Economia sommersa e illegalità
Lo scorso 13 ottobre 2023 è uscito un interessante report pubblicato dall’Istat e relativo all’anno 2021. È vero che sono passati due anni nei quali vi sono state evoluzioni positive e negative rispetto ai dati pubblicati, ma è anche vero che la fotografia di quell’anno fa emergere una questione interessante.
Riguarda l’economia sommersa, che si attesta intorno a 174 miliardi di euro; la seconda riguarda le attività illegali che superano i 18 miliardi. Dunque, vi sono 192 miliardi di ricchezza prodotta e non contabilizzata ufficialmente come Pil, come invece è, il che produce una osservazione.
All’interno di questi 192 miliardi di economia sommersa e attività illegali – pari a circa il 10 per cento del Pil, facendo le debite proporzioni -, lavorano circa 2,2 milioni di persone. La stessa Istat ci comunica che in quell’anno i/le lavoratori/trici erano 22,5 milioni.
Ora, codesti/e lavoratori/trici in “nero” risultano ufficialmente poveri/e e vanno così a ingrossare la cifra di quelli/e veri/e.
Nello stesso anno di riferimento, l’Istat ha comunicato che ha contabilizzato all’incirca cinque milioni di poveri. Ma se deduciamo quelli prima indicati, che poveri non sono – perché lavorano nell’economia sommersa e nelle attività illegali -, deduciamo che in effetti i poveri sono 2,8 milioni.
Se proiettiamo questi dati al 2023, quando associazioni di vario tipo e partiti menzogneri hanno strombazzato ai quattro venti che vi erano circa sei milioni di poveri, dobbiamo dedurre che quelli effettivi sono all’incirca la metà, dunque va contestato un allarmismo che confonde l’opinione pubblica, volutamente, al fine di destabilizzare un sistema economico che per fortuna è abbastanza solido.
Vi è un’altra questione da evidenziare e cioè che se i 192 miliardi di economia sommersa e attività illegali emergessero, le casse dello Stato potrebbero incassare all’incirca 100 miliardi in più di imposte e contributi previdenziali, che in atto vengono evasi.
Da quanto scriviamo emerge una situazione assai diversa da quella che viene comunicata ufficialmente dai grandi media di vario tipo, che non si sono curati di leggere bene i dati ufficiali indicati e farne conseguenti commenti.
Per esempio, se da un canto i 192 miliardi di euro di economia sommersa e attività illegali si sommassero al Prodotto interno lordo, il rapporto fra questo e il debito migliorerebbe fortemente, scendendo dall’attuale 142 per cento.
In secondo luogo, se lo Stato riuscisse a incassare imposte e contributi per i 100 miliardi indicati, non vi sarebbe quel deficit sproporzionato – cioè la differenza fra entrate e uscite -, che nel 2024 va oltre il 5 per cento, superando ampiamente il 3 per cento previsto dai trattati europei.
Quella che scriviamo è “l’altra informazione”, che manca ai/alle lettori/trici italiani/e perché vi è l’interesse a nascondere la verità per ingannare gli/le ignari/e cittadini/e.
Vi è un altro dato interessante relativo al 2021. Per 16 milioni di pensionati/e sono stati pagati 23 milioni di prestazioni, per un ammontare complessivo di 313 miliardi di euro, per i quali però l’Inps ha incassato di contributi attivi solo il 70 per cento. Il resto è stato pagato da “Pantalone”.
In questo quadro gioca un ruolo importante l’andamento dell’inflazione.
La presidente della Bce, Christine Lagarde – di fronte ai facili ottimismi di alcuni/e che prevedono un brusco calo della stessa quest’anno ed il prossimo -, ha raccomandato di fare molta attenzione perché, se da un canto è palpabile la diminuzione dei prezzi dell’energia, dall’altro i prodotti della grande distribuzione e tanti altri della manifattura, come per esempio i prezzi delle auto, sono fortemente aumentati e continuano ad aumentare.
Complessivamente, per conseguenza, non è detto che l’inflazione diminuisca quest’anno, perciò va preso sul serio l’ammonimento di Lagarde, che prevede, anzi, un aumento in questo primo semestre.
Del resto, basta controllare l’andamento giornaliero dei prezzi dei Btp, che aumentano quando l’inflazione cala e diminuiscono quando l’inflazione cresce. Provare per credere.