A confermare il trend allarmante è lo studio realizzato dalla Flai CGIL attraverso il quinto rapporto dell’Osservatorio Placido Rizzotto
Oltre un milione e trecentomila ettari di terreni agricoli coltivati, 82 mila aziende agricole operanti e oltre 142 mila lavoratori agricoli irregolari: il 42% di tutti quelli impegnati nelle campagne e nei terreni dell’Isola. Sono numeri di impatto quelli che fanno riferimento allo stato dell’agricoltura in Sicilia e che rendono il terreno fertile per la crescita e diffusione del fenomeno del caporalato.
I dati provengono da un incrocio di statistiche. Le prime fanno riferimento all’ultimo report Istat disponibile, che segnala un elevatissimo tasso di irregolarità nel settore in cui sempre più stranieri e disperati si ritrovano a svolgere orari di lavoro massacranti per paghe che sfiorano le 3 euro l’ora. A confermare il trend allarmante è lo studio realizzato dalla Flai CGIL attraverso il quinto rapporto dell’Osservatorio Placido Rizzotto. Ma andiamo con ordine.
I dati
La Sicilia possiede 1,3 milioni di ettari di terreni agricoli coltivati, aspetto che la rende la prima regione italiana per suolo utilizzato in agricoltura e la seconda, dopo la Puglia, per numero di occupati. Delle oltre 82.000 aziende, sono 26.500 quelle che occupano manodopera. I lavoratori iscritti regolarmente sono 15.000 ai quali si aggiungono 14.000 stranieri in regola. Gli irregolari risultano però 142.000: il 42% del totale dei lavoratori agricoli in Sicilia.
La Sicilia presenta un tasso di irregolarità del 16,5%, che la colloca al terzo posto a livello nazionale. Peggio fanno, non a caso, altre due regioni del Sud: Calabria (18%) e Campania (16,5%). Proprio da Calabria e Campania, oltre che dalla Sicilia, provengono i più recenti fatti di cronaca riguardanti le pratiche di caporalato attive e le difficoltà di contrasto da parte dello Stato, spesso assente nei piccoli comuni e nell’entroterra.
Mancano gli ispettori del lavoro
A scarseggiare sono soprattutto gli ispettori del lavoro: nel 2023 sono stati effettuati 252 controlli, di cui 52% nel Sud, 37% al Centro, e 35% al Nord. In particolare, in Puglia, ci sono stati 93 casi di sfruttamento su 220 denunce. In Sicilia, il numero di denunce è stato di 33. Molti sono infatti i lavoratori che, pur di non perdere il misero stipendio che riescono a racimolare, preferiscono restare in silenzio ed evitare di denunciare. Una situazione resa ancor più complessa dalla crisi idrica che sta affrontando l’Isola: nonostante gli incentivi a pioggia promessi dal governo centrale e regionale sui quali si è a più riprese esposto il presidente Schifani, chi rischia di pagare a caro prezzo l’assenza di acqua nei terreni sono soprattutto i lavoratori. Meno acqua significa meno coltivazioni. Meno coltivazioni significa meno lavoro a disposizione. Minor numero di operai necessari significa disoccupazione e maggior possibilità di sfruttamento degli irregolari presenti. Stando alle statistiche dell’Istat, a livello nazionale, lo sfruttamento del lavoro irregolare nell’agricoltura ha comportato una perdita di 5,4 miliardi di euro e di 6.000 lavoratori regolari.
Aumentano le denunce dei lavoratori sfruttati
Tutti temi sul tavolo dei sindacati. In particolar modo, su quelli della CGIl, che il 31 luglio è scesa ancora una volta in piazza a Scordia, in provincia di Catania, per denunciare la presenza del fenomeno del caporalato e le condizioni critiche nelle quali sono costretti a lavorare gli operai agricoli. Il quinto rapporto fornisce elementi per valutare l’incremento delle denunce dei lavoratori sfruttati, in particolare, e delle inchieste penali, in generale, mediante il rafforzamento delle reti di assistenza-protezione-tutela delle vittime di sfruttamento e di caporalato in agricoltura grazie al progetto chiamato Diagrammi Sud. E poi ancora alloggi dignitosi e non più campi profughi improvvisati per i tanti migranti che operano nel settore. E ancora l’eliminazione degli insediamenti abusivi e l’utilizzo dei fondi del PNRR per poter investire nel settore dell’agricoltura. A chiedere l’attuazione di queste misure il segretario generale della CGIL Sicilia, Alfio Mannino. “Sono tanti i lavoratori sfruttati, italiani e non italiani. Tanti i lavoratori in nero, spesso immigrati irregolari, senza permesso di soggiorno. L’anno scorso abbiamo terminato a dicembre il progetto Diagrammi Sud e accompagnato 12 lavoratori a denunciare la loro condizione di sfruttamento permettendo loro di entrare in protezione. Nel frattempo, le forze dell’ordine e la magistratura stanno conducendo le indagini”.
Le parole al QdS del segretario Flai CGIL Sicilia, Tonino Russo
A spiegare tutto nel dettaglio ai microfoni del Quotidiano di Sicilia è il segretario Flai CGIL Sicilia, Tonino Russo. “Da Trapani a Catania passando per Ragusa, vengono fatte ispezioni dalle forze dell’ordine e si trovano irregolarità di tutti i tipi: da quelle contrattuali a quelle sulle norme sulla sicurezza. Fatti che avvicinano i lavoratori siciliani a quelli di Latina – spiega Russo – dove siamo scesi in piazza per denunciare quanto accaduto al lavoratore indiano morto in seguito alle gravi ferite riportare sul lavoro”. Tra i vari casi di cronaca verificatisi in Sicilia, la morte dello scorso febbraio del lavoratore marocchino ucciso a Paternò. “Anche questo un lavoratore regolare sfruttato dai caporali. E poi ancora il caso di Acate e tanti altri nell’Isola – aggiunge Russo. A tal proposito, stiamo realizzando una campagna in tutta la Sicilia chiamata il cibo dei padroni”. La CGIL ha anche “chiesto a tutte le prefetture e a tutti i comuni che, laddove siano presenti i fondi del PNRR per il superamento degli insediamenti abusivi, vengano utilizzati”. La Sicilia ha a disposizione 35 milioni per costruire alloggi per questi lavoratori, “perché il caporalato dello sfruttamento si contrasta con la prevenzione”.
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