La sanità pubblica, soggetta a tagli e critiche continue, non è in buone condizioni. In Sicilia si parte con i finanziamenti, ma anche con la segnalazione di disservizi.
Il sesto rapporto della Fondazione GIMBE sullo stato del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), presentato il 10 ottobre a Roma, dipinge un quadro disastroso dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e dedica un ampio capitolo all’aumento del fabbisogno finanziario negli ultimi 13 anni in netto contrasto con i tagli che la sanità ha subìto – in Sicilia e in tutta Italia – nello stesso periodo (con eccezione per il periodo pandemico).
La condizione in cui versa la sanità pubblica è sotto gli occhi di tutti, in particolare dei ceti meno abbienti che non possono permettersi di accedere a servizi privati, ma nel rapporto indipendente della autorevole fondazione viene reso il dettaglio delle criticità. Questo fornisce una chiave di lettura utile anche per le pubbliche amministrazioni che governano il Servizio Sanitario Nazionale, tra opposizioni “sul piede di guerra” in Parlamento per i tagli confermati dalla NADEF alle interrogazioni all’ARS sui disservizi siciliani.
Rapporto GIMBE sul Servizio Sanitario Nazionale, sempre più tagli alla sanità
Nel periodo 2010-2023 sono stati effettuati ingenti tagli alla sanità pubblica, che la fondazione conferma ammontare a una riduzione delle risorse di ben 37 miliardi di euro. Di questi, una media di 5 miliardi all’anno nel quinquennio 2010-2015 in attuazione di varie riforme finanziarie e altri 12 miliardi nel periodo 2015-2019 a seguito di quella che i redattori del rapporto definiscono un “de-finanziamento” mirato al SSN per far quadrare i conti pubblici. Il fabbisogno del servizio sanitario è cresciuto di 8,2 miliardi nei nove anni di riferimento. Un aumento, precisa GIMBE, inferiore (0,9% annuo) a quello dell’inflazione media annua che è stata dell’1,15%.
Da questa analisi è stato tenuto fuori il periodo 2020-2022, che viene trattato nel dettaglio in più ampio spazio, in quanto eccezione sanitaria dovuta alla pandemia. Se si inserisce il periodo di emergenza sanitaria nazionale, si vede però come l’aumento del Fabbisogno Sanitario Nazionale (FSN) passa dai 105,6 miliardi del 2010 ai 128,9 miliardi di euro del 2023 con un incremento dei 23,3 miliardi.
A farne le spese sono i servizi resi, tra disservizi, chiusure di ospedali, punti nascita e liste d’attesa interminabili per alcuni esami specialistici che hanno ormai reso la sanità privata una presenza imprescindibile sul territorio nazionale. Ma non tutti i servizi possono trovare una alternativa nel privato e non tutti possono permettersi di accedere a questa alternativa. Aumenta infatti anche il dato sulle persone che rinunciano alle cure sanitarie.
Il divario del SSN tra regioni e le criticità in Sicilia
Se il rapporto tra l’Italia e i Paesi maggiormente sviluppati pone il Paese sotto media OCSE – al diciannovesimo posto, appena sopra Grecia, Cile e Slovenia – per la percentuale di PIL investito nella spesa sanitaria, all’interno dello stesso SSN si rilevano poi ulteriori enormi divari tra le regioni del nord e quelle del sud. Nel quadro dei LEA, se in testa alla classifica nazionale per adempimenti troviamo la cinquina composta da Emilia-Romagna, Toscana, Veneto, Piemonte e Lombardia, per vedere la posizione della Sicilia bisogna scorrere fino alla sezione di allarme evidenziata in giallo, al quattordicesimo posto. La Sicilia quindi si mantiene, come magra consolazione, appena sopra regioni in stato di assoluto disastro come la Puglia, la Calabria la Campania e la Sardegna.
Che altre regioni stiano messe peggio non risolve i problemi della Sicilia che, comunque, fa parte di quel gruppo di regioni con maggiore “turismo sanitario”. Come si legge nel 6° rapporto della Fondazione GIMBE: “Dall’analisi della mobilità attiva e passiva emerge la forte capacità attrattiva delle Regioni del Nord, cui corrisponde quella estremamente limitata delle Regioni del Centro-Sud. In particolare, un recente report della Corte dei Conti ha documentato che nel decennio 2010-2019 (corrispondente al riparto del FSN per gli anni dal 2012 al 2021) 13 Regioni, quasi tutte del Centro Sud, hanno accumulato un saldo negativo pari a € 14 miliardi, mentre tre dei primi quattro posti per saldo positivo sono occupati dalle Regioni del Nord che hanno richiesto le maggiori autonomie”. Mentre l’attuale legislatura lavora al Ddl sulle autonomie differenziate, e le regioni Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia spingono per consolidare l’attuale forma di regionalismo differenziato per la sanità, la Sicilia conferma il proprio trend negativo per i LEA e anche sulla spesa per la sanità. Nel 2020, anno in cui esplode l’emergenza sanitaria nazionale per la pandemia, la Sicilia registrava un saldo negativo di circa 200 milioni di euro.
