Acque di depurazione in Sicilia, viaggio tra cantieri e sprechi

L’acqua sprecata della Sicilia, viaggio tra cantieri incompleti e depuratori sottoutilizzati

L’acqua sprecata della Sicilia, viaggio tra cantieri incompleti e depuratori sottoutilizzati

Hermes Carbone  |
sabato 05 Ottobre 2024

Ben 22 cantieri aperti, acque mai riutilizzate e un cambiamento culturale ancora da attuare: i tristi dati della Sicilia.

La Sicilia è la prima regione per numero di agglomerati coinvolti nello spreco delle acque di depurazione e conseguenti procedure di infrazione aperte a carico dell’Italia. Sono quattro in totale le procedure di infrazione aperte dall’Unione Europea per la mancata gestione delle acque depurate: uno spreco non più sostenibile per un’Isola che continua a morire di sete.

Acque di depurazione, i lavori e gli sprechi in Sicilia

Una problematica che si palesa anche nello stato dei 22 cantieri aperti, con interventi riguardanti queste tematiche. Soltanto 13 sono stati terminati. In questo approfondimento del Quotidiano di Sicilia viaggeremo alla scoperta degli agglomerati in questione ma anche delle opere mai terminate.

I ritardi nell’esecuzione dei lavori e il prolungarsi delle procedure di infrazione europea mettono a rischio non solo l’ambiente, ma anche la tenuta economica della Sicilia, che si trova a dover pagare per ogni giorno di mancata conformità.

Infrazioni e sanzioni

Sono quattro in totale le procedure di infrazione che l’Italia si trova a fronteggiare. Di queste, tre hanno già ricevuto una condanna da parte della Corte di Giustizia Europea. La Sicilia, con un numero elevato di agglomerati non conformi, è coinvolta in tutte le infrazioni, esponendosi a ingenti sanzioni economiche.

Le conseguenze economiche sono pesanti: le sanzioni imposte sono di tipo forfettario e giornaliero, aggravando ulteriormente il bilancio di una regione già in difficoltà.

Fatuzzo e lo stato delle acque di depurazione: “Situazione critica”

Secondo quanto riportato dal commissario straordinario per la Depurazione delle acque, Fabio Fatuzzo, la situazione è critica. “Servono nuove politiche e un cambio culturale nell’approccio all’uso dell’acqua”, afferma Fatuzzo, sottolineando l’urgenza di interventi per ridurre gli sprechi. Sono ben 8 su 9 le province coinvolte: Enna è l’unica che rientra nei parametri.

I cantieri aperti

Sul territorio siciliano sono attualmente in corso 67 interventi per la realizzazione di reti fognarie e l’adeguamento dei depuratori, distribuiti su otto province. Di questi, solo 13 interventi sono stati completati, mentre 22 sono ancora in fase di realizzazione. Tra i progetti già conclusi vi sono i depuratori di Trabia e Cefalù, oltre alle reti fognarie di Sferracavallo e via Agnetta: tutti nella provincia di Palermo.

Tra i lavori in corso di maggiore importanza risultano esserci il nuovo depuratore di Agrigento e il raddoppio di quello di Acqua dei Corsari, ancora a Palermo, quest’ultimo insieme al completamento del collettore sud orientale del capoluogo.

Tutti questi interventi, finanziati con fondi nazionali, regionali o europei come nel caso del PNRR, fanno parte di un piano di adeguamento per risolvere le procedure d’infrazione europee contro l’Italia per la gestione inefficace delle acque reflue.

Particolarmente ingenti in termini economici gli interventi che riguardano Messina, con lavori per migliorare la rete fognaria, e altri già in corso per l’ammodernamento di oltre 150km di condotte del centro cittadino per un piano investimenti da oltre 20 milioni di euro provenienti dal PNRR. A questi si aggiungono interventi già completati sotto l’aspetto idrico per la condotta che da Fiumefreddo porta l’acqua in città. C’è tanto da fare per recuperare il terreno perduto. Per questa ragione AMAM continua a lavorare con non poche difficoltà, come quelle emerse durante la gestione dell’emergenza estiva e che proprio negli ultimi giorni ha portato alle dimissioni del direttore generale, Pierfrancesco Donato. Anche a Siracusa e Catania sono in corso lavori per l’ammodernamento di depuratori e reti fognarie.

