Oggi al teatro Vito Zappalà, nel ciclo Una voce per Rosalia: “Farsi strada in una società maschilista è più faticoso”
ROMA- A chiudere il ciclo di show tutti al femminile di “Una voce per Rosalia” la satira corrosiva di Sabina Guzzanti. Oggi il suo “Liberidì liberidà tour 2024”, prodotto e distribuito da “Savà Produzioni Creative”, farà tappa al Vito Zappalà, all’interno del caratteristico spazio teatrale inserito nel borgo marinaro di Mondello.
Un evento, così come l’intero progetto dedicato alla santa patrona del capoluogo siciliano, organizzato dalla Agave Spettacoli di Andrea Randazzo in compartecipazione con il Comune di Palermo e il Ministero della Cultura.
“Ho un rapporto di entusiasmo con la Sicilia. Mi piace moltissimo questa terra e poi Palermo è stupenda”.
L’idea è quella di coniugare cultura e identità rimarcando l’importanza del ruolo della donna. Non crede anche lei che, un po’ come l’8 marzo, se ci trovassimo davvero in una condizione di parità, non occorrerebbe nessuna sottolineatura di sorta?
“Non ho alcun dubbio in merito al fatto che non ci sia parità fra sessi. E, proprio perché non è stata ancora raggiunta, che ben vengano tutte le opportunità utili a sottolineare l’importanza del ruolo della donna. Viva le feste come l’8 marzo e viva “Una voce per Rosalia”!”.
Com’è stato farsi strada in un mondo di uomini?
“È risaputo che viviamo in un contesto sociale tutto in favore degli uomini, dove il lavoro delle donne è costantemente sottovalutato e ignorato, e possono anche realizzare delle cose stupende ma non lo viene a sapere nessuno. Farsi strada in una società maschilista è stato ed è molto più faticoso, ma questo ci spinge ad essere più combattive, a unirci, a capire quale sia il problema. Perché poi il sessismo, rispetto alle altre forme di razzismo, è anche più difficile da individuare, se si nasce in una casa dove le persone che amiamo sono portatrici di questo pregiudizio e ce lo trasmettono”.
Esiste davvero questa sorellanza?
“Dal momento che veniamo messe in competizione le une contro le altre, la sorellanza è una conquista. Ma è soprattutto un gesto culturale, ci vuole una volontà per metterla in pratica. Però, quando ci si accorge della continua svalutazione dei nostri meriti, è chiaro che la prima strategia da attuare è quella di riconoscerseli almeno tra noi donne”.
La notorietà arriva negli anni Novanta con programmi nei quali proponeva una memorabile Moana Pozzi e le celebri imitazioni di Massimo D’Alema e di Silvio Berlusconi. Si sente un po’ nostalgica di quel tipo di televisione e di personaggi?
“Si tratta di personaggi inventati e ci siamo divertiti tantissimo, ma non sono nostalgica di quel tipo di televisione. Tuttavia penso, come chiunque l’abbia vista, che la sua qualità fosse infinitamente superiore a quella di oggi, fatta per deprimere, rimbecillire e rendere le persone passive il più possibile. È una strategia che peraltro Berlusconi ha ampiamente teorizzato: la pubblicità non compra i programmi, ma le teste che li guardano. Io non reputo lecito guadagnare i soldi in questo modo, lo ritengo profondamente immorale. Non dovrebbe essere permesso di far realizzare una televisione che abbia un simile obiettivo”.
Da sempre in prima linea nel mettere sotto accusa il potere e la classe dirigente nazionale, Sabina Guzzanti torna a incontrare il suo pubblico con un monologo essenziale e sferzante.
“Da ormai un paio d’anni, mi dedico al dialogo, sia con Meloni che con Schlein, con l’unico obiettivo di attenuare il danno. Un lavoro impegnativo, spesso estenuante, portato avanti con abnegazione e sacrificio e senza che nulla me ne venga in tasca. Di qui l’idea di cominciare a monetizzare questa attività con una serie di conferenze spettacolo, che i giovani d’oggi chiamano stand up comedy”.
In un’epoca di grandi cambiamenti e incertezze, con un presente travagliato come il nostro, “Liberidì liberidà” che cosa?
“Da condizionamenti, sia esterni, sia interni. Viviamo un periodo in cui la manipolazione delle coscienze è onnipresente, la politica fa demagogia, gli algoritmi dei social network ci tengono inchiodati a delle idiozie che rendono infelici. E, più siamo infelici, più stiamo là. Anche i prodotti culturali, i film, le serie, sono realizzati per il 95% per questo target. Così diventa davvero difficile non solo sentirsi liberi, ma persino immaginarsi liberi, desiderare la libertà”.
Qual è lo stato di salute del mondo dell’informazione in Italia?
“Se fino a qualche tempo fa sembrava prioritario essere informati, oggi la questione principale è saper discernere, dare un senso alle informazioni che riceviamo. Facoltà che, purtroppo, è diventata un privilegio di pochi. Apprendiamo notizie sempre più spezzettate, che non hanno alcun nesso tra di loro, quando ormai la coerenza è andata completamente smarrita”.
Paolo Borsellino sosteneva che dovremmo abituarci “tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale”. Le capita spesso di sentire cattivo odore?
“Non la metterei sul piano olfattivo, mi sembra che tutti i sensi siano coinvolti. È un momento abbastanza disperato e delirante, nel quale ognuno va per sé. La politica soprattutto non ha praticamente più autonomia rispetto a chi la finanzia. La democrazia è diventata un involucro abbastanza vuoto dove, a dispetto della nostra costituzione, le nuove riforme vanno sempre più in una direzione di repressione totale, togliendo di fatto ai cittadini il controllo di tutto”.
Una risata vi seppellirà. La prima palata addosso a chi?
“Non sulle persone ma sui modi di pensare. Si dovrebbero seppellire i pregiudizi. Almeno si spera”.