Continue frane della falesia e tonnellate di materiale roccioso che scivolano in acqua portando via opere murarie e fortificazioni dell’antico insediamento greco
RAGUSA – Ventisei secoli di storia finiti letteralmente in mare. Da oltre quindici anni si sta consumando una pesante attività erosiva della falesia prospiciente la zona archeologica di Camarina, nel ragusano, che, oltre alle tonnellate di materiale roccioso, ha già fatto e continua a far scivolare in mare anche le opere murarie e di fortificazione dall’antico insediamento greco.
Il Qds, già nel lontano 2009, si occupò di questa situazione
Noi del Quotidiano di Sicilia, già nel lontano 2009, ci occupammo di questa situazione. Allora, secondo la testimonianza dell’appassionato di storia locale, Gaetano Melfi, il primo a segnalare la devastazione del sito, attraverso la pubblicazione di un video di denuncia su YouTube, anche dei reperti archeologici erano finiti in mare ed erano stati sepolti dalle continue frane. Si trattava di manufatti in marmo, pietra, terracotta, metallo che affioravano dal costone e che anche alla vista della persona meno competente risultavano verosimilmente di interesse archeologico. I recinti perimetrali a protezione dell’area erano ormai sospesi nel vuoto guadagnato dal mare.
“Da nove mesi, assieme ad un gruppo di amici – diceva nel 2009, Melfi – monitoriamo l’evoluzione dello sfaldamento progressivo ed inesorabile del promontorio di Camarina, a pochi metri dalla nostra Scoglitti, in piena zona archeologica. Qui il mare continua a portare via, giorno per giorno, pezzi di storia e cultura che sono patrimonio del mondo. Preservare Camarina è una questione etica. Cosa lasceremo ai nostri figli se permettiamo che l’accidia dei tempi moderni porti via la nostra storia?”.
A dare manforte a Melfi era stato Giovanni Lunetta che, da uomo profondamente innamorato del proprio territorio, intervenne presso la Soprintendenza BB.CC.AA di Ragusa. “A febbraio, saputo quanto occorso, ho contattato l’archeologo Giovanni Distefano – affermava sempre nel 2009, Lunetta – col quale ci siamo recati sul sito per constatare da vicino l’entità dei danni arrecati dalle forti precipitazioni e dall’erosione marina. La soprintendenza di Ragusa quindi non ha perso tempo e anzi fin dall’indomani del nostro sopralluogo, da Ragusa, è partita una raffica di segnalazioni all’assessorato regionale competente. Purtroppo devo constatare che gli sforzi fatti non hanno sortito, almeno sinora, nessun intervento materiale da Palermo e perciò mi sono rivolto al Prefetto”.
Un altro importante apporto alla causa lo fornì, allora, il consigliere provinciale, Ignazio Nicosia, che scrisse al ministro per i Beni e le Attività Culturali, Sandro Bondi, al presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, al presidente della Provincia di Ragusa, Franco Antoci, al sindaco di Ragusa, Nello Dipasquale, ed al Comandante dei Carabinieri, Nucleo Tutela Patrimonio Culturale, Gen. Giovanni Nistri, per denunciare lo stato di degrado in cui versava non solo l’area archeologica di Camarina ma, a suo dire, anche l’annesso Museo Archeologico Regionale, chiedendo contestualmente l’avvio di interventi utili a ripristinare lo stato di sicurezza e piena fruibilità della struttura museale.
La svolta mediatica si ebbe nel mese di agosto 2009 quando Gaetano Melfi e i suoi amici dell’associazione “Kamarina 09” tornarono sui luoghi per realizzare un altro video da pubblicare nuovamente su YouTube. Questa volta però la tenacia di Melfi fece si che a Camarina arrivasse anche una troupe di RaiTre, che portò la vicenda alla ribalta del grande pubblico. In questa fase emerse maggiormente come la coesistenza del nuovo molo del porto di Scoglitti potrebbe aver accelerato il fenomeno erosivo di Camarina e come la regimazione naturale delle acque piovane abbia fatto deviare il fiume Ippari dal suo alveo naturale. Per questi motivi l’allora sindaco di Vittoria, Giuseppe Nicosia, chiese ripetutamente che la Regione, per le proprie competenze, prendesse in mano la situazione.
Mettere fine al disastro archeologico
Significativo fu il lavoro svolto dall’allora consigliere comunale, Fabrizio Comisi che aveva investito ufficialmente della vicenda il Consiglio comunale di Vittoria per discutere sulle posizioni da prendere per sollecitare le autorità competenti al fine di mettere la parola fine al disastro archeologico e naturalistico. Altro ente coinvolto per competenza territoriale è il comune di Ragusa che, forse per la marginalità del sito, a circa 30 km dalla città, pare non abbia preso una posizione certa sul problema, né di natura politica né per quanto riguarda le proprie competenze in ordine alla protezione civile locale. Infastiditi da ciò, infatti, gli allora assessori comunali di Vittoria, Luciano D’Amico e Salvatore Avola, avevano lanciato una provocazione chiedendo l’annessione della confinante Camarina al territorio del comune di Vittoria. Unica nota positiva nel contesto, al tempo, fu che l’assessorato provinciale al Territorio e Ambiente, retto da Salvo Mallia, ottenne un finanziamento di circa due milioni di euro per la riqualificazione dell’intera costa iblea.
