Ma a tutto c'è un limite - QdS

Ma a tutto c’è un limite

Pino Grimaldi

Ma a tutto c’è un limite

giovedì 16 Novembre 2023

Ogni nazione, stato, associazione, organizzazione che vuole – o pretende di – gestire o denominate statuti o costituzioni ed altrettanti regolamenti a ché tutti rappresentare una entità omogenea singola o plurima, ha un codice di osservanze e coloro i quali fanno parte di esse conoscono diritti e doveri ai quali attenersi per vivere comunitariamente: non ci piove.

Così come accade per la tipologia istituzionale o costituzionale di quella parte del mondo con i suoi confini, le sue leggi elettorali tipo di governo per scelta o imposizione di un regime specifico, una dittatura, una democrazia più o meno rappresentativa, cose tutte che fanno riferimento a riferimenti tradizionali o alle scelte fatte od ad imposizioni subite.

Tutto ciò è sempre accaduto dall’uomo cacciatore/raccoglitore (minimo dieci milioni di anni fa) ad oggi. E che maggioritariamente, tranne variazioni sui tempi, sulla forma strutturata in un modo od un altro abbia persistito tanto la dice lunga quasi da “non pioverci ancora una volta”. Ma dando per assunto temporale che tutto possa accadere anche in antitesi ai modi più gettonati in precedenza od a volte mai: come per quelli della moda. Politicoeconomicosocialmente si fa uso di quanto diverso per abbellire (dicono) forme desuete e non “updated”.

La “AI”, intesa da tutti come “intelligenza artificiale”, prodotta da algoritmi e diavolerie tecnologiche varie ha già di fatto cominciato a dare – ad libitum – da rendere migliore e più felice l’umanità.
Premessa per “far comprendere e non” con parità di giustezza in pensieri e considerazioni agli Italici ora ingolfati – primo turno -in un revisione istituzionale che sta animando il dibattito politico non tanto per le genialità del “trovato” quanto per la incomprensibilità del voluto. E’ tutto ciò – in sintesi – che se il primo ministri viene sfiduciato dalle Camere il successivo deve essere nominato dal Presidente della Repubblica sciegliendolo da un membro dello stesso partito (o anche combinazione?) cui apparteneva lo sfiduciato: parafrasi del vecchio detto siciliano “mangia ca du to magia e du to mangitatinni”- Rivolgersi alla “AI” per traduzione in lingua peninsulare interpretandone il significato. Ammesso che vi riesca.

Ora a prescindere che tale istituto, dicono i ben informati -mica tanti invero – che non esista su alcuna parte del pianeta cosa in apparenza buona e giusta perché nessuno potrebbe più dire che non ne imbocchiamo una (!) non avendo elementi sufficienti e paritari di comparazione, ove approvata la riforma parziale (“emendament” in lingua inglese) lascerebbe il campo libero non più al contributo ideico ed ideologico dei parlamentari ma a quello politico dei partiti. Il Popolo – quello scritto maiuscolo – che è rappresentato dagli elettori VOTANTI si volatilizzerebbe con una velocità maggiore che, ahimè, in atto ha di già.

Può anche essere una buona idea come buona invero appare quella della non presenza ceteris paribus di parlamentari votanti (ma “nominati e non eletti” vedi senatori anche se passati presidenti della Repubblica). No comment sugli altri punti sui quali finirei di dare torto, quanto vedo bene e rivedere (bis di bene) tanta materia costituzionale.

Ma a tutto c’è un limite.

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