La proposta del salario minimo orario sperimentale, domani sarà il turno del Cnel. Si voterà gli emendamenti del documento
Sperimentare il salario minimo orario per legge sulle fasce marginali, per lo più giovani, donne e immigrati come strategia cautelativa rispondendo così al principio di ‘non lasciare indietro nessuno’ in una logica di inclusione, riduzione delle diseguaglianze e rispetto dei diritti e della dignità dei lavoratori, a partire dai più poveri. È questo, a quanto si apprende, la proposta firmata da 5 consiglieri esperti nominati dalla Presidenza della Repubblica che sarà presentata domani, assieme ad alcuni emendamenti, all’assemblea plenaria del Cnel che dovrà votare il testo conclusivo sul salario minimo in Italia. Una proposta che non rigetta le conclusioni della Commissione di Informazione a favore di una contrattazione collettiva più forte rispetto all’inserimento tout court di una retribuzione minima oraria per legge, ma che intende affiancarla in maniera sinergica.
“Si propone a fianco dell’impegno a rafforzare gli istituti della contrattazione collettiva, l’introduzione temporanea di una tariffa retributiva minima che in via sperimentale verrebbe applicata solo ad alcuni settori, in particolare quelli con situazione più problematica e con oggettive evidenze di fragilità dei lavoratori non (ancora) risolte dalla contrattazione collettiva”, scrivono in una nota di commento al documento in votazione i consiglieri esperti Marcella Mallen, Enrica Morlicchio, Ivana Pais, Alessandro Rosina e Valeria Termini.
Salario minimo, come funzionerà
“La tariffa retributiva minima potrebbe essere fissata prendendo come riferimento i minimi retributivi dei contratti che, a seguito di un esercizio di natura comparativa sulla base di criteri condivisi da una commissione del Cnel e con riferimento ai parametri adottati dalla Direttiva Ue, vengano giudicati qualitativamente più protettivi per il relativo settore produttivo”, si legge ancora nel documento che ricorda come una sperimentazione di questo tipo sia già stata avviata dalla Germania.
Il salario minimo, infatti, spiegano gli esperti “non deve essere inteso e implementato come sostituto della contrattazione collettiva ma può ricoprire un ruolo complementare, laddove vada a svolgere una funzione di ‘minimo di garanzia’ per lavoratori poco tutelati dal Ccnl. Tutti i Paesi del G7, tranne l’Italia e quasi tutti i paesi europei hanno una legislazione sul salario minimo, il che è segno del fatto che gli eventuali problemi di definizione e implementazione possono trovare delle soluzioni”, prosegue il documento che ricorda come “un salario minimo per legge, se ben implementato all’interno dei meccanismi della contrattazione collettiva, non indebolisce ma rafforza la stessa”. E l’esperienza internazionale, inclusi i Paesi dove la contrattazione collettiva è forte, come Belgio, Francia, Germania, Olanda, Portogallo, Spagna, “mostra l’infondatezza del timore che l’adozione di una disciplina legale in tema di salario minimo possa avere effetti di spiazzamento sulla contrattazione collettiva”.
Non esistono, infatti, insiste il documento ricordando in proposito anche le parole del Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, solide evidenze “di effetti distorsivi e impatto negativo su occupazione e salari in generale”. La sperimentazione dunque, “va disegnata ed effettuata in modo da non compromettere le altre proposte già elencate in questo documento ma inserendosi possibilmente in sinergia”, concludono gli esperto secondo i quali al Cnel potrebbe competere l’individuazione dei settori e delle categorie di lavoratori da cui partire con la sperimentazione.