Nel 2011 fu salvato l’ultimo lembo di muro rimasto sul promontorio, grazie all’intervento del Genio Civile con il raccordo della Soprintendenza e il Parco archeologico della zona, grazie alla realizzazione di una “mantellata” di protezione dall’azione del mare, con la costruzione di un tessuto adatto a comprimere la spinta argillosa del terreno e la creazione di un costone artificiale con massi di grandi dimensioni che hanno bloccato e messo in sicurezza la falesia.
Nel 2012, Fabrizio Comisi, ritornò sulla questione: “Sono passati quasi tre anni da quando, nel settembre del 2009, con una comunicazione ufficiale al Consiglio comunale di Vittoria, informavo della condizione di avanzato degrado ed erosione della costa prospiciente la zona archeologica. Dopo un’opera di consolidamento di quel tratto di costa, avvenuta qualche anno dopo, tutto ha ripreso a tacere. Ma davvero il problema è stato risolto? Continua invece l’attività di promozione, anche mediante costose missioni internazionali, i cui fondi forse potrebbero meglio essere utilizzati per la tutela diretta e tangibile di un patrimonio culturale che i vittoriesi considerano parte della propria identità e che rischia l’oblio definitivo. Scarsa inoltre appare l’attenzione del Comune di Ragusa, competente per territorio, forse a causa della distanza dai luoghi. Ritengo, che l’Amministrazione di Vittoria debba intervenire attivamente, magari fornendo alla Soprintendenza un ufficio di rappresentanza a Scoglitti, e verificando la possibilità di annettere Camarina al nostro Comune, perché è a noi che quell’area archeologica appartiene per tradizione, cultura e contiguità storica e territoriale. È arrivata l’ora di sanare un macroscopico errore nella assegnazione dei territori provinciali che vuole l’appartenenza di un Museo e di un Parco Archeologico di levatura internazionale a un Comune lontano oltre 30km, che non se ne cura, sottraendolo a una comunità che lo vive come proprio”.
Nel mese di maggio 2022 il sindaco di Ragusa, Giuseppe Cassì, informava la cittadinanza sulla chiusura della strada che conduce da Scoglitti al Museo di Camarina: “Abbiamo dovuto chiuderla obbligatoriamente, non appena ne siamo venuti in possesso, perché da una ricognizione si è scoperto che la stradina è in pericolo per il cedimento di tutto il promontorio. È nostro auspicio ripararla ma prima va messa in sicurezza, i tempi saranno lunghi, perché bisogna intervenire con progetti qualificati che prevedano il consolidamento di tutta la zona che valuteremo con la Soprintendenza. L’intento è di renderla fruibile al pubblico come sito archeologico, culturale e viario”.
Dal mese di febbraio 2023 non esiste il collegamento diretto tra Scoglitti e il Museo a causa del crollo del ponte a seguito delle avverse condizioni meteo che hanno colpito profondamente la Sicilia orientale e da allora quella zona è stata completamente abbandonata a se stessa. Anche la Cna di Vittoria è intervenuta sulla questione evidenziando il fatto che dal crollo del ponte non sia cambiato niente: “Da allora l’unica azione sia stata svolta dalla forza erosiva del mare che ha continuato a scalzare alla base la falesia (dove insistono le mura dell’antica colonia greca) rendendo l’area ancora più instabile. E così ai turisti che verranno a Scoglitti continuerà ad essere ostacolato l’accesso all’area archeologica e al museo di Camarina penalizzando, di fatto, le attività ricettive e di ristorazione della nostra frazione marinara”.
Il 17 aprile 2023, il deputato regionale del Pd, Nello Dipasquale, presente a un sopralluogo alla foce dell’Ippari insieme all’assessore regionale alle Infrastrutture, Alessandro Aricò, aveva detto: “Ho segnalato che il progetto contro l’erosione della costa, i cui fondi sono stati assegnati diversi anni fa al Comune di Ragusa su mio impulso, è bloccato da troppo tempo e serve riprenderlo. Purtroppo il tempo perso, quasi dieci anni, non ha fatto altro che aggravare la situazione. Un intervento tempestivo avrebbe permesso, invece, di mitigare i danni. Dalla Regione, inoltre, serve l’impegno per un nuovo finanziamento mirato al ripristino del ponte che collega i due territori. L’assessore si è impegnato per una nuova riunione questo venerdì per verificare l’esistenza del finanziamento, esiste ed è fermo alla Via-Vas, sul progetto bloccato e come proseguire”.
Siamo nel mese di febbraio 2024 e da allora cosa è cambiato? Niente. La Regione siciliana, ora come allora, continua a impegnarsi in progetti e campagne di scavo in Sicilia e all’estero per inseguire grandi scoperte mentre qui c’è da fare una montagna di lavoro.