Nel 2003 elaborata una Carta delle aree esposte al fenomeno, a rischio concreto 4.946 km2. Vulnerabile il 63% del territorio. Gurrieri (Cia): “Irrigare per evitare pericoli”
PALERMO – La desertificazione è un processo molto complesso che consiste nella progressiva perdita di fertilità e capacità produttiva dei suoli, fino agli estremi risultati in cui i terreni non possono più ospitare flora e fauna. Si tratta di fenomeni spesso molto lenti, ma che anche nelle fasi intermedie comportano molte conseguenze negative sulle caratteristiche dei suoli, in termini di capacità di sostenere la vita (compresa quella “gestita” dall’uomo, cioè l’agricoltura e gli allevamenti).
Tra i fattori che contribuiscono in maniera decisiva alla riduzione delle biodiversità e della produttività biologica globale, si annoverano l’aridità, la siccità, i cambiamenti climatici, la riduzione del contenuto di sostanza organica nel terreno, gli incendi a carico della vegetazione, l’erosione idrica ed eolica, la pressione dei pascoli, l’eccesso di salinità nei suoli, l’intensità delle attività agricole, l’abbandono dei campi, l’urbanizzazione e cementificazione. Il fenomeno non è circoscritto a pochi chilometri quadrati ma coinvolge il 5,5% del territorio italiano (circa 16.577 km quadrati), mentre il 63% del suolo siciliano è risultato altamente vulnerabile (16.197 km quadrati).
A questo proposito, è stata elaborata già nel 2003 una “Carta delle aree vulnerabili al rischio di desertificazione in Sicilia”, nell’ambito del Programma di Iniziativa Comunitaria (PIC) Interreg IIC dagli assessorati Agricoltura e Foreste e Territorio e Ambiente, con la collaborazione del Centro di telerilevamento mediterraneo. Secondo la carta, emergerebbe un rischio molto elevato di desertificazione per il 19,24% del suolo siciliano, elevato per 40,22%, medio per 30,79%, moderato per il 9,49% e basso per lo 0,20%.
La Sicilia è una terra geologicamente giovane e fragile, per cui la perdita di terreno vegetale, quando avviene, è irreversibile.
Nelle zone calanchive, cioè nelle zone nate per il livellamento del terreno, l’erosione delle piogge e del vento ha eliminato l’humus fertile e ha progressivamente scavato nella roccia, rendendo l’area non usufruibile per l’agricoltura (lungo l’autostrada Palermo-Catania esistono esempi di questo tipo). Anche gli incendi svolgono un ruolo non indifferente nel processo di desertificazione, poiché eliminano la vegetazione lasciando esposto il suolo alle intemperie e ai venti con conseguenti fenomeni erosivi.
Secondo il presidente dell’Ordine regionale dei Geologi, Gianvito Graziano, “è possibile che ci sia in atto un cambiamento climatico e che tali variazioni siano normali nelle ere climatiche terrestri, però esistono anche altre ragioni, come l’abbandono delle campagne. Infatti, i nostri terreni sono a forte consistenza argillosa e richiedono cure costanti, che se mancano, provocano il degrado progressivo del terreno stesso”. Fa eco il presidente della Cia (Confederazione italiana agricoltori) Sicilia il quale ritiene che “la desertificazione dipende principalmente dall’abbandono delle campagne da parte degli agricoltori, per cui il terreno diviene un pericolo per l’ambiente perché non è più curato e si favoriscono così frane e smottamenti. Piuttosto che pensare a chiudere l’azienda agricola, occorre pensare a come renderla più efficiente garantendo servizi essenziali come l’acqua. L’agricoltore è il primo difensore dell’ambiente, ma gli va concesso di usare gli strumenti necessari senza creare inutili ostacoli”.