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La cenere vulcanica restaura i beni culturali

redazione

La cenere vulcanica restaura i beni culturali

martedì 29 Marzo 2022

Da rifiuti a strumenti utili al recupero del patrimonio artistico: c’è una nuova generazione di materiali green. E la Sicilia è al centro del cambiamento

La cenere vulcanica e i rifiuti industriali come materiali per il restauro dei beni culturali: l’ultima frontiera “green” in cui la Sicilia gioca un ruolo da protagonista.

“Stiamo sviluppando materiali ‘green’ di nuova generazione: i geopolimeri ad attivazione alcalina, che possono essere generati a partire da argille, ceneri vulcaniche e scarti industriali, ed essere utilizzati nel restauro dei Beni Culturali, oltre che in svariati altri ambiti applicativi. Questo con un approccio alla ricerca innovativo e interdisciplinare, che consente qualificati interventi di recupero sul patrimonio artistico”. Così Salvatore Magazù, docente ordinario di Fisica dell’Università di Messina, presentando le peculiarità di questi materiali innovativi in un workshop, tenutosi al Castello di Milazzo nei giorni scori, nell’ambito del progetto Pon ‘AGM per CuHe: Materiali verdi avanzati per i beni culturali’, nell’area di specializzazione Cultural Heritage del Programma Nazionale 2015-2020.

“Il progetto Agm for CuHe – ha spiegato Magazù – traccia un percorso che, a partire dalle risorse del territorio, attraverso lo sviluppo di materiali di nuova generazione mediante approcci interdisciplinari, mira innanzitutto a interventi di restauro del patrimonio culturale”.

I geopolimeri si producono mediante un trattamento a temperature relativamente basse e, pertanto, a basso impatto ambientale.

Queste rocce sintetiche sono caratterizzate da una composizione chimica e da una struttura mineralogica simili a quelle tipiche delle rocce naturali con, tuttavia, esaltate proprietà tecniche come la resilienza meccanica, la stabilità chimica e la longevità.

I materiali studiati – ha precisato Magazù – sono eco friendly, smart e con ottime caratteristiche tecniche, che li rendono molto performanti rispetto ai materiali convenzionali. Inoltre, riciclando ceneri vulcaniche, o scarti di altoforni, si può ridare valore a materiali considerati rifiuti. Lo sviluppo di prodotti geopolimerici consente di fornire delle valide alternative ai tradizionali materiali cementizi responsabili del consumo di grandi quantitativi di energia e acqua. Poiché si stima che entro il 2030 l’attività dell’industria cementiera aumenterà la produzione di circa il 25%, lo sviluppo di materiali come i geopolimeri riveste una sempre più crescente importanza”.

A questo riguardo, Magazù ha illustrato un’ipotesi sempre più accreditata secondo cui le rocce che compongono le grandi piramidi egizie “consisterebbero i due tipi di pietra; una proveniente da cave, l’altra generata artificialmente (il geopolimero) e grazie all’impiego delle tecniche spettroscopiche, questa discriminazione risulta oggi possibile. Questa ipotesi spiegherebbe come abbiano fatto i costruttori di piramidi a costruire blocchi di centinaia di tonnellate ricorrendo a impasti sul posto”.

Questa ipotesi spiegherebbe “perché le facciate esterne delle piramidi siano messe insieme come pezzi di un puzzle che si incastrano perfettamente. I rilievi che emergono da queste ispezioni visive, sono suffragati da evidenze sperimentali ottenute con tecniche spettroscopiche complementari che hanno rilevato la natura sintetica di questi materiali”.

“Infine, – ha continuato Magazù – aspetto non trascurabile, queste tematiche possono rilanciare alcune attività di ricerca e industriali vocazionali per il territorio determinando anche la crescita di un turismo qualificato nelle cave dell’Isola. Si tratta di siti minerari di pietra calcarea, pomice, tufo, sabbia, argilla e gesso che oggi potrebbero essere recuperati e riconvertiti al geopolimero, creando nuova occupazione e salvaguardando, al tempo stesso, l’ambiente”.

Numerosi sono stati i progetti sviluppati in passato sulle argille come “La Via dell’argilla per lo sviluppo e la produttività”, ‘Dal turismo tradizionale a un sistema turistico locale integrato’, il ‘Polo turistico Tirreno centrale’, ‘PIT 33 ‘Nebrodi’ che hanno interessato diversi comuni della provincia di Messina. Cave di argilla e antichi siti industriali, coadiuvati da laboratori al servizio delle aziende che operano sul territorio, potrebbero sostenere le aziende con attività di ricerca e sviluppo.

