A Palazzo di Giustizia di Catania si inaugura l'anno giudiziario, in un momento fondamentale per il futuro della magistratura e della giustizia. Ecco i temi trattati.
Si è svolta oggi, nella mattina del 28 gennaio 2023, l’inaugurazione dell’anno giudiziario al Palazzo di Giustizia di piazza Verga a Catania.
Dopo i rituali saluti alle autorità civili militari e religiose, il presidente della Corte d’Appello di Catania, Filippo Pennisi, si è apprestato a relazionare l’opinione pubblica sul bilancio sociale sull’attività giudiziaria dell’anno che si è appena concluso.
L’inadeguatezza delle strutture giudiziarie
“Nelle sfide lanciate l’anno scorso, quella logistica si è rivelata la più impegnativa, quanto meno per le sedi catanesi” ha esordito Pennisi. “Le necessità correlate all’annosa inadeguatezza di quasi tutte le strutture giudiziarie cittadine, la gestione delle criticità dovute alla loro ingravescente vetustà e, infine, l’adozione di misure necessarie e urgenti a causa dei recenti specifici episodi di degrado hanno assorbito una significativa parte delle energie organizzative degli uffici, energie che meglio avrebbero potuto essere indirizzate per obiettivi più strettamente legati all’attività giudiziaria”.
Si spiega così l’iniziativa presa da alcuni dirigenti di uffici giudiziari – Pennisi compreso – con la quale a giugno dello scorso anno fu richiesto l’intervento del Consiglio Superiore della Magistratura “proprio sul presupposto che il provvisorio, ma ormai prolungato, esercizio delegato ai capi degli Uffici giudiziari delle procedure di evidenza pubblica relative, fra l’altro, all’acquisto di beni e servizi e alla gestione del patrimonio immobiliare destinato ad uffici giudiziari determina un’impropria commistione fra le competenze amministrative relative all’organizzazione dei servizi, che rientrano, per dettato costituzionale, nelle attribuzioni del Ministero della Giustizia, e compiti di organizzazione della giurisdizione, propri dei capi degli Uffici, i quali risultano così distratti da incombenze che non attengono alle loro attribuzioni giurisdizionali e ai compiti di organizzazione e miglioramento dell’apparato giudiziario alle stesse connesse”.
Il CSM, segnala il Presidente, però “si è limitato, allo stato, a richiedere la compilazione di un questionario, tempestivamente predisposto e inoltrato, ma è evidente che la problematica merita ben altra attenzione”.
La Cittadella giudiziaria
Strettamente correlata alla questione dell’inadeguatezza delle strutture giudiziarie è la necessità e l’importanza di completare – entro i tempi previsti – la nuova Cittadella Giudiziaria del capoluogo etneo. “Solo la realizzazione della Cittadella giudiziaria – spiega Pennisi – in viale Africa, i cui lavori sono finalmente in corso, potrà dare soluzione ai problemi dell’edilizia giudiziaria catanese. Si confida che entro il termine contrattuale dell’autunno del 2024 l’importante opera pubblica possa essere completata ma, per ottenere ciò, è necessario che questo percorso virtuoso impegni la responsabilità morale e civile di tutti gli “attori” della vicenda, ivi compresa l’impresa aggiudicatrice dei lavori e – financo – le maestranze impegnate nell’esecuzione dei lavori.
Carenza organico e lotta alla mafia e alla criminalità
Durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2023 a Catania, i riflettori sono finiti anche sui “pesanti vuoti d’organico” del settore giudiziario, sia per quanto riguarda il personale di magistratura che quello amministrativo (in particolare negli uffici di primo grado). Si tratta in realtà di dati inferiori alla media nazionale, ma che destano preoccupazione “in un distretto caratterizzato dalla presenza di numerose e agguerrite organizzazioni mafiose e dal fenomeno della tratta dei migranti dalla costa nordafricana e da quelle orientali”.
La riforma della Giustizia
Terzo grande tema affrontato dal Presidente Pennisi è quello del “complesso e variegato corpus normativo” che il Governo si era impegnato a portare a compimento e che però “per la parte ordinamentale non è stato ancora completato con l’emanazione dei decreti attuativi e che per il resto è solo in parte entrato in vigore”.
“L’efficienza di un sistema non può prescindere dalla preventiva organizzazione degli eventuali interventi di riforma e lo stesso concetto di organizzazione non può non avere anche una proiezione temporale, quella di un’accorta programmazione delle azioni necessarie all’ottenimento del risultato atteso” evidenzia.
“Campagne denigratorie (o peggio dissacratorie), riforme punitive (o anche solo fuorvianti) non aiutano certo – prosegue – allo scopo e contribuiscono al degrado del Paese. E si contribuisce a quest’infausta prospettiva, in modo surrettizio ma non meno insidioso, anche solo negando o lesinando alla Giurisdizione buoni codici, strutture e tecnologie adeguate, bravi collaboratori. Va ancora una volta avvertito, senza supponenza, pacatamente, che una Magistratura impoverita, delegittimata o, peggio, condizionata dall’esterno è un rischio per la libertà di tutti noi e, in definitiva, per il nostro sistema democratico”.
Video di Paola Giordano