Ecco tutti i consigli della psicologa Claudia Corbari per tornare alla normalità: “Valutare la percezione del rischio e lavorare ad una ricostruzione relazionale”
Non si tratta di un “liberi tutti”, e, lungi dall’essere una sottovalutazione del rischio, anche il Covid-19, come tutti i fenomeni che hanno attraversato questo mondo, potrebbe volgere un giorno al suo epilogo.
Perché, almeno su questo pianeta, tutto passa e… anche questo passerà.
Intanto, tra restrizioni che si allentano e distensioni vigili, cresce la spaccatura sociale tra chi non vede l’ora di liberarsi completamente dalle annose mascherine per riabbracciare – in senso fisico e metafisico . la piena normalità. E chi, al contrario, preferisce percorrere la strada del ritorno al passato con una certa cautela.
Una questione sì medico-sanitaria, ma anche primariamente psicologica ed emotiva. Per questo, secondo la Dott.ssa Claudia Corbari, psicologa e psicoterapeuta palermitana, si tratta anzitutto di un topic legato alla “percezione del rischio”.
“Da un lato – dice la Dott.ssa Corbari – noi vogliamo rivivere (è un bisogno, più che una volontà, ndr.) elementi ludici che coincidono con il ritrovamento dei nostri spazi di cui il Covid ci ha privato. Per elementi ludici intendo, ad esempio, il voler far festa, il voler aprirsi agli altri nel senso più emotivo del termine”.
E invece dall’altro lato cosa abbiamo?
“Eh, vede, dall’altro lato serpeggia la paura del ricordo di ciò che e’ stato e di cosa ancora e’, il covid.
Ci sono ancora tanti casi di positivita’, non dimentichiamolo.
Veniamo da anni di confusione comunicativo-mediatica, e ancora oggi la percezione del nostro rischio risente di correnti diverse, dalla possibilità di togliere la mascherina al supermercato alla “necessità” dell’inoculazione della quarta dose, per esempio.
Cosi’, lo stato dell’arte si complica inevitabilmente nella direzione verso la vecchia normalita’, in un’ottica internazionale senza mascherine”.
Secondo lei c’è una spaccatura generazionale, tra giovani, adulti e terza eta’ sul tema mascherine e restrizioni?
“I giovani sono indubbiamente piu’ lascivi rispetto agli anziani, anche per una questione “esperienziale” di percezione del rischio del covid.
Ciò che mi e’ accaduto in terapia e’ davvero emblematico in tal senso: ho seguito ragazzi durante tutto l’arco più acuto della pandemia da coronavirus, e ho capito che la percezione del rischio cambia anche da momento a momento nella stessa persona.
Ricordo di adolescenti attentissimi alle restrizioni, agli accorgimenti ed a tutti i dettami da seguire per scongiurare il rischio del contagio, specie nell’indossare costante la mascherina.
Poi però sono stati contagiati e cosi’ hanno sperimentato un’assenza di sofferenza fisica (talvolta una banale febbre), e questo ha permesso loro di vivere quasi con piu’ serenita’ e naturalezza il prosieguo della convivenza pandemica”.
Dott.ssa Corbari, vorrei ritornare sul tema mascherine e relazionale sociale…
“Mi dica”.
Le mascherine, in un certo senso, distanziano le relazioni e hanno solo una connotazione limitativa, oppure nascondono un lato psicologico che non conosciamo?
“Io sono dell’idea che, a causa del covid, ci mancano importanti pezzi di interazione gli uni con gli altri per entrare in contatto. E quando parliamo di mascherine – e quindi di volti, di espressioni naturali, di smorfie, di sensazioni, di piacere, di libido e in breve di tutto quello shivaismo tantrico che si racchiude in uno sguardo, ndr. – parliamo anche e soprattutto di pezzi d’interazione non verbale.
Però non dimentichiamo che ci sono delle persone che avevano (pre-covid, ndr.) e che hanno tutt’ora delle difficoltà relazionali e, sa, le mascherine hanno rappresentato in un certo senso uno strumento di “protezione” nella relazione con l’altro, evitandola e nascondendo altresì le proprie emozioni.
Pensiamo al vecchio saluto con il bacio sulla guancia, che adesso per molti è solo un lontano ricordo…”.
A proposito dei ricordi, per quello che in fondo era la nostra vita una volta: secondo lei torneremo a riviverla tale e quale a com’era?
“Per ritornare a vivere psico-fisicamente nell’ “era” pre-covid dobbiamo dobbiamo “lavorare” sulla ricostruzione delle nostre relazioni. Lavorare significa capire i contesti di sicurezza in cui ci troviamo, e cominciare ad esempio a togliere la mascherina perché sappiamo di essere “al sicuro” in quel luogo, perché vaccinati e anche perché in una fase di naturale allentamento delle restrizioni e di ritorno alla normalità’.
Ma lavorare significa anche impegnarsi nella ricostruzione dei rapporti di contatto, valutando sempre le situazioni di rischio – il Covid è ancora una minaccia, non dimentichiamo la scia drammatica che ha contraddistinto questi anni – ma ricercando quei sereni contesti in cui ri-sperimentare la convivenza senza mascherine.
Gioacchino Lepre