Emergenza ospedali in Sicilia: aggressioni, stress e personale in fuga

Emergenza ospedali in Sicilia, aggressioni e stress mettono in fuga il personale

Emergenza ospedali in Sicilia, aggressioni e stress mettono in fuga il personale

Giuseppe Bonaccorsi  |
lunedì 16 Maggio 2022

Dopo le parole del medico di Ps arrivano quelle di un primario anestesista: "Si sono persi anni per mettere mano a una seria riforma sanitaria"

L’emergenza ospedali in Sicilia è sempre più una realtà. “Purtroppo è tutto terribilmente vero. Il collega del Pronto Soccorso ha ragione quando dice che i medici dell’emergenza vogliono scappare verso altri settori pubblici o nel privato. Anche noi anestesisti assistiamo a una fuga!”. Lo dice il primario della Rianimazione del Padiglione 8 del Policlinico di Catania, Ettore Panascia, che condivide le parole di un responsabile di pronto soccorso – pubblicate ieri sempre sul Qds – sul rischio che un giorno i reparti di emergenza si ritrovino senza personale a causa dei turni di lavoro insostenibili e l’aggressione dei cittadini.

E rincara la dose: “Anche i giovani che prima preferivano rimanere nel pubblico, oggi si spostano nel privato dove si lavora poco di più, ma con stipendi decisamente generosi e con pazienti selezionati (le strutture private si prendono le molliche e non le croste) e senza fare urgenze. Ma se continua così la sanità pubblica andrà in rovina…”.

I medici di emergenza vanno pagati meglio

“Quanto alle assenze e alle carenze di anestesisti e medici di Pronto soccorso – continua il primario – queste vanno affrontate radicalmente. E soprattutto queste figure non possono guadagnare quanto altre figure della stessa azienda”.

E il primario continua col discorso: “Non è soltanto un problema di numeri, ma anche di posti letto, la cui riduzione ha provocato una tragedia e oggi la gente non trova una risposta adeguata alle richieste di assistenza. E’ vero che prima avevamo sprechi eccessivi, con prime, seconde e terze Medicine, ma adesso siamo all’effetto contrario”.

Una anestesista: “Torno in clinica, qui troppo stress”

Il responsabile anche del reparto Ecmo del Policlinico (la ventilazione extracorporea, branca che in questi ultimi mesi ha salvato molte persone in fin di vita per i danni da Covid), denuncia, quindi, una situazione paradossale che sta caratterizzando il settore pubblico dell’assistenza sanitaria, con alcune figure professionali che non si trovano neanche a volerle pagare a peso doro.

Carenze d’organico

“Oggi purtroppo non possiamo fare funzionare le sale operatorie a pieno regime perché ci mancano i medici, gli infermieri e gli anestesisti. Il problema più grosso riguarda la convenzione con le case di cura private. Di recente un rianimatore esperto ha scelto di lasciare Acireale per andare in un grosso centro privato che opera a Catania. Abbiamo anche diversi ragazzi giovani, appena specializzati, che non vedono l’ora di andare via. Al momento c’è una carenza di 10 anestesisti al San Marco, mentre noi alla Rianimazione 8 del Policlinico ne abbiamo cinque in meno.

E così come siamo messi noi si ritrovano gli ospedali periferici, se non peggio. A Siracusa hanno una carenza di una quindicina di anestesisti, a Ragusa idem. Ci ritroviamo nei settori d’emergenza con lo stress dei cittadini, le aggressioni dietro l’angolo e i medici che scappano. Qualche tempo fa – aggiunge – avevamo sopperito con due giovani rianimatori a concorso. Uno di questi, una neo specialista tra l’altro molto brava, d’un tratto, dopo 3 mesi, se n’é tornata nel privato dicendo “Non riesco a reggere questo stress, me ne torno nel privato dove tutto quello che faccio di più me lo pagano, ma soprattutto non lavoro con urgenza… Oggi il problema è che nelle case di cura private convenzionate si lavora senza stress e questo è un grande nodo che il pubblico deve sciogliere”.

Un capitolo a parte riguarda il rapporto col territorio. “A questo punto – continua Panascia – vorremmo capire perché un anestesista catanese deve andare a Ragusa quando a Catania prende gli stessi soldi? Si sono persi anni per mettere mano a una grande riforma che consenta il decongestionamento dei pronto soccorso partendo dalla questione dei piccoli ospedali e dai medici di famiglia nelle Case della salute”.

Il direttore sanitario controcorrente

Getta, invece, acqua sul fuoco dei problemi sollevati, il direttore sanitario del Garibaldi, Giuseppe Giammanco: “Non vorrei apparire controcorrente. Noi del Garibaldi abbiamo seguito, sia durante la fase pandemica che oggi nella fase di riapertura, le richieste dei colleghi. Tutto ciò ha comportato che durante la fase pandemia con i co.co.co abbiamo portato avanti la fase dei reclutamenti e quindi oggi non posso dire che i colleghi del Ps si trovino male”.

“Quanto – ha continuato – alle persone che si recano nei Ps e si lasciano andare ad episodi aggressivi aggiungo che vanno comprese. Tutto il mondo è stato sotto pressione per la pandemia e questo fenomeno va ricondotto piano piano verso la normalità”.

“Sul rischio, infine, di una migrazione di medici verso il privato posso soltanto dire che noi al Garibaldi abbiamo al contrario richieste di professionisti che chiedono di lavorare nel Pronto soccorso. Inoltre sul piano dell’assistenza abbiamo avviato un piano di recupero delle liste di attesa e non vedo, in questo momento, un afflusso maggiore delle richieste di assistenza…”.
Quindi un’isola felice? Solo i fatti lo diranno…

Giuseppe Bonaccorsi

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