Felice Giuffré (Csm): “Riforma Cartabia l’ha solo limitata”. La costituzionalista Ida Nicotra: "Conseguenze devastanti"
Gogna mediatica ed errori giudiziari sono temi che, come un refrain, tornano ciclicamente al centro del dibattito politico, e non solo.
Un dibattito che offre puntualmente spunti di riflessione ma che ad oggi non ha portato a soluzioni concrete.
In occasione della presentazione del volume “Non diamoci del tu, la separazione delle carriere”, autore avvocato Giuseppe Benedetto (Presidente della Fondazione Luigi Einaudi), il Quotidiano di Sicilia ha incontrato Felice Giuffrè, membro laico del Consiglio Superiore della Magistratura e Ida Nicotra, ordinario di Diritto Costituzionale presso l’Università di Catania, per approfondire il paradosso di una Giustizia che paga le conseguenze di un sistema pieno di storture che essa stessa non riesce a “correggere”.
Gogna: come evitare che un cittadino finisca nel tritacarne mediatico?
Felice Giuffrè: “Certamente uno dei profili fondamentali è quello di evitare che già l’indagine a carico di un cittadino costituisca per il medesimo una condanna. Come sappiamo, negli ultimi decenni con le conferenze stampa delle Procure il cittadino (il quale, per Costituzione, è presunto innocente sino a condanna definitiva) è stato troppo spesso esposto a veri e propri linciaggi mediatici. La sua onorabilità, quindi, era irrimediabilmente macchiata ancor prima di subire il processo. Anzi, ancora prima di essere rinviato a giudizio. Tale situazione è profondamente contraria ai principi dello stato di diritto, alla tutela della dignità della persona e anche al modello processuale accusatorio. Infatti, l’accertamento della responsabilità penale può avvenire soltanto in esito ad un dibattimento in cui, davanti a un giudice terzo ed imparziale, accusa e difesa disvelano le proprie ‘carte processuali’ al fine di stabilire la ‘verità giudiziaria’. È questa la differenza fra il sistema accusatorio e quello inquisitorio. Il modo con cui si è proceduto negli ultimi anni, con conferenze stampa che spesso costituivano una vera e propria condanna, prima del processo, sono fenomeni patologici da scongiurare (soltanto limitati con la riforma che riserva al Procuratore della Repubblica le Conferenze stampa e vieta la rivelazione del nome degli indagati). La libertà di stampa e di informazione, come tutte le libertà, devono essere bilanciate con gli altri diritti e le libertà costituzionali e, innanzitutto, con la dignità sociale della persona.Quest’ultima può subire una degradazione solo in esito ad una sentenza penale di condanna e, in particolare, a seguito di una sentenza passata in giudicato. Si deve, quindi, scongiurare qualsiasi ombra nei confronti del cittadino prima che si sia accertata la sua reale responsabilità. È quindi corretto, a mio avviso, rispettare la privacy di coloro i quali sono soltanto indagati”.
Ida Nicotra: “La parte IV della Costituzione dedicata alla Magistratura trae linfa dal fatto di essere strumentale alla parte prima. Quella cioè che garantisce i diritti, le libertà, e richiede l’adempimento dei doveri. Il rispetto della persona è al centro dell’architettura costituzionale e si specchia nel principio contenuto nell’art. 27 della Costituzione secondo cui ‘l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva’. Si tratta di un ‘valore – pilastro’ delle moderne liberaldemocrazie che, tuttavia, si scontra con una realtà ben diversa, in cui la condanna avviene di fatto già dopo l’avviso di garanzia, con il ‘mostro’ sbattuto nelle prime pagine dei giornali. Le conseguenze per l’indagato sono devastanti, umiliato pubblicamente e ricadute negative sulla sua vita privata e professionale. Magari alla fine del processo verrà assolto, ma rimarrà per sempre segnato dalle indicibili sofferenze patite a causa dell’ingiustizia subita”.
Errori giudiziari: grazie ad una sentenza della consulta del settembre 2022, lo Stato pagherà anche nel caso in cui l’errore non abbia comportato necessariamente la privazione della libertà, è una buona notizia per i cittadini e una cattiva notizia per le casse dello Stato?
Felice Giuffrè: “La sentenza in questione va nella direzione del principio di cui abbiamo già parlato. Allorquando un cittadino sia privato ingiustamente della sua libertà personale si determina una gravissima lesione di un diritto fondamentale. Ma una lesione gravissima della dignità del cittadino si ha anche quando, sebbene non sottoposto a restrizione della libertà personale, lo stesso sia esposto a giudizi mediatici sommari sulla base dei soli elementi di una indagine penale non sottoposta al vaglio di un giudice terzo. La previsione di un risarcimento, dunque, costituisce un contrappeso, un freno, ovvero il tentativo di indurre il magistrato inquirente alla massima cautela quando si incide sul cittadino e sulla sua libertà”.
