Il non dimenticato umorista Marcello Marchesi era noto negli anni Sessanta per le sue battute fulminanti. Per esempio: “Il successo fa scandalo, lo scandalo fa successo”.
In otto parole ha anticipato di oltre mezzo secolo quella che è divenuta una costante della comunicazione, secondo cui più importante delle notizie e delle informazioni che si vogliono dare al pubblico è la loro enfatizzazione, che troppo spesso rasenta il catastrofismo.
Per cui, anche le notizie più banali, diremmo più umili, devono diventare “importanti”. Tutti i comunicatori e gli informatori, fra cui i giornalisti, fanno a gara a chi la spara più grossa, partendo da una notizia ordinaria e arrivando a una notizia eclatante.
Che questo procedimento “scostumato” venga usato da gente comune si può tollerare, seppure a denti stretti. Non si può, però, tollerare quando viene adoperato da cittadini/e che sono iscritti/e all’Albo dei giornalisti, ai sensi della legge 69/1963.
È a pochi noto che coloro che sono iscritti nell’Albo citato hanno l’obbligo etico di leggere, imparare a memoria e osservare in ogni momento il Codice etico e il Testo unico dei doveri del giornalista, aggiornato nel gennaio del 2019, secondo cui nessuno degli addetti ai lavori può comunicare fatti e circostanze se preliminarmente non ha controllato fonti diverse, affinché l’informazione risulti bilanciata e perciò obiettiva e completa.
Dobbiamo, invece, rilevare con rammarico come si stia formando sempre più una sorta di informazione omologata, non controllata né bilanciata e perciò non obiettiva e completa.
Si assiste inoltre a una sorta di guazzabuglio tra giornalisti e artisti, molti fra questi noti, come Vespa e Fazio, i quali statuiscono contratti come artisti e non come giornalisti, quindi con compensi cospicuamente superiori.
L’informazione, tutelata dall’articolo 21 della Costituzione, “guida” l’opinione pubblica perché non tutti i percettori della stessa sono in condizione di distinguere il vero dal falso. Tale condizione è conseguente dall’accumulo di letture e di conoscenze che rendono la mente in condizione di discernere la verità dalla bugia. Ma questo discernimento purtroppo non è comune.
Soffre di questo comportamento negativo soprattutto l’informazione politica, in cui operano i mezzi più importanti radio-televisivi e alcuni quotidiani nazionali, che fanno fatica a mantenere un punto di equilibrio e quindi di obiettività.
Alcuni di questi quotidiani hanno il direttore intransigente. Un’altra battuta fulminante del già citato Marcello Marchesi relativa all’intransigente recita: “Sbagliando si spara”.
L’ironia svela la verità più degli argomenti seriosi, per cui bisogna essere sempre disponibili a “frequentarla”, accettarla e proporla.
Perché il successo fa scandalo? Perché è lo scandalo che fa successo, prima si scriveva. Conseguentemente, chi cerca la notorietà a tutti i costi, porta alla luce comportamenti che destano scandalo, stupore o sorpresa. Insomma, un comportamento che abbagli e quindi consenta a chi lo esercita di essere sempre in condizione di vantaggio rispetto all’interlocutore.
Attenzione, lontana da noi è l’idea di fare inutile moralismo, ma riteniamo comunque centrale per la vita di una Comunità l’obiettività dell’informazione.
È più pericoloso un ignorante che un delinquente. Col primo non sai come trattare, col secondo puoi trattare pur non venendo a patti sui suoi obiettivi scellerati.
L’ignoranza è il male diffuso nelle popolazioni, anche nella nostra. L’ignorante è gestibile e guidabile. Per questo i politici, che non sono statisti, ripetono come registratori argomenti che possono piacere a chi ascolta. Siccome chi ascolta in maggior numero è ignorante, ecco che gli argomenti debbono essere di quel livello.
Ma così un popolo non è guidato verso traguardi migliori, bensì viene fatto retrocedere sempre di più e portato in condizioni che inevitabilmente tendono a peggiorare.
Una grave responsabilità per la classe dirigente istituzionale, che non avverte questo pericolo, ma va avanti su questa strada che porta all’Inferno.