Proseguono le indagini sulla latitanza di Messina Denaro: ecco le ultime accuse rivolte al cugino del prestanome del boss.
Nuove accuse dalla Procura di Palermo nei confronti di Andrea Bonafede, operaio del Comune di Campobello di Mazara (TP) arrestato nell’ambito delle indagini sulla latitanza di Matteo Messina Denaro: oltre al favoreggiamento del boss, le autorità giudiziarie gli contesterebbero anche il reato di associazione mafiosa.
Ecco gli ultimi elementi riscontrati nell’ambito delle indagini.
Andrea Bonafede accusato di associazione mafiosa
Bonafede è accusato di aver ritirato le ricette destinate al boss a nome del cugino (prestanome di Messina Denaro) e redatte dal medico Alfonso Tumbarello, anche lui al centro delle indagini sulla trentennale latitanza del capo di Cosa nostra.
Di fronte agli inquirenti avrebbe rivelato di non sapere che quelle ricette fossero del capomafia latitante, ma la verità emersa dalle indagini sarebbe diversa. L’operai di Campobello di Mazara, secondo la Procura di Palermo, non solo sarebbe stato un favoreggiatore di Messina Denaro ma anche un uomo di fiducia del boss e dei vertici di Cosa nostra.
Messina Denaro gli avrebbe chiesto aiuto in un momento di difficoltà, fidandosi di lui in un momento in cui qualsiasi passo falso avrebbe potuto portarlo in carcere. Sarebbe stato Bonafede, secondo gli inquirenti, ad attivare una nuova sim su un vecchio cellulare usato dal boss per comunicare con i familiari poco dopo la scoperta della malattia di Messina Denaro.
Visti i gravi indizi raccolti, la Procura di Palermo ha modificato l’imputazione dell’indagato: Andrea Bonafede è accusato non solo di favoreggiamento aggravato e procurata inosservanza di pena, ma anche di associazione mafiosa.