Vantaggi e rischi. Chi decide, in caso di disaccordo, sulle somministrazioni ai figli minorenni. Lo spettro della miocardite, che però colpisce anche gli ammalati di Covid, e il nodo del quando
Il via libera della Cina al vaccino Sinovac per bambini e ragazzi dai tre ai diciassette anni arriva a circa una settimana dalla scoperta in Israele di casi di miocardite nei giovanissimi vaccinati e va ad alimentare le tante domande sull’opportunità o meno di somministrare le dosi a bambini e ragazzi. E comunque su quando farlo.
Il problema è che la casistica disponibile è attualmente, per forza di cose, molto bassa per i ragazzi dai dodici anni in su, dal momento che le sperimentazioni sono state condotte solo sugli adulti e che nel mondo sono pochissimi i giovani che hanno avuto il vaccino.
Mancano poi del tutto i dati sui bambini dai tre ai dodici anni.
Ciò induce nelle famiglie italiane infinite discussioni sull’opportunità di vaccinare o meno i figli minorenni. E questo pone il problema su chi debba decidere in caso di disaccordo.
Chi decide sul vaccino dei figli
Nei centri vaccinali viene richiesto, per i minorenni, il consenso di entrambi i genitori. E, in caso di coppie separate e in disaccordo dovrebbe decidere il giudice. Senonché, non essendo il vaccino anti Covid-19 obbligatorio, il magistrato potrebbe non autorizzare la somministrazione, come avvenuto in passato per vaccinazioni contro papilloma virus e meningite, proprio perché facoltative. Ma le due malattie, come scritto nella sentenza, erano scarsamente diffuse. Per la pandemia, le decisioni potrebbero essere diverse. E si potrebbe richiedere anche l’opinione dei cosiddetti “grandi minori”, ossia ragazzi e ragazze prossimi alla maggiore età.
Quando invece i genitori litigano sul vaccino anche senza essere separati, la competenza è del Tribunale per i minorenni.
“E’ giusto vaccinare i bambini”
A prescindere dalle decisioni dei genitori, quel che la Scienza al momento ci dice è che “i vaccini si sono dimostrati formidabili in termini di efficacia e protezione” e che “è giusto vaccinare i bambini”.
Ad affermarlo è Giuseppe Remuzzi, direttore dell’istituto farmacologico Mario Negri di Milano.
“I dati disponibili – conferma lo scienziato – riguardano i ragazzi al di sopra dei dodici anni: prima di questa età non esiste una casistica”, ma è ugualmente “importante studiare i bambini perché bisognerà trovare il dosaggio giusto”.
Reattività immunologica più vivace
In generale si sa, per esempio, che “tra i quindici e i ventiquattro anni la reattività immunologica è più vivace che negli adulti”, ma scendendo nel dettaglio dei vaccini anti Covid gli unici dati finora pubblicati arrivano da Stati Uniti e Israele e si riferiscono al vaccino Pfizer/BioNTech.
I primi, pubblicati sul New England Journal of Medicine, sono stati presentati all’agenzia regolatoria americana Fda (Food and Drug Administration) per l’autorizzazione e si basano su 2.260 adolescenti fra i dodici e i quindici anni.
Di questi 1.131 hanno preso il vaccino con la stessa dose prevista per gli adulti; gli altri hanno avuto un placebo.
Disturbi comuni come febbre e dolori
Sono dati che dicono che “la sicurezza c’è, in quanto non si sono rilevati eventi avversi inaspettati, ma solo disturbi comuni come febbre, mal di testa e dolori articolari”.
“E’ anche vero – sottolinea Remuzzi – che questi casi sono troppo pochi per far emergere eventuali eventi avversi”.
I dati di Israele, relativi a cinque milioni di bambini vaccinati, hanno rilevato 257 casi di una rara forma di miocardite, ossia un’infiammazione del muscolo cardiaco che in alcuni casi è transitoria e che in altri potrebbe avere conseguenze gravi.
Miocarditi estremamente rare
“E’ un fenomeno estremamente raro – conferma Remuzzi – ma c’è: non si può far finta che non ci sia. Va studiato e capito per cercare di fare diagnosi rapide e di curarlo”.
Un rischio analogo, però, possono correrlo anche i bambini che si ammalano di Covid-19, hanno osservato i Centri per il controllo delle malattie (Cdc) degli Stati Uniti.
Insomma, sono ancora tante le domande che non trovano risposta, ma per Remuzzi il punto fermo è che “certamente un giorno bisognerà vaccinare i bambini” e che allora si dovrà “scegliere il momento giusto”.
Il nodo del “quando”
“Il ‘quando’ farlo – spiega lo scienziato – dipende dal Paese in cui ci si trova e dalle dosi disponibili”.
Per esempio, “in Italia attualmente la priorità non sono i bambini, ma quel dieci per cento degli over 60 e il terzo degli over 50 che non hanno ancora ricevuto la prima dose di vaccino”.
Prima anziani e fragili
“Prima di pensare ai bambini, insomma – spiega – dobbiamo arrivare all’85%-90% di adulti che hanno ricevuto la prima dose perché l’obiettivo è evitare le forme gravi della malattia, i ricoveri e i decessi”.
Dare la seconda dose ai più anziani e fragili, conclude, “è un modo per proteggerli dalla variante indiana, o Delta, destinata a sostituire quella inglese, o Alfa, nel giro di settimane”.