Pil nascosto che vale 192 miliardi di euro e a cui, secondo gli esperti, contribuiscono anche i “piccoli”
I dati non perdonano: nel 2021 la cosiddetta economia non osservata, secondo l’Istat, ha raggiunto i 192 miliardi di euro in Italia, con un aumento, rispetto al 2020, del 17,4%. Un termine, economia non osservata, che nasconde, dietro una terminologia poco comune, una serie di comportamenti che invece sono molto diffusi, a partire dall’evasione fiscale e previdenziale, la cosiddetta economia sommersa, al lavoro in nero e tutte le attività illegali della criminalità. Comprende anche la cosiddetta economia informale, basata su rapporti di lavoro non formalizzati nell’ambito di relazioni personali o familiari e quella parte di economia che sfugge al radar del fisco a causa di mancanze negli archivi e nelle banche dati.
Le attività illegali superano i 18 miliardi
Del totale, le attività illegali superano i 18 miliardi, mentre buona parte dell’economia sommersa è da attribuire all’evasione fiscale, effettuata tramite comunicazioni volutamente errate del fatturato e dei costi, o tramite l’utilizzo di lavoro irregolare. Alla prima componente, infatti, l’Istat attribuisce un valore di circa 90 miliardi di euro, mentre alla seconda vanno circa 68 miliardi di euro.
Nel complesso, i settori dove il peso del sommerso economico è maggiore sono i cosiddetti “altri servizi alle persone”, dove esso costituisce il 34,6% del valore aggiunto del comparto. Si tratta di attività creative, artistiche, sportive e di intrattenimento; scommesse, lotterie e case da gioco; riparazione di beni per uso personale o per la casa, per finire con il lavoro regolato da rapporti familiari, le cosiddette imprese a conduzione familiare.
A seguire, presentano importanti quote di economia sommersa il commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (20,9%) e le costruzioni (18,2%). Per i servizi alle imprese (5,2%), la produzione di beni d’investimento (3,4%) e la produzione di beni intermedi (1,5%) si osserva invece un’incidenza minore. Accanto si muove, in parallelo, il lavoro non regolare, caratteristica strutturale del mercato del lavoro italiano.
Nel 2021, sono quasi 3 milioni le “Ula” irregolari, cioè le unità di lavoro, intese come calcolo a tempo pieno e non come singolo lavoratore, occupate in prevalenza come dipendenti (circa 2 milioni e 177 mila unità). Rispetto al 2020, il lavoro non regolare segna una crescita del 2,5%. Un paradosso, che va in contrasto con quanto riferito dalle aziende, che cercano personale ma mese per mese denunciano una sempre maggiore difficoltà di reperimento, come dimostrano i dati forniti in maniera sistematica da Unioncamere, che parla di una difficoltà di reperimento che sfiora il 50% delle proposte di lavoro.
E se molto spesso si pone il problema dell’inadeguatezza dei candidati, molto più di frequente mancano del tutto aspiranti ai posti messi a disposizione. E intanto, continua ad aumentare la spesa che lo Stato affronta per l’assistenza sociale, con una politica fallimentare che spinge molti ad appoggiarsi sui guanciali dell’assistenzialismo piuttosto che cercare una propria strada economicamente produttiva.
Come ha dichiarato non molto tempo fa Alberto Brambilla, presidente del Centro studi e ricerche “Itinerari previdenziali”, intervistato dal Qds per lo scorso aprile , nel 2021 lo Stato ha speso 145 miliardi per l’assistenza sociale, a cui bisogna aggiungere altri 11 miliardi per l’assistenza sociale a carico degli enti locali, delle Province e delle Regioni.
Ciò nonostante, aumentano i poveri: se nel 2008 c’erano 2 milioni e 100 mila italiani in povertà assoluta, nel 2022 i numeri sono più che raddoppiati, toccando i 5,6 milioni. Cifre spaventose che si accompagnano, in apparenza in antitesi, ma nella realtà faccia della stessa medaglia, al fenomeno del gioco d’azzardo, che da sempre cresce nei momenti di maggiore incertezza economica, e che porta molti, per disperazione, per mancanza di prospettive, per l’incertezza rispetto al futuro, a riversare nel gioco le proprie fragilità. Un circolo vizioso, che porta a indebitarsi, entrando nel girone infernale della ludopatia, e diventare facile preda di chi cerca manovalanza a basso costo, o ancora peggio, della criminalità.
Secondo i dati messi a disposizione dall’Agenzia dogane e monopoli, il volume di denaro giocato in Italia nel 2021 è aumentato del 21% rispetto all’anno precedente, attestandosi sul valore di 111,17 miliardi di euro, facendo segnare un nuovo record storico. Nello specifico, nel 2021 la sola raccolta delle giocate online ha toccato quota 67,17 miliardi di euro, +36% rispetto al 2020. Da segnalare, anche il notevole aumento per le lotterie, comprese quelle istantanee, i cosiddetti “gratta e vinci”, con oltre 12 miliardi di euro giocati, di cui il 27% del totale su rete fisica, con un aumento del 48% rispetto al 2020.
È cresciuto molto anche il Lotto, nelle sue varie tipologie, con 8,1 miliardi di euro giocati, di cui il 18% del totale su rete fisica, che ha segnato un aumento del 30% rispetto al 2020.
Parla l’esperta di statistica, Venera Tomaselli (UniCt)
“192 miliardi? Probabile valore reale più consistente”
Le grandi imprese fanno grandi numeri, come è ovvio che sia, ma attenzione a non sottovalutare anche i piccoli evasori. Parola di Venera Tomaselli, professore associato in statistica sociale del dipartimento di economia e commercio dell’università di Catania, nonché vicepresidente della Sieds, Società Italiana di Economia, Demografia e Statistica.