È il caso delle fornaci Hoffman di Venetico (Me), che possono diventare luoghi di ricerca, sviluppo e attrazione turistica; altrimenti si rischierebbe la perdita irrimediabile della storia e della memoria di questi territori”.

I pannelli fotovoltaici del futuro sono prêt-à-porter e ispirati agli origami

Arrivano i pannelli fotovoltaici prêt-à-porter. Sono ispirati agli origami e, oltre a essere belli, sono facilmente trasportabili, estendibili, e realizzati in fibra di carbonio riciclata: si possono mettere sul camper, sulla barca, e portare praticamente ovunque. Li ha progettati e prodotti la startup greentech Levante che si è aggiudicata il primo posto nella categoria ‘idee e startup da sostenere’ degli Smart Talk, il video-contest della fiera virtuale in 3D sull’ecosostenibilità Geco Expo per promuovere i progetti green più innovativi, realizzato grazie al contributo di LeVillage by Ca Triveneto. Levante ha fatto incetta anche dei premi speciali messi in palio da PoliHub e Guru Marketing, la giuria, presieduta da Antonio Rancati, coordinatore del centro studi europeo Cetri-Tires, l’ha scelta tra gli 11 progetti finalisti.

A ritirare il riconoscimento la co-fondatrice Sara Plaga che, partendo dalla sua passione per i viaggi sostenibili, ha progettato insieme al compagno un pannello fotovoltaico stile origami per consentire l’accesso all’energia ovunque: compatto e trasportabile quando è chiuso (-40% di spazio occupato), offre il massimo della potenza quando dispiegato (+70% di efficienza energetica) ed è progettato per avere il minimo impatto possibile grazie ai principi del ‘Design for Disassembly’. Il prodotto è pensato non solo per favorire la mobilità green, ma anche per rendere accessibile l’energia a zone remote dei Paesi in via di sviluppo. “Credo che come esseri umani e aziende abbiamo il dovere morale di creare un pianeta migliore- ha detto Sara – e che, come diceva Ghandi, dobbiamo essere il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo”.

Al primo posto per la categoria ‘startup già avviate e aziende’, tra i 12 finalisti, si è invece classificata Sternartica, che produce saponi,shampoo solido e cosmetici (tutti ecosostenibili), con il suo laboratorio alle porte della Provenza anche se la fondatrice, Federica Campilongo, è italianissima.Il nome dell’azienda è già un programma: la sterna artica è un uccello migratore che pesa solo 100 grammi ma, nonostante le dimensioni, in trent’anni di vita percorre più di 2,4 milioni di chilometri: l’equivalente di tre viaggi di andata e ritorno sulla Luna. ‘La sterna artica – sottolinea l’imprenditrice – ci insegna che nessuno è troppo piccolo per fare grandi cose. E ci mostra che, se vogliamo, possiamo davvero cambiare il mondo”.

Il ruolo delle Pmi, una su due pianifica la transizione green

La maggior parte delle imprese è in fase di pianificazione o realizzazione di una trasformazione digitale dei processi produttivi (60,59%). Il 43,48% sta infatti facendo convergere investimenti verso una maggiore sostenibilità ambientale, a riprova di una sensibilità verso strumenti e azioni che valorizzano le “ricchezze” dell’ambiente nel rispetto e nella tutela del territorio in cui l’azienda stessa opera. È quanto emerge da un’indagine condotta tra gli imprenditori delle industrie manifatturiere aderenti a Confapi in merito a come le loro imprese stiano affrontando le sfide dell’innovazione e trasformazione tecnologica “green”.

Vi è anche una percentuale considerevole di imprese che sta innovando il modello di business (46,38%) così come i processi di comunicazione, marketing e vendita (45,07%).

Questi cambiamenti comportano inevitabilmente una trasformazione dei modelli organizzativi e della gestione delle risorse umane per più del 50% del campione, legata anche ad un adeguamento delle competenze del personale dipendente (57,97%).

La quasi totalità delle Pmi chiede di essere guidata e supportata per affrontare le sfide della transizione. Le aziende dichiarano di aver bisogno di competenze tecniche di nuova generazione (49,28%) ma anche e soprattutto di competenze in ambito tecnologico ed esperti nella transizione ecologica e sull’economia circolare (21,74%).

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