Le interrogazioni dei deputati siciliani sulla questione sanitaria
Si sono svolte lo scorso mercoledì, nel corso della seduta di lavori all’ARS, le interrogazioni sul tema sanità in Sicilia all’assessore per la salute Giovanna Volo. Tra le interpellanze più dolenti, nel contesto di un diffuso quadro di disservizi che variano dai dispositivi sanitari carenti da una parte al personale sanitario e fino alla mancanza di provette nel reparto di malattie infettive del Policlinico di Palermo, hanno assunto evidenza due specifici episodi.
Uno, dagli esiti drammatici, riguarda la morte di un uomo lo scorso 18 aprile, quando un cittadino del comune palermitano di Collesano ha avuto un malore e tra indisponibilità e giri di telefonate tra operatori per reperire un’ambulanza disponibile, sarebbero trascorsi 25 minuti prima dell’arrivo di un’unità con autista e infermiere e 47 minuti per l’arrivo di una unità con medico rianimatore a bordo che otto minuti più tardi, 55 minuti dopo la prima chiamata al 118, avrebbe constatato il decesso del paziente avvenuto in seguito ad arresto cardiocircolatorio consumatosi senza intervento sanitario tempestivo.
Altra circostanza rilevante tra le interrogazioni parlamentari all’ARS sulla sanità, con interrogazione depositata il 23 maggio, è il caso così proposto al presidente della Regione e all’assessore alla salute: “Chiarimenti in merito alla mancata installazione della risonanza magnetica all’ospedale Salvatore Cimino di Termini Imerese (PA) di cui alla Delibera del Direttore Generale dell’ASP di Palermo n. 934 dell’1/10/2020″. Uno dei punti critici del servizio sanitario pubblico sono appunto le interminabili liste d’attesa per esami quali TAC, Risonanza Magnetica ed altri che, alla fine, per urgenza o sfinimento, spingono gli utenti a rivolgersi in strutture private convenzionate e non.
Regione, oltre 8 milioni di cofinanziamento per la sanità in Sicilia
Negli scorsi giorni è stato annunciato il via libera da parte della Giunta regionale del presidente Renato Schifani dell’integrazione triennale destinata al cofinanziamento degli investimenti per migliorare l’assistenza sanitaria attraverso la riqualificazione edilizia e tecnologica. Si tratta di 8,45 milioni di euro ripartiti in 422.000 euro per l’anno corrente, 4,64 milioni di euro per il prossimo anno e 3,38 milioni di euro per il 2025.
Questa è la quota regionale, pari al 5% dell’investimento complessivo, per gli interventi progettati dalle Asp e dalle Aziende ospedaliere dell’Isola. La restante quota, il 95%, è la parte che verrà coperta dai fondi statale in progressiva riduzione come da DEF approvato in Parlamento con il definitivo licenziamento della Nadef.
“Il mio governo è impegnato per non perdere alcuna opportunità. Vogliamo offrire ai siciliani una sanità sempre più efficiente e moderna”, ha dichiarato il presidente Schifani. Le somme stanziate derivano dall’avanzo di gestione del bilancio regionale da utilizzare per gli investimenti in oggetto. “Abbiamo già trasmesso a Roma, tramite il dipartimento della Pianificazione strategica dell’assessorato alla Salute, tutti i 42 progetti di investimento predisposti delle strutture sanitarie dell’Isola entro i termini perentori previsti dal Ministero”, prosegue Schifani.
Il presidente della Regione ha quindi definito la dotazione finanziaria deliberata “un corposo Piano che attende solo il via libera dagli uffici ministeriali e per il quale la Regione fa la sua parte, mettendo a disposizione le somme necessarie a coprire la propria quota di spesa”.
“Per quanto riguarda gli interventi nell’ambito dell’art. 20 della legge 67/88 – si legge in una nota della Regione Siciliana – sarà questa la ripartizione degli investimenti, tra opere e forniture di attrezzature tecniche, nelle province dell’Isola: 102 milioni nel Trapanese, 81,5 nel Palermitano, 55 nel Catanese, 20 nell’Ennese, 17 in provincia di Caltanissetta, 13,4 nel Messinese, 12,4 nel territorio di Siracusa, 3,6 milioni nel Ragusano e 1,5 in provincia di Agrigento”. La Giunta regionale, inoltre, ha approvato anche l’integrazione della quota a carico del bilancio della Regione per la compartecipazione del 30% alla spesa per gli interventi ex art. 71 della legge 488/98: 281 mila euro nel complesso, da destinare ai Comuni di Palermo e Catania per la riqualificazione della spesa sanitaria.
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