Riviste al ribasso le previsioni di crescita mondiale (+2,4%) e italiana (+0,4%)
ROMA – “L’economia globale è a rischio”: questo il messaggio lanciato ieri dall’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) che ha reso note le stime dei Pil mondiali in visione dell’emergenza sanitaria in atto causata dalla diffusione del Covid-19.
L’ente parigino ha consistemente rivisto al ribasso la crescita globale nel 2020, che adesso si dovrebbe attestare intorno al +2,4 per cento, ovvero lo 0,5 per cento in meno rispetto alle stime precedentemente ipotizzate. Il dato del 2021 è stato, invece, aumentato di 0,3 punti percentuali (+3,3%).
Questa preoccupante previsione economica è dovuta, secondo l’Ocse, alle contrazioni produttive che la Cina sta vivendo e che si stanno ripercuotendo su tutto il mondo. Questo anche a causa del ruolo di primo piano che il Paese asiatico riveste nelle catene di forniture globali e nella produzione di materie prime. “Le prospettive di crescita restano altamente incerte”, dice l’Ocse precisando che le sue stime sono basate su uno scenario di base, che considera che in Cina il peggio dell’epidemia si verifichi nel primo trimestre e che negli altri Paesi i contagi risultino limitati e contenuti.
Secondo la capo economista dell’Ocse, Laurence Boone, le Banche centrali “dovrebbero inviare subito un segnale sul fatto che sono pronte ad agire sul Coronavirus. Dovrebbero essere pronte a dare più liquidità affinché i mercati possano operare nel modo più normale possibile. Infine – ha aggiunto – se le prospettive economiche dovessero deteriorarsi ulteriormente, dovrebbero agire con misure espansive”. Tuttavia, la Boone ha anche affermato che questo “shock” non può essere affrontato solamente dalle Banche centrali, ma “spetta ai sistemi sanitari e ai Governi scendere in campo”.
Se la situazione economica mondiale è altamente instabile a causa dell’epidemia da nuovo Coronavirus, quella italiana è totalmente stagnante. Infatti, l’Ente parigino ha previsto sul bel Paese una crescita del Pil equivalente a zero nel 2020, ovvero lo 0,4 per cento in meno rispetto alle stime dell’Economic Outlook dello scorso novembre.
Una pesante tegola sulla già debole economia italiana, che nel 2019, come sostiene l’Istat, “ha segnato un marcato rallentamento”, registrando solamente un aumento dello 0,3 per cento. Infatti, nel 2019 il Pil ai prezzi di mercato è stato pari a 1.787.664 milioni di euro correnti, con un aumento dell’1,2% rispetto all’anno precedente. Dal lato della domanda interna nel 2019, inoltre, si registra una crescita dell’1,4 per cento degli investimenti fissi lordi e dello 0,2 per cento dei consumi finali nazionali. Per quel che riguarda i flussi con l’estero, le esportazioni di beni e servizi sono aumentate dell’1,2 per cento e le importazioni sono diminuite dello 0,4%. La domanda nazionale al netto delle scorte ha contribuito positivamente alla crescita del Pil per 0,4 punti percentuali. L’apporto della domanda estera netta è stato positivo per 0,5 punti, mentre la variazione delle scorte ha contribuito negativamente per 0,6 punti.
Secondo l’Istituto nazionale di statistica, nel 2019 è aumentata, rispetto all’anno precedente, anche la pressione fiscale complessiva, che si attesta al 42,4 per cento, con un’incidenza sul Pil che è pari al 47,1%. Nel 2019 le entrate totali delle Amministrazioni pubbliche sono aumentate del 2,8% rispetto all’anno precedente. L’unico dato positivo che l’economia italiana registra nel 2019, per l’Istat, è l’indebitamento netto delle Pa che, misurato in rapporto al Pil, è stato pari al -1,6 %, a fronte del -2,2 % del 2018.