Il temadei migranti in secondo piano nelle agende dei partiti, ma è proprio in sede Ue che occorre trovare soluzioni
ROMA – I programmi ufficiali delle elezioni europee 2024 tardano ad arrivare, “oscurati” dalle questioni nazionali e dai nomi dai candidati, e in quelli che ci sono già non sembrano esserci grosse novità sul fronte migranti. Focus sulla sicurezza e sulla lotta alla clandestinità a destra, parola chiave “diritti” a sinistra. Niente di nuovo sotto il sole, verrebbe da dire, ma l’estate è vicina e con essa un potenziale aumento degli arrivi via mare e, con il nuovo Patto Ue su migrazione e asilo recentemente approvato (con il benestare solo parziale della maggioranza italiana), ci si aspetta comunque un dibattito acceso sul tema. Specialmente in Italia, che tra uno stravolgimento politico e l’altro ha attraversato recentemente notevoli cambiamenti sul fronte della gestione dei migranti.
Centri in Albania, tema “caldo” pre-elezioni
Di fatto, al momento l’attenzione nazionale è rivolta quasi interamente all’apertura dei centri per migranti in Albania. Le due strutture – a Shengjin e a Gjader – dovrebbero svolgere le funzioni di prima accoglienza (la prima) e di hotspot e Cpr (Centro di permanenza e rimpatrio) la seconda. La data di apertura prevista era per il 20 maggio, ma probabilmente – per ammissione dello stesso ministro degli Esteri Antonio Tajani – “ci vorrà qualche settimana in più”. Un possibile ritardo che ha fatto presto a diventare tema di dibattito.
L’ex vice ministro dell’Interno Matteo Muri (Pd) non ha usato mezzi termini parlando di una politica sull’immigrazione – quella del Governo Meloni – che “vive di propaganda e pugno duro contro i deboli e le Ong”. E sui centri in Albania, potenziale punto di forza dei partiti di Governo, l’esponente Dem commenta: “Dovevano aprire ‘non oltre’ il 20 maggio, per permettere ovviamente qualche passerella governativa prima del voto europeo. Ma in realtà nessuno ormai sa quando saranno operativi. Parliamo di oltre 650 milioni di inutile spesa a carico dei contribuenti italiani e di un buco nero per i diritti nella gestione dei migranti”.
In più, i dubbi delle opposizioni riguardano anche le gare per la gestione e i lavori per i nuovi centri. Avs (Alleanza verdi sinistra) ha manifestato l’intenzione di presentare un’interrogazione sull’assegnazione di un contratto da oltre 130 milioni di euro in quattro anni “senza gara pubblica, senza un’adeguata valutazione delle alternative e senza considerare il rischio per i diritti umani”. Ad attirare l’attenzione, oltre all’assenza della gara, è anche la società aggiudicataria: Medihospes, in passato al centro di vicende controverse.
Il Governo Meloni, nonostante tutto, procede spedito e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha già annunciato un piano complessivo per la realizzazione di nuovi Cpr, con le prime individuazioni previste già prima dell’estate.
Elezioni europee, chi parla di migranti?
Come accennato, diversi programmi ufficiali per le Europee mancano ancora all’appello, ma si può già tracciare un quadro dei progetti dei principali partiti. Forza Italia, alla prima competizione elettorale importante dalla scomparsa del leader Silvio Berlusconi, non intende rimanere indietro e ha già reso noto un dettagliato programma in vista della chiamata alle urne dell’8 e del 9 giugno. Un piano in dieci punti, uno dei quali mirato a “controllare l’immigrazione”. La parola chiave è “coniugare umanità, ordine e sicurezza”, attraverso tre azioni fondamentali: condivisione delle responsabilità per la costruzione di frontiere sicure, accordi bilaterali con i Paesi di transito e l’elaborazione di un “Piano Marshall” per l’Africa.
Moderato ma intenzionato a chiedere una risposta unica dell’Europa sulle migrazioni è il partito “Libertà” rappresentato da Cateno De Luca, che nel programma specifica: “L’Italia non può più essere abbandonata dall’Europa nella gestione dei flussi migratori incontrollati”.
Il centrodestra alla ricerca di “equilibrio” sul fronte dei migranti è rappresentato da Alternativa popolare, che per le Europee 2024 prevede un programma che garantisca la totale “rivoluzione” dei regolamenti comunitari e che miri a tutelare i Paesi di primo approdo.
