfezione poiché è necessario nello svolgimento delle indagini che si esercitata quando è opportuno e non deve generare un mero dispendio di risorse della macchina processuale che, ricordiamolo, è finanziata con le nostre tasse”.
“Non avere paura della Giustizia”, lo slogan dell’associazione. Lei che ha vissuto 110 anni sa come gestire la “paura”. La gente comune oltre ad avere paura ha perso la speranza di ottenerla.
“La paura va necessariamente combattuta e vinta quando ci si deve concentrare sul bene comune, non bisogna avere paura della giustizia, ma solo delle ingiustizie che si potrebbero verificare e che devono necessariamente essere evitate”.
Vincenzo Lapunzina