I dati rivelano una situazione abbastanza preoccupante per la nostra Isola, che sembra essere al limite della zona arancione.
Per quanto riguarda le morti sul lavoro, la Sicilia si conferma in zona arancione e cresce negli anni l’incidenza dei casi per milione di occupati.
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La nostra Isola è, infatti, a un passo dalla zona rossa e con dati in crescita che potrebbero farla tornare ai livelli ancora più preoccupanti del 2020.
I dati del report di Vega, osservatorio sicurezza e ambiente
Questi i dati dell’ultimo rapporto dell’osservatorio Sicurezza e Ambiente Vega, aggiornato al 31 dicembre 2023. Emerge come la Sicilia sia all’ottavo posto per infortuni mortali sul lavoro, classificata come prima in zona arancione, con un’incidenza di 38,9.
Le tre regioni dove lavorare è più pericoloso sono invece Abruzzo, Umbria e Basilicata. È, invece, la Valle D’Aosta a raggiungere il risultato migliore, poiché le incidenze di morti sul lavoro sono ben inferiori rispetto alla media del Paese. Seguono Toscana e Lazio, in zona bianca rispettivamente con un indice del 20,4 e del 25,4.
L’incidenza delle morti sul lavoro in Sicilia
L’incidenza degli infortuni che causano le morti sul lavoro indica il numero di lavoratori deceduti durante l’attività lavorativa in una determinata regione o provincia ogni milione di occupati presenti nella stessa. Questo indice consente di confrontare il fenomeno infortunistico tra le diverse regioni, pur caratterizzate da una popolazione lavorativa differente.
“Il primo risultato è già un violento tuffo nell’emergenza. Perché sono 4.622 le vittime sul lavoro da gennaio 2020 a dicembre 2023. Ciò significa oltre 1.150 decessi all’anno: 1.004 in itinere e 3.618 in occasione di lavoro. Ed è quest’ultimo il dato più preoccupante, perché è quello che definisce la qualità della quotidianità lavorativa degli italiani”, osserva Mauro Rossato, presidente dell’Osservatorio Sicurezza e Ambiente Vega.
Edilizia: il settore maggiormente colpito
Osservare l’andamento infortunistico negli ultimi quattro anni, significa ripercorrere un periodo molto complesso, soprattutto per la salute e per l’economia del Paese.
Nel caso di denunce di infortunio con esito mortale, a fine 2023 sono le Costruzioni a far registrare il maggior numero di infortuni mortali, circa 150 e, anche nel caso dell’analisi quadriennale, detengono il primato con 522 decessi.
A seguire, le Attività manifatturiere con 459 morti sul lavoro e i Trasporti e Magazzinaggio con 435 vittime. Nel 2023 è il settore delle Attività Manifatturiere quello che registra il numero maggiore di denunce di infortunio, comunque inferiori al 2020, seguito da Sanità, Costruzioni e Trasporti.
Le fasce di età più colpite dalle morti sul lavoro
Nell’analisi quadriennale, l’Osservatorio individua anche le fasce dei lavoratori più a rischio, suddivisi per età.
La fascia dei lavoratori ultrasessantacinquenni vede l’incidenza di morti sul lavoro negli ultimi quattro anni andare da un minimo di 96 morti per milione di occupati relativo al 2022 ad un massimo di 188 nel 2020. A seguire, la fascia di lavoratori poco più giovani, quelli con età compresa tra i 55 e i 64 anni (da 61 a 96).
Il dato maggiormente spaventoso è quello che riguarda i giovanissimi lavoratori: è, infatti, enormemente elevata l’incidenza di mortalità tra i 15 e i 24 anni. Il rischio di morte sul lavoro nel quadriennio considerato va da 23 morti per milione di occupati a 28.
Il rischio per i lavoratori stranieri
Anche per i lavoratori stranieri si parla di incidenze di mortalità elevate rispetto a quelle dei colleghi italiani: nell’ultimo biennio considerato dall’Osservatorio Vega Engineering, il rischio è diventato addirittura più del doppio.
Nel 2023, per i lavoratori stranieri, infatti, si registrano 65,3 morti ogni milione di occupati, contro i 31,1 italiani che perdono la vita durante il lavoro ogni milione di occupati.
Fonte foto: Report Osservatorio sicurezza e ambiente – Vega