Eurostat, quanto “vale” il nostro stipendio, ce lo dice il rapporto salario medio-costo vita - QdS

Eurostat, quanto “vale” il nostro stipendio, ce lo dice il rapporto salario medio-costo vita

Eurostat, quanto “vale” il nostro stipendio, ce lo dice il rapporto salario medio-costo vita

mercoledì 04 Ottobre 2023

9 euro l’ora sono pochi o è una cifra congrua? Dibattito su retribuzione dignitosa prosegue ma rischia di diventare inutile se rimane slegato dall’indice dei prezzi della spesa finale delle famiglie

In Polonia e Romania il salario medio annuale è pari rispettivamente a 14.431 euro e 13.000 euro annui e il salario minimo è fissato in 3,80 e 3,10 euro l’ora, eppure con un indice dei prezzi per la spesa di circa il 40% più basso della media europea si ha un potere d’acquisto maggiore che in altri Paesi in cui c’è un salario medio annuale più alto.

I dati Eurostat, appena menzionati, ci ricordano quanto sia necessario che il dibattito sull’introduzione del salario minimo orario in Italia non sia scollegato sul “costo della vita”. Nel nostro Paese, infatti, il salario medio sale a quasi 30.000 euro annui ma il citato indice è quasi perfettamente in linea con la media europea portando dunque il cittadino a spendere molto di più in affitti, trasporti, cibo di quanto non si faccia in Polonia e Romania.

Questi si trovano infatti ad appena 4 e 6 lunghezze dall’Italia nella classifica dei Paesi Ue che viene fuori facendo un rapporto tra salario e prezzi. Il nostro Paese e la Spagna, tra i big dell’Ue, sono quelli che soffrono di più, rispettivamente in tredicesima e quattordicesima posizione superati anche da Malta e Slovenia dove, ad esempio, il salario minimo è 4,50 euro e 6,20 euro. I grandi Paesi europei nel 2021 navigavano dall’ottava posizione in su con salari minimi fissati dai 9,80 euro della Germania ai 13 euro del Lussemburgo. I Paesi che non prevedono il salario minimo orario per legge stanno tutti nella top10 di questa classifica: Austria, Danimarca, Svezia, Finlandia. Proprio l’Italia fa eccezione.

Il dibattito sull’introduzione del salario minimo orario in Italia prosegue e la proposta delle opposizioni si attesta sui 9 euro l’ora. Tale cifra ci posizionerebbe comunque in coda ai grandi Paesi europei: Lussemburgo (13), Paesi Bassi e Francia (10,60), Germania (9,8). A fare eccezione ancora la Spagna con 6 euro l’ora e le difficoltà citate in testa all’articolo. Sorgono, dunque, alcuni interrogativi: 9 euro l’ora sono una cifra congrua ad affrontare i prezzi del mercato italiano? Come tenere conto delle differenze regionali di prezzo esistenti ad esempio tra Milano e Palermo e dell’inflazione? Fissare un salario minimo orario può scatenare una corsa al ribasso e un livellamento all’interno delle aziende per ottemperare agli obblighi di legge?

Proviamo a dare una chiave di lettura e qualche risposta. I relatori della direttiva Ue sul salario minimo, approvata a ottobre 2022, ritengono che il salario minimo dovrebbe valere intorno al 60% del reddito mediano.

Il salario mediano dei dipendenti in Italia era di circa 12,86 euro lordi l’ora nel 2021

Secondo il rapporto annuale Inps il salario mediano dei dipendenti in Italia era di circa 12,86 euro lordi l’ora nel 2021. Il 60% di questa cifra è 7,70 euro lordi l’ora. Nove euro sono dunque una cifra congrua e superiore al calcolo standard? I grandi Paesi europei nel 2021 avevano salari minimi orari fissati dai 9,80 euro in su ma hanno un indice dei prezzi più alto quindi il valore potrebbe essere ritenuto congruo ma si scontrerebbe con differenze regionali marcate; si pensi al costo della vita nelle grandi città del Nord del Paese e alla vita nella provincia del Sud.

C’è poi il capitolo adeguamento della soglia del salario minimo che andrebbe aggiornata periodicamente per adeguarla all’inflazione, ma le aziende, a loro volta, potrebbero finire per aumentare i prezzi al fine di mantenere i propri margini di profitto e i salari. Si pensi che la soglia in Germania rispetto ai 9,80 euro segnalati da Eurostat nel 2021 salirà a 12,41 euro nel 2024! Rispetto alla Germania in Italia avremmo quindi una soglia di ben 3,41 euro più bassa! Il caso tedesco è di grande interesse a 360 gradi. Prima dell’introduzione del salario minimo, nel 2014, l’11,3% dei lavoratori (quasi 4 milioni) erano pagati meno di 8,50 euro l’ora. Nell’aprile 2015, quattro mesi dopo l’introduzione del salario minimo nazionale, il numero di lavoratori sotto 8,50 euro l’ora di salario era sceso a 1,4 milioni.

“La misura – si legge nel report realizzato dall’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche – ha ridotto notevolmente la disuguaglianza nei livelli salariali, aumentando il salario dei lavoratori meno retribuiti”. Il proseguo però non è altrettanto roseo: “Nonostante l’introduzione del salario minimo nazionale, tuttavia, la quota di lavori poco retribuiti è rimasta praticamente invariata e pari al 23%”. I livelli di occupazione si sono mantenuti ma è stata rilevata “una diminuzione marcata del numero medio di ore lavorate in una settimana (-21%) tra i lavoratori sotto la soglia; un aumento superiore alla media dei prezzi dei prodotti nei settori maggiormente interessati dalla misura e, negli stessi settori, una diminuzione del turnover. Il 6,1% delle aziende interessate dalla misura ha ridotto, infine, i benefici monetari aggiuntivi al salario”.

Tale panorama potrebbe replicarsi in Italia in caso di approvazione in Parlamento della norma sul salario minimo ed è bene tenerne conto, operare correttivi, per evitare che la cura si riveli più dannosa della malattia stessa.

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