Sicilia sbranata dal cemento, scomparsa in un anno un’area pari al Parco della Favorita - QdS

Sicilia sbranata dal cemento, scomparsa in un anno un’area pari al Parco della Favorita

Sicilia sbranata dal cemento, scomparsa in un anno un’area pari al Parco della Favorita

martedì 01 Ottobre 2019

Ispra: neanche nel 2018 si è fermato il consumo di suolo nella regione più cementificata del Sud e quarta in Italia. Si perdono 1,6 metri quadrati per ogni ettaro. Il consumo nelle aree a rischio. Il pericolo che viene dal mare. Il consumo di suolo costa fino a tre miliardi all’anno per la perdita dei servizi ecosistemici. Dall’erosione all’inquinamento il cemento fa danni miliardari

PALERMO – La copertura dei suoli, con tutto quello che ne consegue in termini di perdita di sostenibilità ambientale e anche di protezione nella lotta al dissesto, è proseguita anche nel 2018. In termini assoluti la Sicilia resta la prima regione meridionale per suolo consumato e la quarta a livello nazionale. Il dato relativo allo scorso anno, in termini di consumo netto, la colloca, invece, al quinto posto, dopo Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Puglia. Numeri che vanno chiaramente distribuiti sulla superficie territoriale isolana e che quindi ne dilatano notevolmente l’incidenza in termini di consumo di suolo netto (metri quadrati su ettari), che infatti risulta tra i più bassi d’Italia, anche se non bisogna abbassare la guardia perché la cementificazione non risparmia nulla, nemmeno le zone che dovrebbero restare più protette, come quelle a rischio sismico o le porzioni lungo il litorale. Lo rivelano gli ultimi dati dell’Ispra nell’ambito del rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”, redatto dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa).

SI PERDONO 1,6 MQ PER OGNI ETTARO

“La densità dei cambiamenti netti del 2018 – si legge all’interno del rapporto – ovvero il consumo di suolo rapportato alla superficie territoriale, rende evidente il peso del Nord-Est che consuma 2,65 metri quadrati ogni ettaro di territorio, contro una media nazionale di 1,6 mq/ha. Tra le regioni, la densità del consumo di suolo è più alta in Veneto (5,03 mq/ha), Friuli-Venezia Giulia (3,01 mq/ha), Lombardia e Abruzzo (oltre i 2,6 mq/ha)”. La Sicilia è menzionata tra le Regioni più in crescita in termini di valore assoluto (302 ettari tra il 2017 e il 2018, dietro Veneto, Lombardia e Puglia), anche se nel complesso la perdita di territorio è lievemente inferiore a quella nazionale, pari a 1,17 mq per ettaro. In ogni caso, è come se in un anno fosse scomparsa un’area grande quasi quanto l’enorme Parco della Favorita a Palermo (che di ettari ne conta 400).

IL CONSUMO NELLE AREE A RISCHIO

La percentuale di suolo consumato, nel corso del 2018, nelle aree a pericolosità da frana “molto elevata” ed “elevata” a livello siciliano, è risultata più elevata della media nazionale: 3,4% contro 2,8% nel primo caso e 4,4% contro 3,2% nel secondo. Anche in termini di confronto tra i due anni in questione (2017 e 2018), risultano col segno positivo tutti i settori. Di un punto superiore al dato percentuale nazionale (8,3 contro 7,4) è anche il dato relativo al suolo consumato in aree a pericolosità sismica (alta) e di due punti (6,3 contro 4,9) nella fascia successiva (molto alta).

IL PERICOLO VIENE DAL MARE

A livello nazionale, l’analisi del consumo di suolo nella fascia costiera viene strutturata sulla base delle distanze dalla linea di costa, quindi 300 m (dove quasi un quarto del territorio è artificializzato), tra 300 e 1.000 m (19,7%), tra 1 km e 10 km (9,3%) e oltre 10 km (7%). La Sicilia è tra le regioni che, proprio nella prima fascia, registra valori superiori alla media nazionale, sfiorando addirittura il 30%. Anche nella fascia tra 300 m e 1 km la percentuale isolana (24,9%) supera quella nazionale (19,7%). Nell’Isola ci sono 2,06 mq per ettaro consumato nella fascia dei primi 300 metri.

LA SITUAZIONE REGIONALE TUTTI I PEGGIORI

A livello siciliano, tra i comuni capoluogo per incremento 2017-2018, dopo l’insospettabile Butera, prima siciliana per incremento di suolo tra il 2017 e il 2018 (+15,4 ettari), ci sono Catania (11,5) e quindi Ragusa (11,3). A livello di suolo consumato in percentuale a livello comunale ci sono tre comuni isolani che hanno fatto registrare risultati particolarmente sconfortanti: Isola delle Femmine (53,81%), Gravina di Catania (49,35%), Villabate (48,33%).

A livello comunale, ma in termini di superficie consumata, i valori maggiori si sono registrati a Palermo (6.344 ettari, settimo posto nazionale), a Vittoria (5.325, undicesimo posto nazionale), a Catania (5.156 ettari, quattordicesimo posto) e Ragusa (5.025 ettari, sedicesimo posto).

IL CASO

Nel rapporto Ispra vengono citati dei casi simbolo di consumo di suolo in Italia. Ce ne sono anche alcuni in Sicilia, tra cui quello del comune di San Mauro Castelverde, in provincia di Palermo, in relazione a un’area di oltre 2 ettari con “totale rimozione della vegetazione costituita prevalentemente da ulivi con presenza di querce da sughero e elementi della macchia mediterranea”. L’intervento, secondo quanto riportato, è presumibilmente finalizzato alla trasformazione agraria dell’ordinamento colturale preesistente.


Il consumo di suolo costa fino a 3 miliardi l’anno per la perdita dei servizi ecosistemici
Dall’erosione all’inquinamento il cemento fa danni miliardari

PALERMO – L’Ispra valuta anche l’impatto del consumo di suolo e di come questo interagisca con molti aspetti della vita pubblica e privata. Tra questi ci sono anche la perdita dei servizi ecosistemici, cioè “la produzione agricola, la produzione di legname, lo stoccaggio di carbonio, il controllo dell’erosione, l’impollinazione, la regolazione del microclima, la rimozione di particolato e ozono, la disponibilità e purificazione dell’acqua e la regolazione del ciclo idrologico, cui si aggiunge la qualità degli habitat, anche in considerazione con la strategia dell’Unione Europea sulla Biodiversità (2020) che prevede la valutazione e la mappatura dello stato degli ecosistemi e dei loro servizi, al fine di supportare le scelte di pianificazione e protezione degli ecosistemi”.

Si tratta di valori complessivi valutati in termini di perdita dei flussi servizi ecosistemici che di fatto possono essere stimati anche in termini economici, calcolando appunto i vari ambiti elencati, e che si stima vanno da -2,1 miliardi all’anno, come valore minimo, a -2,4, come valore medio, a -2,8 come valore massimo. Calcolando anche l’aspetto che riguarda la valutazione economica della perdita di stock di servizi ecosistemici, tra il 2012 e il 2018, si stima la perdita di circa 1 miliardo dalla produzione agricola, 44 milioni da stoccaggio e sequestro di carbonio e 21,9 milioni dalla produzione di legname.

Non ci sono dati di dettaglio regionali, anche se, stando a quanto riportato nel precedente rapporto, la mappatura dei costi economici associazioni alla perdita di servizi ecosistemici (costi complessivi) dovuti al consumo di suolo, calcolata in euro per anno, oscillava in Sicilia tra 42 e 66 milioni di euro.

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