Tutti temi affrontati nel corso dell’ultimo G7 Agricoltura che si è tenuto a Siracusa. Al suo interno, un importante workshop dal titolo “Acqua e Agricoltura: Come Affrontare i Cambiamenti Climatici”, evento che ha visto la partecipazione di esperti del settore, istituzioni e rappresentanti della ricerca scientifica.

Tra i protagonisti, anche Fabio Fatuzzo, Commissario Straordinario Unico per la Depurazione in Sicilia e a capo di Sidra, che si occupa della gestione del Servizio Idrico Integrato tra Catania e alcuni Comuni della provincia.

Nel workshop, organizzato da Sogesid S.p.A. in collaborazione con il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, si è parlato anche delle mosse da attuare in direzione di una gestione sostenibile delle risorse idriche in Italia. Tra questi aspetti, c’è quello delle acque depurate di cui proprio Fatuzzo aveva parlato lo scorso giugno ai microfoni del Quotidiano di Sicilia.

Lo spreco delle acque ripulite

Lo spreco delle acque depurate non è un aspetto secondario in uno scenario di siccità destinata a permanere nel corso degli anni e che sta spingendo la Regione a valutare l’ipotesi di nuovi saggi per pozzi che possano convogliare nuove risorse a disposizione dell’Isola. Gli attuali impianti di depurazione, pur essendo in grado di trattare grandi volumi di acque reflue, spesso non riescono a riutilizzarle per altri scopi.

Quelle acque potrebbero essere infatti reimpiegate a scopo irriguo o per il lavaggio dei mezzi di trasporto. Questo rappresenta un vero paradosso in una regione che soffre di cronica scarsità d’acqua.

Ogni anno, milioni di metri cubi di acqua ripulita finiscono in mare invece di essere reintegrati nel ciclo produttivo o domestico: un lusso che la Sicilia, inserita in zona critica al pari di regioni del Nordafrica per la scarsità d’acqua, non può più permettersi.

In questo contesto, la proposta avanzata dal commissario Fatuzzo di creare infrastrutture che consentano il riutilizzo dell’acqua non potabile all’interno delle abitazioni (ad esempio per gli sciacquoni dei bagni) appare una soluzione urgente e necessaria. Il presidente di Sidra ha spiegato come “non possiamo più permetterci di sprecare acque ripulite”.

Un fallimento strutturale

Ma perché la Sicilia si trova in una situazione così difficile? Una parte della responsabilità va ricercata nella cronica lentezza della burocrazia e nei ritardi nell’attuazione dei piani di adeguamento infrastrutturale. Si pensi in tal senso allo stato in cui versano gli invasi e le dighe dell’Isola, con una capacità fruibile ben al di sotto di quella per le quali erano state progettate. Un argomento che abbiamo affrontato nell’inchiesta sulle condizioni delle dighe pubblicata lo scorso settembre.

Alcuni cantieri aperti da anni rimangono fermi per mancanza di fondi o problemi tecnici: un aspetto che le accomuna a tutte le principali incompiute della Sicilia. Inoltre, la scarsa capacità di programmazione e la mancanza di coordinamento tra gli enti locali e nazionali ha rallentato ulteriormente il processo di messa a norma delle infrastrutture idriche, come confermato indirettamente dall’attuale responsabile pro tempore delle dighe della Regione, Marco Bonvissuto.

Il problema non è però solo infrastrutturale. È necessario anche un cambiamento culturale nel modo di gestire e utilizzare l’acqua: problema annoso e complesso per la Sicilia. La scarsità idrica che affligge questa terra non può più essere fronteggiata con le stesse strategie del passato: nuove tecnologie e politiche più attente al riuso e alla conservazione delle risorse idriche devono diventare una priorità assoluta.

Con la siccità che minaccia sempre più frequentemente la regione, la gestione dell’acqua diventa un tema centrale per il futuro della Sicilia e la sopravvivenza delle aree centrali e per limitare la fuga demografica. L’agricoltura, il turismo e lo stesso approvvigionamento idrico delle città dipendono da una gestione efficiente e sostenibile delle risorse.

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Immagine di repertorio

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