Il tatuaggio resta proibito agli ebrei
Ci sono associazioni di idee per le quali il risultato a cui si perviene è assolutamente scontato e prevedibile.
Nel caso di accostamento tra le parole: ebreo e tatuaggio, il sostantivo che consegue, inesorabilmente, è campo di sterminio, perché è impresso nella coscienza comune il ricordo che la privazione del nome era, nei lager, il primo atto per la demolizione della personalità dell’internato, semplice ed efficace operazione per la distruzione del costretto era la perdita della identità e della storia individuale che il nome di ciascuno contiene qualsiasi appellativo riferibile alla persona veniva sostituito da un numero tatuato sull’avambraccio.
Con questa semplice operazione l’uomo che aveva varcato la soglia del lager era già divenuto un pezzo, i cui caratteri distintivi erano scomparsi, con l’ evaporare di quanto vi era di umano e di creatura amabile, fatta ad immagine di Dio.
Ora come un pezzo di legno, un pezzo di metallo o un pezzo di stoffa o di una qualsiasi altra cosa, aveva perso la sacralità dell’umano, non più soggetto con una propria dignità, era divenuto, nelle volontà dei suoi carnefici, oggetto e come tale esaurita la sua utilità, diveniva privo di valore ed anzi un ingombro che poteva essere buttato in un forno ad ardere e così scomparire dalla contabilità in cui i suoi aguzzini lo avevano accuratamente registrato, prendendolo in carico all’arrivo nel campo.
Queste semplici considerazioni sarebbero già sufficienti per rendere i tatuaggi qualcosa di inaccoglibile sul corpo di un ebreo. In realtà ciò non avviene perché molti sono gli ebrei che si fanno tatuare ogni sorta di immagine, per le più svariate ragioni ed alcune volte anche per sottolineare la loro ebraicità, ma neanche le motivazioni di carattere identitario o religioso giustificano il tatuaggio, che resta proibito agli ebrei.
La ragione di questa proibizione sono rintracciabili nella Torah (Levitico,19:28) dove è detto: “E non fate nessun taglio nel vostro corpo per un morto, e non fate su di voi tatuaggi. Io sono il Signore”. Queste parole sembrano voler ricordare che Dio è il creatore e la sua creatura non può essere deturpata da segni più o meno decorativi la cui aggiunta arreca disarmonia al corpo dell’uomo che già parla un linguaggio universale con il suo semplice apparire.
Viene sottolineato che il corpo è un dono della Trascendenza di cui bisogna aver cura e qualsiasi alterazione volontaria non può essere tollerata. Il segno sul corpo dell’uomo equivale ad un cambiamento non previsto e per essere tollerato deve avere fortissime motivazioni .
A Caino, dopo l’uccisione del fratello venne apposto, da Dio, un segno, ma era finalizzato a salvargli la vita, mettendolo a riparo da facili vendette. “ Il Signore stesso pose un segno a Caino affinché chiunque l’incontrasse non lo uccidesse” (Genesi: 4,15). Qui il segno sul corpo diventa garanzia di protezione divina, giacché il sangue versato in un assassinio è una voce che reclama giustizia, una forza che deve essere placata.
Presso i pagani i segni sul corpo erano esternazione di spiritualità, per cui gli ebrei che da costoro vogliono distinguersi hanno una ragione in più per astenersi dalla pratica dei tatuaggi . Gli ebrei, invece sono chiamati a modificare il loro corpo soltanto con la circoncisione, pratica in cui vive imperituro il patto indelebile tra l’uomo e Dio (Genesi: 17: 10-11).