I dati del Viminale parlano di una sensibile riduzione degli arrivi dei migranti, ma i morti in mare continuano a essere troppi
ROMA – Al 5 settembre 2024 il ministero dell’Interno ha registrato 43.163 sbarchi di migranti; nei mesi di luglio e agosto gli arrivi sono stati rispettivamente 7.465 e 8.526, più che dimezzati rispetto agli oltre 20 mila ciascuno di luglio e agosto 2023.
Ad agosto sbarcati a Lampedusa 5.504 migranti
In una nota, la Croce rossa italiana ha evidenziato anche che ad agosto 2024 sono giunte nell’hotspot di contrada Imbriacola di Lampedusa (struttura gestita proprio dalla Cri) 5.504 persone, a fronte dei 19.911 ospiti registrarti nello stesso mese dello scorso anno. Un calo di arrivi del 72% e una conferma del trend in discesa per quanto riguarda gli sbarchi nel nostro Paese.
Tre giorni fa l’ennesimo naufragio di una barca con i migranti
Sarebbero dati da accogliere con favore, se non avessimo sotto gli occhi le immagini dell’ennesimo tragico naufragio al largo del Mediterraneo, avvenuto soltanto tre giorni fa. All’appello mancano 21 persone, tra i quali tre bambini, disperse nelle acque macchiate di sangue che separano la Libia – da cui il barchino che le ospitava è partito – e la Sicilia, la terra d’approdo più vicina. Sembra siano state travolte e inghiottite dal maltempo e dal mare, come migliaia di altri disperati in fuga e alla ricerca di un futuro migliore. Solo sette i superstiti, traumatizzati e in condizioni disperate: “I sopravvissuti – ha raccontato Nicola Dell’Arciprete, coordinatore della Risposta Unicef in Italia – hanno riferito che la barca di legno, partita da Sabratha, in Libia, tre giorni prima, si è capovolta più volte, lasciando le persone aggrappate al lato dell’imbarcazione mentre i loro familiari annegavano intorno a loro”.
“Un barchino identico a quello naufragato a 10 miglia da Lampedusa – hanno affermato da Sea-Watch – era stato segnalato in difficoltà tre giorni fa da Seabird, il nostro aereo da ricognizione. Nessuno è intervenuto. Se questa corrispondenza fosse confermata saremmo di fronte a un grave caso di omissione di soccorso”.
Accertare la dinamica dei fatti spetterà alle autorità competenti, ma questa nuova tragedia impone ancora una volta delle riflessioni per una situazione trattata sempre i migranti come fenomeno emergenziale e mai inserito all’interno di un piano organizzativo più strutturato e regolare.
Il 2024 ha avuto finora un costo elevatissimo in termini di vite umane
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) ha segnalato 115.287 arrivi nell’area Mediterranea, oltre 41 mila solo in Italia, e oltre 1.500 tra morti e dispersi (circa 700 solo dal Mediterraneo centrale, la rotta più letale e quella più spesso al centro delle polemiche in Paesi come Malta, Italia, Spagna e Grecia).
Le statistiche del Viminale – non ultimo il dossier ferragostano, che evidenzia un calo degli arrivi via mare del 62,36% nei primi sette mesi del 2024 rispetto all’anno precedente, un +19,71% di rimpatri rispetto al 2023 e ben 58.578 partenze irregolari bloccate da Libia e Tunisia – mostrano una faccia della medaglia: gli sbarchi diminuiscono, quindi il Decreto Cutro e le “strette” su Ong e partenze funzionano. Ma si riducono davvero anche le morti in mare? Ciò che è certo è che i numeri parlano chiaro e c’è ancora una lunga strada da fare per poter definire il fenomeno migratorio come regolarmente e sistematicamente affrontato dalle autorità.
Quel che serve è un cambio di passo
Lo dicono sindaci, cittadini, Ong e associazioni dedicate all’analisi dei dati dell’immigrazione. Dati dietro i quali si nascondono, spesso dimenticati dai più, volti umani e perfino bambini che non vedranno mai la luce del giorno. Portavoce di un appello – l’ennesimo – alle autorità italiane ed europee a non lasciare Lampedusa, la Sicilia, il Mediterraneo soli ad affrontare la situazione e a guardare impotenti le tragedie susseguirsi è la Comunità di Sant’Egidio: “Di fronte alla morte di 21 persone, tra cui 3 bambini, provenienti da paesi sconvolti da guerre terribili, come la Siria e il Sudan, non ci si può limitare allo sdegno o al freddo aggiornamento delle statistiche sulle vittime dei viaggi della disperazione nel Mediterraneo (…) Rivolgiamo un forte appello a tutte le istituzioni, a livello nazionale ed europeo, perché riprendano con più impegno le operazioni di soccorso in mare, per salvare la vita di chi è in pericolo (…) È necessario poi incentivare vie di ingresso regolari, anche per motivi di lavoro, di cui l’Italia ha estremamente bisogno”.
Un appello che dovrà giungere necessariamente alle orecchie degli esponenti del Governo Meloni, nei prossimi mesi impegnato nel dedalo politico che porterà alla stesura della prossima Manovra, ma anche della nuova leadership europea che, seppur segnata da una profonda avanzata delle forze anti-immigrazione, si trova di fronte alla necessità di dare un segno umano forte e sostenere le comunità alle prese con la gestione del fenomeno migratorio. Un fenomeno che, prima che economico, è sociale e umano e va trattato adeguatamente nella sua immensa complessità. Con tutte le forze e le collaborazioni necessarie.