Prospettiva diversa nel programma di Pace, Terra e Dignità, guidata dal giornalista Michele Santoro, che intende superare la “logica militare” nella gestione delle migrazioni e “pagare i debiti” nei confronti dei Paesi in via di sviluppo con investimenti e la creazione di una “rete ordinata di assistenza, di formazione, di collaborazione lavorativa e di studio” per affrontare le cause profonde all’origine delle migrazioni.
Scelgono la via della “Missione europea” per la migrazione sicura e umana, del “no” alle cosiddette politiche di esternalizzazione delle frontiere e dello stop alla “criminalizzazione” dell’assistenza umanitaria nel Mediterraneo i Verdi e il Partito socialista europeo. Appaiono nel programma della sinistra anche l’attenzione ai rimpatri (ma con metodi legali e umani) e i partenariati “responsabili e trasparenti” con i Paesi di transito e di partenza dei migranti. E, su quest’ultimo punto, rimane forte il “no” delle opposizioni agli accordi – “vanto” del centrodestra al Governo – stipulati con Paesi dubbi sul fronte del rispetto dei diritti umani (con probabile riferimento a Egitto, Tunisia e Libia).
Da “Più Italia” a “Europa solidale”
Lo scontro per eccellenza sul tema migranti, e non certo solo in occasione delle Europee 2024, è quello tra Lega e Pd. Destra e sinistra a confronto, una linea più spiccatamente nazionalista da una parte e una più dichiaratamente europeista dall’altra. Uno degli slogan del partito del vice premier Matteo Salvini parla chiaro: “Più Italia, meno Europa”. Ed è altrettanto chiara la volontà di continuare col “pugno duro” contro le Ong, vista la recente volontà di bloccare non solo le navi ma anche gli aerei che avvistano migranti. Un’azione vista anche come un “avvertimento” in piena campagna elettorale e che non fanno presagire novità sul programma leghista per la gestione del fenomeno.
Del primo partito del Paese, Fratelli d’Italia, si conosce la linea tracciata dalla premier Giorgia Meloni: patti di cooperazione con i Paesi di partenza, Piano Mattei a sostegno dell’Africa e l’intensificazione della lotta ai trafficanti di esseri umani (mission ribadita durante il recente viaggio in Libia).
Sul fronte opposto, il Pd risponde con lo spot “L’Europa che vogliamo: sociale, democratica, sostenibile”. Il sito ufficiale del partito, che riporta i punti salienti del programma democratico in Europa, riporta anche lo slogan: “Il mare, non un cimitero. L’Europa che vogliamo è solidale”. In materia di politiche migratorie, “la campagna del Pd si impegna a lottare per la solidarietà europea e contro le politiche che considera pericolose per i richiedenti asilo”. Elly Schlein, infatti, ha ribadito il “No” alla cooperazione con la Guardia costiera libica e il “sì” alla legge di cittadinanza per gli aventi diritto.
La “terza via” del M5s
Se una via di mezzo sulla gestione del fenomeno migratorio a livello europeo c’è, per gli esperti potrebbe essere quella che è stata ribattezzata “la terza via” del Movimento 5 stelle. Nel programma ufficiale per le Europee 2024, i pentastellati propongono una via di mezzo tra il collasso degli hotspot e la demonizzazione dell’accoglienza umanitaria a tutela della sicurezza nazionale. La proposta è quella di istituire in Paesi terzi sicuri delle “task force di esperti composte da delegazione dell’Ue, l’agenzia Easo, organizzazioni internazionali quali l’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr) o l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Iom) con l’obiettivo di esaminare preliminarmente la domanda presentata da un migrante volta al riconoscimento dello status di rifugiato, per poi permettergli di raggiungere un Paese dell’UE in maniera legale e sicura, rispettando una distribuzione quote e tenendo conto di requisiti prestabiliti”.
Tali task force sarebbero l’alternativa agli hotspot “galere” e ai “business” dei trafficanti di migranti, che spesso operano con la complicità della criminalità organizzata internazionale e mandano al collasso sia i soccorritori sia le autorità statali. In poche parole il progetto è quello di garantire vie legali di accesso all’Ue, ma anche supportare forme di cooperazione internazionale volte a creare un’Europa solidale e inclusiva. E a proposito di inclusione, il M5s – nel suo programma per le elezioni europee – propone l’adozione di uno Ius Scholae, un modello che permetta ai migranti di acquisire la cittadinanza del Paese ospitante a seguito del compimento di un ciclo di studi. Infine, l’attenzione del partito è rivolta anche al mondo del lavoro, con l’obiettivo di migliorare il coordinamento dei Paesi Ue sull’adozione della Carta Blu al fine di attrarre professionalità capaci di sopperire alla carenza di manodopera in numerosi settori produttivi.