È possibile stabilire a livello statistico da chi arriva il “contributo” più pesante di questa economia illegale e sommersa?
“L’economia sommersa include tra le sue componenti porzioni di valore aggiunto non dichiarato dalle imprese e prodotto sia dall’errata comunicazione di dati contabili (sotto-dichiarazione dei ricavi o sovra-dichiarazione dei costi) sia dal contributo produttivo dei lavoratori irregolari sia da attività che generano valore economico, rientrando nell’alveo dell’illegalità come attività il cui oggetto è collocato al di fuori della legge. è utile definire più analiticamente l’economia sommersa, non osservata o illegale, perché non tutto il sommerso è tout court illegale. In particolari circostanze il fenomeno potrebbe rivelarsi non osservabile ma non illegale. Questa è una considerazione che sembra utile tener presente perché non sfugga la configurazione del fenomeno secondo le categorie del sommerso, illegale e non osservabile, spesso coincidenti ma non sempre del tutto omologhe. Ai fini di ottenere affidabili valori di stima e dare consistenza alle diverse componenti dell’economia sommersa, lo sviluppo delle procedure di stima prevede la modellizzazione concettuale dei meccanismi organizzativi delle attività sommerse, non dichiarate ed illegali e della loro interazione con l’economia regolare. In primo luogo, la quota ascritta all’impiego del lavoro irregolare è una componente significativa nel calcolo del valore aggiunto dell’economia nel suo complesso e pesa in misura differente tra i settori di attività economica, in primis costruzioni, e poi servizi, e agricoltura, silvicoltura e pesca. Segue l’attività delle famiglie proprietarie di immobili, che li concedono in affitto senza un regolare contratto di locazione ad uso residenziale e non residenziale. La componente dell’economia illegale include le transazioni di beni e servizi illegali e le attività che, seppure legali, sono svolte da soggetti non aventi opportuno titolo. Per definizione, tali attività tendono ad essere nascoste alle autorità di controllo e, di conseguenza, non sono inserite (o lo sono in modo distorto) nelle basi di dati statistiche. L’ulteriore componente delle attività illegali come traffico di stupefacenti, prostituzione e contrabbando di alcool – considerate all’interno delle peculiarità del loro contesto di stima caratterizzato da fonti informative poco stabili e spesso distorte e da una scarsa conoscenza delle dinamiche transattive ed organizzative sottese a queste attività criminali – impone una particolare cautela nella definizione delle basi di dati e dei metodi di elaborazione ed una grande attenzione sui modelli comportamentali ed organizzativi delle attività illegali al fine di ridurre la distorsione delle stime ottenute da dati non osservabili. Per tale ragione, i fenomeni economici connessi alle attività illegali richiedono l’applicazione di strumenti teorici e metodologie statistiche peculiari per essere misurati ed inseriti all’interno delle stime”.
192 miliardi è una stima plausibile o forse il fenomeno dell’economia sommersa e illegale è più vasto di quello che ci dicono i numeri?
“È probabile che il valore reale possa essere più consistente, quando si tratta di fenomeni non osservati e spesso non osservabili. I numeri sono ottenuti mediante procedure di calcolo che, a partire da conoscenze parziali o campionarie sul dato reale, consentono di stimare, per inferenza e con un predeterminato livello di fiducia, il valore dell’universo di riferimento ma sempre a partire dal dato noto e parziale. Ora, il dato noto di un fenomeno sommerso, per definizione può produrre effetti di sottostima. L’ampiezza di un fenomeno potrebbe risultare ridimensionata rispetto a quanto le stime riflettono ma l’affidabilità delle stesse dipende sempre dalle metodologie con cui i valori delle stime sono ottenuti. Occorre pertanto dare riscontro del fatto che sull’incidenza del ‘sommerso statistico’, Istat ha provveduto da alcuni anni a rinnovare le procedure di calcolo mediante un prodotto statistico denominato Frame-Sbs. Le innovazioni hanno principalmente riguardato le fonti informative sui conti economici delle imprese, sfruttando la disponibilità di informazioni ottenute da una complessa procedura di integrazione di dati d’indagine e amministrativi. La sua introduzione, diminuendo fortemente il ricorso alle precedenti basi di dati di tipo campionario, ha conseguentemente ridotto l’incidenza della distorsione nelle stime e, quindi, del sommerso statistico”.
Si parla sempre molto dei grandi evasori e delle grandi imprese, ma sarebbe plausibile stimare anche quanto incidono i piccoli evasori, quelli che per intenderci fanno fatica ad arrivare a fine mese, hanno anche il vizio del gioco d’azzardo e che proprio per questo alimentano il “nero” preferendo non essere contrattualizzati per non pagare tasse?
“I piccoli evasori, che preferiscono non emergere mediante una corretta contrattualizzazione, probabilmente realizzano una quota non indifferente di attività economiche sommerse che sfuggono al sistema della contabilità nazionale. Ai fini di ottenere stime affidabili, potrebbe essere utile comparare quanto valore aggiunto realizzano le attività di ordine economico ridotto (piccole e medie imprese, che costituiscono il più ampio tessuto produttivo del nostro Paese) e quanto la loro capacità contrattuale non espressa perché configurata come evasione in termini fiscali, contribuisce a nutrire il tessuto economico in cui operano a vario titolo, legale o illegale che sia”.