Pozzallo e Lampedusa, prospettive diverse ma obiettivi comuni
Parlano i sindaci “al fronte” Roberto Ammatuna e Filippo Mannino: tra le priorità di entrambi un maggiore coinvolgimento dell’Ue
PALERMO – Le lacune sul fronte della gestione del fenomeno migratorio sono tante ed evidenti. Ogni Governo, spesso in base al proprio “colore”, ha adottato le proprie soluzioni, fronteggiando spesso sfide troppo grandi. Gli accordi con Libia e Tunisia, Paesi definiti da più parti “non sicuri” ma comunque fondamentali secondo la strategia della leadership attuale italiana, sono quella adottata dal Governo Meloni. Assieme a una “stretta” decisa sull’attività delle Ong e a un profondo impegno per la riduzione degli arrivi. Un sistema che però non ha fermato del tutto le partenze e che probabilmente dovrà essere sostenuto – per essere davvero efficace – da una politica più attenta in relazione alla prevenzione delle stragi in mare e agli ingressi legali.
La prossima Manovra del Governo Meloni e la strategia del recentemente eletto Parlamento Ue giocheranno un ruolo fondamentale. Autorità locali, nazionali ed europee saranno necessarie, tutte e in assoluta sinergia. Lo confermano i sindaci di Pozzallo e Lampedusa, Roberto Ammatuna e Filippo Mannino. Due personalità politiche diverse, interpellate dal QdS in vista delle sfide dei prossimi mesi: la Manovra prima, i nuovi patti sul fenomeno migratorio poi.
Entrambi concordano su due elementi. Il primo è che gli sbarchi dei migranti si sono effettivamente ridotti (Ammatuna parla di un 50% in meno rispetto alla scorsa estate, Mannino di un 70% in meno di sbarchi) e che i numeri attuali risultano gestibili. “La stagione estiva – afferma Ammatuna – è trascorsa con dei numeri inferiori, quasi 50% in meno, rispetto alla scorsa estate. Pozzallo riesce a gestire in maniera ordinata e corretta questi flussi migratori. Complessivamente riusciamo ad affrontare la situazione nel migliore dei modi possibili, anche perché nella nostra città ci sono una cultura dell’accoglienza consolidata e un’organizzazione della Prefettura molto efficiente”.
Un bilancio positivo sul fronte migranti anche quello del sindaco Mannino, che dice: “C’è stato un calo drastico degli arrivi, -70% circa, e di morti rispetto all’anno scorso. Segno che la strategia del Governo, compresi gli accordi con Libia e Tunisia, sta funzionando”.
Ammatuna, inoltre, sulla gestione del fenomeno migratorio a livello locale e internazionale avanza ulteriori osservazioni: “Manca il sostegno, soprattutto a livello di istituzioni regionali ed europee. Il ministero dell’Interno si serve di una burocrazia molto attenta, reputo invece assolutamente assente la Regione e assenti le istituzioni europee”.
Il secondo punto che mette d’accordo i due primi cittadini è la necessità di collaborazione tra le istituzioni regionali, italiane ed europee per affrontare la questione migratoria non in un’ottica emergenziale, ma come “fenomeno strutturale”. Diverse, però, sono le prospettive con le quali i due sindaci presentano le proprie idee.
Fondamentale, per il primo cittadino di Pozzallo, è il ruolo delle Ong: “Gli arrivi di migranti sono diminuiti, ma mai come quest’anno i costi in termini di vite umane sono stati enormi. Questo è frutto di una politica disumana dal Governo italiano, che ha impedito alle navi Ong una maggiore presenza nel Mediterraneo centrale, il più grande cimitero del mondo. È ora che si stabiliscano dei protocolli d’intesa tra forze istituzionali, Guardia Costiera e Ong. Quando parliamo di migrazioni e viaggi in mare, dimentichiamo sempre che abbiamo a che fare con degli esseri umani. Il problema non è solo l’accoglienza, ma l’integrazione. Integrazione che può trasformarsi legalmente anche in un vantaggio economico”.
L’appello di Ammatuna è chiaro: l’umanità è necessaria per affrontare il fenomeno migratorio. “È ora che la Regione e le Istituzioni europee – aggiunge – si muovano e mettano fine alla politica di disumana intransigenza che caratterizza il Governo attuale. Occorre una strategia di vicinanza ai Comuni di frontiera. Schifani non è mai stato a Pozzallo, che svolge una funzione umanitaria di straordinaria importanza”.
Decisamente più soddisfatto dall’azione del Governo attuale sulla gestione dei migranti, il sindaco di Lampedusa, che invece punta più sull’attivazione dei corridoi umani come compromesso tra sicurezza e riduzione dei pericoli in mare: “La richiesta al Governo – conclude Mannino – è continuare su questa linea, bloccare le partenze sia per fermare quello che c’è dietro di esse che per porre un freno alle morti in mare. Dovrebbe essere contestualmente l’Europa a far partire i corridoi umanitari per consentire ai richiedenti asilo e ai rifugiati di viaggiare in sicurezza”.