E’ il pensiero di Giovanni Tria, economista all’università di Tor Vergata a Roma, ministro dell’Economia nel Conte I e consulente di Giancarlo Giorgetti nel periodo del governo Draghi.
“Potrei raccontare la mia esperienza. Basta avere fiducia nei bravissimi tecnici della Ragioneria: in un bilancio da quasi mille miliardi ci sono infinite sacche di stanziamenti improduttivi, esenzioni, contributi e deduzioni inutili se non a servire questa o quella lobby. Certo, non è il momento di impegni imponenti modello Ponte, nè di sgravi fiscali rilevanti».
«Il perno è il Patto di stabilità – continua Tria – però non si capisce la posizione che si vuole prendere. C’è la proposta di Bruxelles che si dice comporti più flessibilità, e quella tedesca che vuole fissare termini precisi. L’Italia parteggia per la prima, che però, in realtà ci fa perdere sovranità».
“Perchè? Perchè affida a un negoziato Paese per Paese con la Commissione un programma personalizzato di rientro dal debito. Ma in questo negoziato l’Italia è il contraente debole: quando fu fatta una classificazione in quattro categorie dei Paesi a seconda del rischio, finimmo nella peggiore.
Sulle proteste contro i rialzi dei tassi. «Non è stata una grande idea, così come i continui spesso incomprensibili appelli contro l”Europa matrignà o i ritardi sul Mes: da ministro avevo ottenuto una serie di condizioni migliorative, tutto si è arenato non per motivi di politica interna. Neanche Draghi è riuscito a ottenere la ratifica».
Sul Pnrr: “Nulla giustifica la confusione attuale, però i problemi ci sono. Rischiamo di essere travolti da una montagna di progetti non finiti. Non a caso molti Paesi hanno contenuto il prelievo dei fondi loro spettanti. A parte i fondi che non devono essere restituiti, sempre debito è, e si cumula sui livelli che sappiamo”.
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(ITALPRESS).