Catania è la città che consente una immissione più rapida nel mondo del lavoro. Alcuni dati emersi dal rapporto di Almalaurea.
Messina è la città nella quale i laureati siciliani guadagnano di più, Catania quella che consente una immissione più rapida nel mondo del lavoro e Palermo il capoluogo che offre maggiori sbocchi occupazionali. Sono questi alcuni dei dati che emergono dall’ultimo rapporto pubblicato negli scorsi giorni da Almalaurea.
La ricerca ha coinvolto 295 mila laureati nel 2023, provenienti da 78 atenei italiani. Anche nella formazione universitaria, l’Italia continua a presentare una marcata divisione tra Nord e Sud, con un range che se possibile è destinato ad ampliarsi per via dell’approvazione in Parlamento del progetto di autonomia differenziata.
Alla tendenza di rivolgersi verso il Nord per studio e lavoro, si affianca ormai da tempo quella verso i Paesi esteri, che rappresentano un obiettivo per un numero consistente di laureati. Per quanto in Sicilia le Università operino nella direzione di un miglioramento dei loro ranking, i giovani continuano a preferire recarsi altrove per il completamento della loro carriera e una reale valorizzazione in prospettiva futura.
Ma spostiamoci adesso a quelle che sono le statistiche che riguardano prevalentemente la Sicilia. Le tre Città Metropolitane prese in considerazione, non se la passano malissimo rispetto a un confronto con la maggior parte degli atenei presenti nel Meridione. Chi si laurea all’Università di Catania ha maggiori speranze di trovare un impiego in tempi brevi rispetto agli altri colleghi dell’Isola. Il 21,5% dei laureati catanesi ottiene un lavoro part-time a un anno dal conseguimento del titolo, una percentuale assai superiore alla media nazionale, ferma sotto il 14%.
Palermo eccelle per il tasso di occupazione a cinque anni dal conseguimento del titolo, con un 85,7% a fronte di un 88,2% della media nazionale. Ma dove in proporzione si guadagna di più nell’Isola è Messina. I laureati di Unime sono quelli che ottengono la maggiore retribuzione mensile, che raggiunge i 1.690 euro netti contro una media nazionale di 1.768 euro.
Il caso Messina: bene stipendi e qualità formativa
A fronte delle statistiche sul lavoro diffuse annualmente dalla CGIL e dai vari sindacati che tracciano l’andamento di crescita o decrescita sul territorio provinciale, i dati provenienti da Almalaurea raccontano che i lavoratori laureati qualificati riescono a trovare impieghi più remunerativi in riva allo Stretto e pressoché in media con quelli nazionali, a fronte però di un costo della vita nettamente diverso rispetto alle regioni settentrionali.
L’Università di Messina supera la media italiana in due indicatori su quattro legati all’occupazione post-laurea. Qui è possibile trovare un lavoro part-time sia a un anno dalla laurea, con un tasso del 20,7% rispetto al 13,8% nazionale, sia a cinque anni, con l’8,5% rispetto al 6,4% della media italiana. Inoltre, l’efficacia del titolo di studio dei laureati dell’Università di Messina risulta superiore.
Il 76% degli studenti trova impiego a un anno dalla laurea rispetto al 69,5% a livello nazionale. Dato che cresce ancora sul lungo periodo, con l’85,3% a cinque anni a fronte del 75,7% della media italiana. Risultano essere positive anche le statistiche in merito al grado di soddisfazione degli studenti: il 91,2% di loro dichiara di essere soddisfatto anche dell’esperienza formativa. Tre su quattro sceglierebbero poi di iscriversi di nuovo presso Unime.
Il caso Palermo: Dati più vicini alla media nazionale
L’Università di Palermo si distingue in Sicilia per i risultati occupazionali dei suoi laureati, avvicinandosi significativamente ai dati nazionali. Secondo Almalaurea, il tasso di occupazione a un anno dal conseguimento del titolo è del 71,3%, rispetto al 75,7% nazionale; a cinque anni sale all’85,7%, contro l’88,2% della media italiana.
Anche la possibilità di trovare un lavoro part-time è maggiore rispetto alla media nazionale: 20,2% a un anno dal titolo contro il 13,8%; 10,5% a cinque anni contro il 6,4% nazionale. Anche l’efficacia del titolo di studio risulta superiore alla media italiana, con il 78% dei laureati che ritiene il proprio titolo efficace a un anno rispetto al 69,5% nazionale, e l’83,3% a cinque anni contro il 75,7% nazionale.
Le note dolenti riguardano però gli stipendi: la retribuzione mensile netta è di 1.362 euro a un anno dal titolo contro i 1.432 euro a livello nazionale, dato in linea anche con la rilevazione quinquennale: 1.619 euro rispetto ai 1.768 della media italiana. Più in generale il tasso occupazionale dei laureati palermitani migliora dell’1% rispetto al rilevamento precedente. L’esperienza universitaria è valutata molto positivamente dal 91% dei laureati.
Il caso Catania: tasso di occupazione più basso, ma non nel part-time
Fra i tre atenei presi in considerazione nell’Isola, quello che risulta più indietro rispetto al tasso occupazionale è di certo UniCt. Catania presenta infatti un tasso inferiore alla media nazionale sia a un anno dalla laurea (67,5% rispetto al 75,7%) sia a cinque anni (85,2% contro l’88,2%). Più bassa anche la retribuzione: 1.338 euro netti al mese a un anno dalla laurea rispetto ai 1.432 euro della media nazionale. Forbice in linea anche sui cinque anni: 1.661 euro contro i 1.768 a livello nazionale.
Il dato per il quale Catania “eccelle” riguarda il lavoro part-time: il 21,5% dei laureati lavora a tempo parziale a un anno dal conseguimento del titolo, circa 8 punti percentuali meglio della della media nazionale. Dato migliorativo che si attesta all’8,2% a cinque anni contro il 6,4% del dato nazionale. Circa sette studenti su dieci sceglierebbe di frequentare nuovamente UniCt.