Problemi e soluzioni, l’approccio di Azione
Il programma per le Europee di Azione mantiene alta l’attenzione sul tema migranti. Per il partito, il problema è la “mancanza di una risposta unitaria da parte dell’Unione Europea” sulla gestione del fenomeno, che alimenta le diseguaglianze tra i Paesi membri, con notevole difficoltà per il Mediterraneo centrale e orientale.
L’analisi nel programma del partito parte dalle criticità riscontrate, quelle che stanno sotto gli occhi di tutti: difficoltà nei ricollocamenti, leggi che non funzionano, la monetizzazione della solidarietà verso i migranti (con impatto negativo soprattutto sull’Italia), la mancanza di politiche di integrazione “coerenti e adeguatamente finanziate” per contrastare il disagio sociale che spesso colpisce i migranti e li avvina alla criminalità o allo sfruttamento lavorativo. E a ciascuna di queste criticità sul fronte della gestione dei migranti a livello europeo, Azione propone delle soluzioni: in primis rendere l’immigrazione una competenza europea, poi aggiungere adeguati meccanismi di ricollocamento e integrazione da una parte e strumenti che favoriscano l’immigrazione legale dall’altra.
Anche Azione ricerca la cooperazione con i Paesi d’origine dei migranti (in particolare con l’Africa) ma, di fronte a un Piano Mattei nazionale giudicato “ancora vago” e a un Migration compact europeo mai applicato dal 2016, chiede programmi strutturati con “un impegno finanziario significativo e a lungo termine” e “il coinvolgimento attivo di Governi africani” nei progetti sui temi dello sviluppo socioeconomico, della pace e della sicurezza, della gestione dei cambiamenti climatici (causa non indifferente di migrazione) e sulle vie legali di migrazione.
C’è poi uno spazio – nel programma elettorale – anche per menzionare il problema più reale e urgente: le morti in mare. Secondo il Missing migrants project dell’Oim (Organizzazione internazionale per le Migrazioni), solo nel 2024 sono morte/scomparse 737 persone nel Mediterraneo (oltre 550 solo in quello centrale). È chiaro, quindi, che serve agire e per Azione la soluzione sta nella progettazione di una nuova “Missione Sophia”, improntata alla sicurezza marittima e ai soccorsi in mare con l’utilizzo di mezzi di Frontex per contrastare i trafficanti di esseri umani e stimolare la cooperazione con le autorità (soprattutto la Guardia costiera) e le organizzazioni umanitarie.
Il nodo del nuovo Patto Ue
Tra le ultime novità in termini di migrazioni c’è il via libera dal Parlamento europeo al nuovo Patto Ue su migrazione e asilo. Si può riassumere in questi quattro punti: esame più rapido delle domande di asilo e rimpatri più efficaci; nuove norme per velocizzare e migliorare l’identificazione e i controlli sanitari e di sicurezza obbligatori per migranti; tre possibilità per i Paesi Ue: accogliere i richiedenti asilo, stanziare contributi finanziari o fornire sostegno operativo per la gestione dei migranti; nuovo programma volontario per il reinsediamento dei rifugiati da Paesi terzi per garantire un accesso legale e sicuro in Europa.
Ci vorrà del tempo: l’applicazione delle norme è prevista dopo due anni dall’entrata in vigore della legge in seguito alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale Ue. L’accordo, però, ha già creato i primi dibattiti tra i principali gruppi europei. E ha anche provocato una “mini-frattura” nella maggioranza italiana e anche nei partiti di sinistra: il Patto, infatti, ha avuto l’ok da FdI e FI, ma il no della Lega (tranne per i punti più incentrati sulla sicurezza e i rimpatri); dal fronte opposto, Pd e M5s hanno votato contro ritenendolo dannoso per l’Italia e per il rispetto dei diritti umani, ma la scelta ha generato non pochi malumori tra i Socialisti e la sinistra europea.
Mentre si attende l’esito delle ultime scelte europee e l’orientamento della nuova composizione delle istituzioni Ue, l’ultimo World migration report avverte: il Mediterraneo continua a essere una delle rotte più pericolose, con più di 20 mila scomparsi o morti in mare tra il 2012 e il 2022, e – dati i risultati recenti – evidentemente sfruttare la retorica anti-migranti a fini politici non aiuta a risolvere il problema né a ridurre le irregolarità e le traversate illecite che non trovano ancora una risposta univoca dalle autorità europee e internazionali.