Busia: "L’ampiezza del fenomeno è un campanello d’allarme" - QdS

Busia: “L’ampiezza del fenomeno è un campanello d’allarme”

Busia: “L’ampiezza del fenomeno è un campanello d’allarme”

Roberto Greco  |
mercoledì 17 Gennaio 2024

Intervista al presidente dell’Anac, Giuseppe Busìa. “Gli affidamenti diretti limitano la controllabilità delle scelte pubbliche e riducono la concorrenza”

Interviene al QdS Giuseppe Busìa, presidente dell’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione.

È evidente come il rapporto tra l’interdittiva antimafia e il Codice dei contratti pubblici tenda alla realizzazione del principio di legalità e di trasparenza, evitando l’infiltrazione da parte della criminalità organizzata. Ma l’affidamento diretto può scavalcare gli ostacoli?
“Gli affidamenti diretti limitano la controllabilità delle scelte pubbliche, riducono la concorrenza e quindi la possibilità di selezionare le imprese migliori, quelle capaci di offrire servizi migliori a prezzi inferiori. Inoltre, anche in ragione di tale minore controllabilità, accrescono il rischio di corruzione e infiltrazioni criminali. Rischi di opacità si registrano anche nei subappalti a cascata: questi, salvi casi nei quali sono richiesti interventi specialistici che li giustificano, sono di fatto un fallimento delle strategie di gara e, nel migliore dei casi, producono inefficienze. Via via che si scende nella catena dei subappalti, diminuiscono la qualità e le risorse, perché chi sta in alto trattiene qualcosa per sé anche se non svolge alcuna attività. E tutto questo si scarica sui lavoratori, che vedono ridursi la retribuzione, o sugli stessi subappaltatori onesti, che debbono lavorare con margini minori di quelli che avrebbero avuto se fossero stati affidatari, o, infine, sulla qualità di beni, servizi o opere, che debbono essere realizzate risparmiando sui diversi fattori, a danno dell’amministrazione e dei cittadini”.

Quanto sono importanti i controlli?
“Di fronte ai grandi investimenti legati al Pnrr e alle procedure accelerate a essi legate, i rischi di infiltrazioni criminali sono maggiori. I controlli antimafia assumono quindi un ruolo centrale. Tutte le istituzioni devono cooperare per evitare che tali risorse, tanto preziose per il futuro del nostro Paese, finiscano nelle mani delle mafie. Al di là dei guasti prodotti concretamente con riferimento al singolo appalto, avremmo un danno ancora più ingente, riguardante l’intero Paese e la sua reputazione europea e internazionale. Anche per i controlli antimafia sarà importante la progressiva implementazione della Banca dati nazionale dei contratti pubblici, costituita presso Anac e del relativo Fascicolo virtuale dell’operatore economico. Grazie al fatto che la stessa dovrà essere alimentata in tempo reale dalle piattaforme elettroniche delle singole stazioni appaltanti, si potrà verificare quali imprese concretamente partecipano alle gare, individuando incroci e possibili collusioni, utilissimi anche a fini di indagine. Purtroppo, nonostante i numerosi solleciti fatti da parte nostra, nel Codice dei contratti pubblici manca ancora un rinvio esplicito alla necessità di dichiarare il titolare effettivo delle imprese che partecipano alle gare, coerentemente con quanto prevede la normativa antiriciclaggio: il contraente pubblico dovrebbe invece sempre sapere con chi stipula un contratto, al di là degli schermi societari. Tale informazione, che dovrebbe essere inserita nel fascicolo virtuale dell’operatore economico creato da Anac, sarebbe invece preziosissima anche per fare emergere dichiarazioni non veritiere o coincidenze sospette”.

La clausola di esclusione obbligatoria riguardante la categoria di appalti Pnrr è stata ottemperata?
“Quando un’impresa viene raggiunta da una interdittiva antimafia, non può proseguire nel contratto pubblico. In altri casi, anche quanto l’interdittiva è stata emessa, le prefetture chiedono ad Anac di verificare se effettivamente il contratto riguarda l’erogazione di un servizio essenziale: in caso di risposta positiva, infatti, la Prefettura può disporre il commissariamento dell’impresa, in modo che il contratto prosegua a vantaggio della collettività, ma sotto la gestione non più dei vecchi imprenditori, ma di amministratori nominati pubblico: i commissari prefettizi. La giurisprudenza più recente, anche di carattere costituzionale, ha in parte limitato l’applicabilità di tale istituto, in particolare per quanto attiene al congelamento degli utili, che vengono momentaneamente congelati, e che adesso si è disposto tornino in misura sostanzialmente integrale all’impresa, a meno che non siano oggetto di un diverso provvedimento giurisdizionale. Inoltre, al fine di accelerare le procedure di affidamento dei contratti pubblici, si è disposto che, nell’attesa delle verifiche antimafia, si possa procedere, salvo poi risolvere il contratto se risultano collusioni con la criminalità organizzata. È chiaro che, se i tempi delle verifiche antimafia continuano ad essere troppo lunghi, i rischi aumentano”.

Il fatto che siano state emesse più interdittive è sinonimo che il sistema ha cominciato a funzionare?
“Il numero tanto elevato dimostra certamente lo sforzo che le prefetture stanno facendo per fare fronte al fenomeno. Tuttavia, rappresenta anche un campanello di allarme in ragione dell’ampiezza del fenomeno. Ancora una volta, la progressiva digitalizzazione degli appalti, può aiutare a raccogliere in tempo reale elementi utili ad una valutazione complessiva e quindi a rendere più tempestive le verifiche antimafia. Purtroppo le prefetture, come tante amministrazioni, devono fare fronte a profonde carenze di organico, che solo in parte possono essere colmate con gli sforzi e la grandissima professionalità che da sempre caratterizza il personale che vi lavora. Per tutta questa attività, come pure per i commissariamenti legati ai fenomeni corruttivi, la collaborazione fra Anac e le prefetture è da sempre ottima e ha dato prova di riuscire a tenere insieme le esigenze di giustizia e tutela dell’ordine pubblico con quelle legate alla necessità di non interrompere importanti contratti necessari alle amministrazioni per fornire servizi o completare opere pubbliche”.

Tag:

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017