Ma chi è la testa dell’acqua di questa assurda, ma naturalmente tipica, vicenda Palermitana?
Sequestrati dalla procura europea i conti correnti dell’Amap, la municipalizzata che eroga il servizio idrico a Palermo e dintorni, per 20 mln di euro, mica pochi spiccioli. L’Europa che ha invece erogato la liquidità, per far fronte ad investimenti sui depuratori, tramite la Banca europea per gli investimenti, i depuratori non li vede, e teme che i soldi siano finiti in spesa corrente non in investimenti.
Tra l’altro la stessa azienda è indagata proprio per disastro ambientale, a causa della mancanza di depurazione, e l’Italia è in procedura d’infrazione europea per colpa della Sicilia.
Ma chi è la testa dell’acqua di questa assurda, ma naturalmente tipica, vicenda Palermitana? La politica ovviamente. Le altre principali città metropolitane italiane hanno costituito da decenni società industriali, perché gestire acqua, gas, elettricità, attività ambientali, è un’attività industriale. Si chiamano multiutilities, A2a, Acea, Hera, Iren e così via.
Alcune sono quotate in borsa e erogano servizi efficaci ed efficienti ai cittadini, con una logica industriale e hanno manager di livello europeo. Producono non solo servizi, ma utili e dividendi agli azionisti, che non sono solo enti pubblici, ma risparmiatori e fondi.
Noi no, noi produciamo i soliti casini, disservizi, conti in disordine. Perché? Perché si coniugano due forze che nulla hanno a vedere con il mondo normale che c’è nel resto d’Italia. Politica e sindacati, una gestione che non consente efficacia ed efficienza, ma sprechi e disservizi.
Un consociativismo, fatto esclusivamente per tessere e voti, che del cittadino come Bracardi se ne frega. Non riscuotono ai morosi e chiudono il contatore a chi è in regola.
Chi se ne fotte, questo è il nostro feudo, in una logica medievale, da jus prime noctis in cui si assegnano posti di lavoro ad amici e parenti di politici e sindacalisti, e gettoni di presenza a consiglieri di amministrazione amici di cui sopra. Se si facesse una multiutilities sparirebbero decine di poltrone da fare spartire ai partiti, se ci fossero fondi d’investimento che partecipassero alla compagine sociale pretenderebbero dei manager seri, scelti sul mercato da cacciatori di teste e non di voti.
Ma Palermo quando cambia? Quando esce dall’oscuro latifondismo? Quando la fa la multiutilities, gestita da mercato e manager, che dia i giusti servizi e si faccia pagare le bollette da tutti, e non solo da alcuni per tutti, come Milano, Roma, Brescia, Torino, Bologna, Reggio Emilia? Quando diventa una città non dico Europea, ma normale. Quando?