Intervista a Rosario Pintaudi, illustre papirologo, professore e archeologo. Lo studioso è stato insignito della cittadinanza onoraria di S. Angelo di Brolo
SANT’ANGELO DI BROLO (ME) – Conferita la cittadinanza onoraria al papirologo Rosario Pintaudi, cresciuto a Firenze ma originario del messinese. Una vita di scoperte nel campo del mondo antico; una vita in cui relazioni e carriera si legano a doppio filo. Lo abbiamo intervistato per conoscerlo.
Professore, lei ha alle spalle un 50ennio di successi: qual è stato il suo percorso formativo?
“Il ginnasio è stato per me molto formativo ma anche una tragedia. C’era il professore di greco, Rino Piccioli, e con lui sono andato da schifo. Frequentavo le scuole pie fiorentine. Mio papà, di origine siciliana e rigido sull’istruzione, andò a ricevimento con Piccioli e scoprì che avevo tre in greco. Rimase deluso, vedeva in me un motivo per potersi risollevare dalla condizione di emigrato: dopo quel ricevimento me le dette di santa ragione, mia mamma dovette mettersi in mezzo. Di questo si risentirà per sempre. Quella lite mi impressionò e durante le vacanze di Natale imparai a memoria la grammatica greca e così il mio voto passò a nove. Da allora mi appassionai. Avevo due mantra: il greco e il judo, mia altra passione. Poi mi iscrissi alla facoltà di Lettere: mio padre mi avrebbe voluto ragioniere, ma mi lasciò scegliere. In tre anni avevo finito gli esami con ottimi voti e chiesi la tesi al professore Alberti di Paleografia greca. Mi diede lo studio di un codice della biblioteca laurenziana: dal ‘72 iniziò il mio rapporto indissolubile con la biblioteca, che continua fino ad oggi. La tesi di laurea venne pubblicata. Successivamente una ragazza mi convinse a frequentare Papirologia – più per incontrarci che per lo studio – e lì incontrai il professor Manfredi, esperto di cultura egizia. Subito mi propose di partire con lui per restaurare i papiri dei musei del Cairo, a Antinoupolis. Decisi di partire, anche se dormire nella stanza con Manfredi mi intimidiva: avevo paura di russare!”
La carriera di Pintaudi è in continuo movimento: l’incarico di restauro e analisi dei papiri conservati nella laurenziana lo portano a pubblicare, nel 1976, il primo volume di Papyrologica Florentina. Nell 1982 è responsabile dei papiri greci Wessely nella biblioteca nazionale di Praga e insieme agli scavi in Egitto va avanti la sua carriera accademica a Messina. Negli anni 2000 è direttore della missione archeologica dell’Istituto Papirologico fiorentino ad Antinoupolis, rappresentante dell’Association International des Papyrologues di Bruxelles e dell’Istituto Italiano IICE, di cui poi viene eletto presidente (2011).
Una vita tra Firenze e Il Cairo, poi il ritorno a Messina: com’è andata?
“Andai per un po’ di anni sullo scavo medio d’Egitto a 300 km a sud del Cairo e lì mi conoscevano tutti dopo un po’, era casa. Negli anni ‘90 però le conseguenze della guerra dei sei giorni bloccarono gli scavi e la mobilità, così ritornai a casa, finché nel 2000 gli scavi ripresero e vi lavorai fino al 2022: diventai coordinatore dello scavo. In parallelo svolgevo l’attività accademica in Sicilia. Avevo fatto la domanda per il concorso a Milano in Papirologia ma, con mia delusione, non entrai. A quel punto, però, ricevetti la telefonata dell’Università di Messina, mi dissero alla ‘siciliana maniera’ – racconta ridendo – ‘che non mi dovevo preoccupare e che mi avrebbero sistemato loro’. Feci il concorso a Messina e venni preso subito, anche se rimanere a Firenze mi sarebbe piaciuto. Nel 1986 presi la cattedra e fino al 2018 ho svolto la professione. Ho condotto, da allora, una doppia vita tra Egitto e Sicilia. Ero siciliano nell’intimità e negli anni questa identità si è accentuata”.
“Il mio legame con Firenze e con la biblioteca laurenziana però rimane fino ad oggi. Il vice direttore della laurenziana, Mario Tesi, manifestò per me una grande simpatia che fu determinante nella mia vita: tramite lui arrivai ad Alfio Manetti grazie al quale organizzai il libro Papyrologica florentina, pubblicato nel 1976. Nella fase di ideazione dell’opera andai entusiasta dal mio professore Manfredi, che però mi scoraggiò del tutto a riguardo. Manetti lì mi diede un grande insegnamento ‘o Papyrologica Florentina o niente’ e siamo andati avanti: se tu hai un pensiero non farti intimorire dai ricatti di nessuno. La collana alla fine uscì con quel nome e il Manfredi acquistò 20 copie per regalarle agli ospiti internazionali” .
Il conferimento della cittadinanza onoraria a Sant’Angelo di Brolo: che sensazioni ha provato?
“Io odiavo questo paese. Mio padre andava in vacanza nel terreno di proprietà: mio nonno era emigrato negli Usa per lavorare alla metro di New York, poi tornato giù con il guadagno, aveva comprato dei terreni in varie contrade di Sant’Angelo e uno di questi terreni è toccato a mio padre, che ha costruito una casa con i suoi risparmi e sacrifici. Non mi piaceva andare lì, era strano, e crescendo ci andavo solo per accompagnare i miei con la macchina. In questo terreno è venuta fuori una bella villa che non ho mai amato, devo dire la verità. A livello psicologico mi ricordava il contrasto con mio padre. Crescendo le cose sono cambiate, quella casa adesso la amo e ci torno spesso. Mio padre sarebbe stato molto fiero di me”
“In generale per me le relazioni con le persone sono state fondamentali. Così come il mio amore per la Sicilia non è mai andato via. Questa cosa della cittadinanza onoraria è positiva: ho lasciato i miei libri di lettura alla biblioteca comunale del paese, in modo che i giovani li possano prendere in prestito. Oltre questa occasione, il sindaco mi ha assicurato che farà un museo a mio nome visto che donerò molte delle mie cose provenienti dall’Egitto – ne sono un grande collezionista – vista la carenza di musei egizi: Sant’Angelo potrà così diventare un piccolo polo museale”.