Dottor Orlando: "Quell’asse fondamentale tra intestino e cervello" - QdS

Dottor Orlando: “Quell’asse fondamentale tra intestino e cervello”

Dottor Orlando: “Quell’asse fondamentale tra intestino e cervello”

giovedì 13 Giugno 2024

Microbiota intestinale, alimentazione sana e corretti stili di vita: ne abbiamo parlato con il dottor Ambrogio Orlando, direttore dell’Uosd Mici dell’Azienda ospedaliera Villa Sofia-Cervello

PALERMO – Secondo la moderna definizione scientifica di microbiota intestinale, con esso si deve intendere l’insieme dei microrganismi che popola il tratto digerente, svolgendo funzioni importanti per la salute dell’uomo al punto che variazioni nella sua composizione sono associate al rischio di insorgenza di varie patologie quali malattie infiammatorie croniche intestinali, oltre che alla progressione di importanti malattie sistemiche non trasmissibili come allergie o malattie metaboliche.

Ma cosa comporta una disregolazione del microbiota e quale il ruolo strategico dello stile di vita nel mantenimento di una salute intestinale ottimale? Ne parliamo con il dottor Ambrogio Orlando, direttore della Unità operativa semplice dipartimentale (Uosd) Malattie infiammatorie croniche dell’intestino (Mici) dell’Azienda ospedaliera Villa Sofia-Cervello di Palermo.

Dottor Orlando, cosa si intende con il concetto di disbiosi intestinale?
“L’apparato gastrointestinale è un sistema complesso che comprende un contenuto fecale caratterizzato da più di 1.012 batteri per grammo di feci, a cui diamo il nome di microbiota. Il genoma del microbiota intestinale è almeno cento volte superiore a quello umano e si definisce microbioma. Grazie a questo immenso patrimonio di geni, il microbiota intestinale svolge, con le sue funzioni costitutive e funzionali, un ruolo cruciale nell’impatto sullo stato di salute, agendo come barriera nei confronti dei microrganismi patogeni, modulando la risposta immunitaria ed esercitando funzioni metaboliche centrali nell’organismo ospite. La disbiosi intestinale è una condizione di squilibrio microbico (non solo di batteri, ma anche di virus e miceti) causata da una crescita eccessiva di batteri cosiddetti cattivi all’interno dell’intestino, che possono provocare, reagendo con il nostro sistema immunitario, una serie di patologie non solo intestinali. Queste variazioni nella composizione e nell’espressione genica del microbiota intestinale sono associate al rischio di insorgenza di varie patologie del tratto gastrointestinale come l’intestino irritabile, ma sembrano coinvolte anche nell’insorgenza e nella progressione di importanti malattie sistemiche non trasmissibili (malattie oncologiche, neurodegenerative e neuro-infiammatorie croniche)”.

Cosa si intende con asse intestino-cervello?
“L’interazione tra intestino e cervello prende il nome di asse intestino-cervello, con il microbiota intestinale a rivestire un ruolo fondamentale in questo tipo di relazione. Tale relazione, che è bidirezionale, tra cervello e intestino e microbiota può determinare un impatto cruciale nell’origine di una serie di disturbi della sfera neurologica. Da un lato i batteri intestinali sarebbero in grado di condizionare l’attività cerebrale e dall’altro il cervello può influenzare l’equilibrio esistente nel microbiota attraverso il rilascio di citochine e ormoni che possono alterare l’omeostasi naturale esistente. L’intestino presenta un altissimo numero di neuroni (oltre cento milioni) e questo spiegherebbe l’instaurarsi di questo particolare tipo di asse intestino-cervello di cui tanto si parla oggi”.

Qual è il rapporto tra infiammazione e disbiosi e quali sono le cause? Esiste una differenza di genere o di etnia?
“L’interazione tra la disbiosi e il sistema immunitario, molto attivo e sviluppato nell’intestino, comporta il determinarsi di un’alterazione antigenica della mucosa intestinale che non viene più riconosciuta come propria (self) e viene attaccata dallo stesso sistema immunitario, determinando la formazione di un processo infiammatorio della mucosa e della parete intestinale, che può portare alla formazione di vere e proprie lesioni intestinali come le ulcere. Tutto questo sulla base di una predisposizione genetica di tipo familiare e in alcuni casi con l’implicazione di specifici geni coinvolti. Tra i diversi fattori che possono determinare la disbiosi abbiamo principalmente la dieta, ma anche alcol, fumo, farmaci come gli antinfiammatori non steroidei, i contraccettivi orali e gli antibiotici. Non esiste una vera e propria differenza di genere mentre la differente etnia, in rapporto ai differenti tipi di alimentazione, condiziona moltissimo il tipo di microbiota intestinale. In poche parole siamo quello che mangiamo e il microbiota è funzione della nostra alimentazione”.

Cosa può dirci del rapporto con le malattie degenerative?
“La ricerca scientifica negli ultimi anni ha rivolto la propria attenzione alle malattie neurodegenerative (malattia di Alzheimer, morbo di Parkinson, ecc…) e ai cambiamenti che si verificano durante l’invecchiamento a livello del microbiota, della barriera intestinale ed ematoencefalica, così come del sistema immunitario. Si ritiene che l’età sia un fattore chiave per l’esordio di questi disturbi, ed è stato evidenziato che la microflora enterica alterata, attraverso appunto la disbiosi, potrebbe influenzare il progresso della malattia neurologica, contribuendo a scatenare a volte anche la sua insorgenza. Sono necessari però ancora nuovi studi che confermino questa ipotesi e siamo molto lontani da una possibile applicazione pratica oggi”.

Sugli stili di vita: quali adottare in prevenzione e terapia della disbiosi? Sul ruolo dei pre e probiotici?
“Non vi sono ormai dubbi che adottare un corretto stile di vita, eliminando il fumo, limitando l’acol, praticando attività fisica giornaliera ed evitando tutti i cibi processati, può condizionare e limitare l’instaurarsi della disbiosi. Adottare abitudini alimentari sane e corrette come la dieta mediterranea con l’aggiunta di molta frutta e verdura sia cotta (meglio al vapore) che cruda, evitando assolutamente le bevande zuccherate, riduce il rischio di sviluppare disbiosi. Sia i probiotici (batteri vivi cosiddetti buoni) che i prebiotici (sostanze non digeribili dall’organismo, la cui azione favorisce lo sviluppo e l’attività di quei batteri buoni presenti in moti cibi come lo yogurt, legumi e miele) potrebbero avere un ruolo fondamentale nel ripristinare la normale omeostasi del microbiota intestinale e prevenire la disbiosi anche se la loro applicazione standardizzata in medicina è ancora da perfezionare se si escludono solo alcune nicchie di applicabilità pratica. Infine, è in fase di studio da molti anni il trapianto fecale, che ha dato risultati molto favorevoli (ormai presente nelle linee guida internazionali) nella colite pesudomembranosa causata dal cosiddetto Clostridium difficile, ma che risulta resistente agli antibiotici specifici, e risultati ancora incerti in altre malattie intestinali come la colite ulcerosa e la malattia di Crohn”.

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