Ida Nicotra: “Certamente il risarcimento in denaro costituisce un sollievo per i danni morali patiti da coloro che hanno subito un processo, anche qualora non siano stati privati della libertà personale. La sola sottoposizione ad un procedimento penale per un innocente è già una pena sproporzionata, una ferita profonda che nessun tipo di ristoro potrà in alcun modo rimarginare”.
ECCO ALCUNI ESEMPI
Truffa, peculato e abuso d’ufficio: tutti assolti dieci anni dopo
AVOLA (SR) – Tutti prosciolti perché il fatto non sussiste. Si è conclusa così l’inchiesta portata avanti dalla Procura di Siracusa e conclusasi con un nulla di fatto dieci anni dopo.
Antonino Barbagallo e altri dodici imputati tra dirigenti, funzionari e dipendenti del Comune di Avola, erano stati accusato a vario titolo di Peculato, truffa e abuso d’ufficio. Sotto la lente di ingrandimento della Procura era finita la promozione di una dipendente a capo di gabinetto dell’Ente, poi risultata legittima, ma anche il pagamento di alcune fatture per spese telefoniche e un finanziamento da diecimila euro destinato ad una squadra di calcio locale. Le indagini hanno condotto ad un vicolo cieco tant’è che lo stesso pm ha chiesto l’assoluzione.
Caso Consip, l’imprenditore Romeo assolto con formula piena
ROMA – Assolto con formula piena perché il fatto non sussiste.
Così i giudici dell’ottava sezione del Tribunale di Roma hanno scagionato l’imprenditore Alfredo Romeo dall’accusa di turbativa d’asta su una gara indetta da Consip nel 2014. Con lui, sono stati assolti con formula piena anche gli altri undici imputati. La sentenza è arrivata a gennaio di quest’anno.
Gli avvocati di Romeo, Alfredo Sorge e Giandomenico Caiazza avevano lamentato l’assenza di concreti elementi a carico del loro assistito, che era stato accusato di aver manipolato l’appalto Consip attraverso un presunto cartello creato da una cortada di società.
Assolto Sodano, ex sindaco Agrigento
La sentenza emessa dai giudici della Corte d’Appello di Palermo ha chiuso l’odissera giudiziaria di Lillo Sudano, ex esponente della Dc,ex sindaco di Agrigento ed ex senatore della Repubblica, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa per presunti “legami” con alcune famiglie mafiose agrigentine che lo avrebbero sostenuto durante la campagna elettorale, sia nazionale che regionale.
La sentenza della Corte di Appello di Palermo conferma quella di primo grado, emessa dal Tribunale di Palermo il 30 giugno 2016.
“Trent’anni di persecuzione nei confronti di una persona perbene sono finiti. Finalmente”, ha commentato l’avvocato difensore, Salvatore Pennica, del Foro di Agrigento.
Cassazione annulla sequestro da 141 mln
La Corte di Cassazione ha annullato il sequestro di 141 milioni di euro all’imprenditore trevigiano Lanfranco Cirillo, considerato vicino a Putin e noto per aver progettato la Reggia ocn anfiteatro che si affaccia sul Mar Nero e che si ritiene sia di proprietà proprio del leader russo.
Accolto il ricorso presentato dalla moglie dell’imprenditore perché, secondo la Corte Suprema, immobili, opere d’arte e contanti erano frutto di guadagni assolutamente leciti.
Il Pm Erica Battaglia aveva accusato “l’architetto di Putin” di aver sottrato al Fisco un imponibile pari a 50 milioni di euro e di aver riciclato i proventi dell’evasione. L’accusa faceva leva sulla enorme ricchezza dell’imprenditore, ritenuta sproporzionata rispetto ai redditi imponibili dichiarati.
“Non fu danno erariale”, assolto l’ex assessore regionale Croce
Avrebbe causato un danno erariale per 462.175 euro nominado Francesco Vazzana direttore generale dell’Arpa Sicilia. Invece, la scelta operata da Maurizio Croce, ex assessore regionale, era stata del tutto legittima. Lo ha stabilito la Corte dei Conti che ha rilevato l’insussistenza delle accuse che erano state mosse dalla Procura contabile che contestava la legittimità della nomina di Vazzana perché a quest’ultimo mancava il requisito dell’esperienza necessario per lo svolgimento dell’incarico. Secondo i giudici contabili la designazione “era stata adeguatamente motivata”. I fatti risalgono al 2017.