L’Ilva verso la chiusura. E così riparte la protesta - QdS

L’Ilva verso la chiusura. E così riparte la protesta

Antonio Leo

L’Ilva verso la chiusura. E così riparte la protesta

giovedì 27 Settembre 2012

Il gip di Taranto ha detto no al piano per il risanamento dell’impianto

TARANTO – Ore decisive per lo stabilimento dell’Ilva, la più grande acciaieria d’Europa, che è stata al centro del dibattito estivo. Il lungo tira e molla tra il Tribunale di Taranto e i proprietari dell’industria si è concluso in nuovo niet delle Procura. Il gip, Patrizia Todisco, infatti ha negato il proprio assenso al piano di interventi per il risanamento degli impianti inquinanti. Non solo, ma “condanna” lo stabilimento alla chiusura, in quanto nel provvedimento depositato dal giudice in cancelleria si legge il divieto di mantenere anche un minimo di produzione. Nel decreto odierno, il gip fa proprie gran parte del parere negativo espresso dalla Procura sulle richieste aziendali e le indicazioni date dal Tribunale del riesame nell’agosto scorso.
“Non c’è spazio – ha affermato a caldo il procuratore di Taranto, Franco Sebastio – per proposte al ribasso da parte dell’Ilva circa gli interventi da svolgere e le somme da stanziare. I beni in gioco – salute, vita e ambiente, ma anche il diritto a un lavoro dignitoso ma non pregiudizievole della salute di un essere umano – non ammettono mercanteggiamenti. Avevamo formulato una parere che almeno al momento ha trovato accoglimento”.
I lavoratori, però, non ci stanno: la paura di perdere la possibilità di assicurare un pasto caldo ai figli è più grande di qualsiasi tumore o altra malattia. Riparte, dunque, la protesta tra i camini di quel complesso industriale croce e sostentamento della loro vita. E così in cima a uno di quei camini, a 70 metri di altezza, nove lavoratori rilanciano quel grido disperato di chi si trova tra due fuochi: perdere il lavoro o perdere la salute. “Ho 35 anni, tre figli e un mutuo da pagare: non siamo estremisti aziendali. Vogliamo anche noi un ambiente migliore in cui lavorare ma anche mantenere il nostro posto di lavoro a tutti i costi”, ha detto uno dei nove lavoratori che sono saliti sulla passerella in cima al camino E312 dell’area agglomerato dell’Ilva.
Le parti sociali, però, non ci stanno e annunciano battaglia. “Ci hanno detto dall’azienda che non è in fase di spegnimento alcun impianto, questa voce ricorrente non corrisponde a verità”. Lo sottolinea il segretario provinciale della Fim Cisl di Taranto, Mimmo Panarelli, a proposito delle voci che avevano fatto montare la protesta degli operai.
E mentre altre centinaia di lavoratori si radunavano nei pressi della direzione dello stabilimento, nella parte interna, la Fim e la Uilm hanno indetto per oggi e venerdì scioperi dei dipendenti dello stabilimento. “Fim Cisl e Uilm Uil prendono atto – è detto in una nota – del forte clima di tensione sviluppatosi nelle ultime ore tra i dipendenti dell’Iva, che vedono a serio rischio la tutela del proprio posto di lavoro”.
Sulla vicenda è intervenuto, a margine del quostion time, anche il Ministro dell’Ambiente, Corrado Clini che ha dichiarato “Io non faccio mercato, ma intervengo a difesa della salute della popolazione”, commentando così quanto scritto dal Gip Patrizia Todisco sui “mercanteggiamenti” nella decisione negativa rispetto al Piano dell’Ilva. “Chiederemo a Ilva di cominciare a rispettare adesso, con 4 anni di anticipo, quanto sarà stabilito nell’Autorizzazione Integrale Ambientale, per l’adeguamento degli impianti di Taranto, che stiamo completando in questi giorni”, ha aggiunto Clini.
Una bufera. E mentre infuriano proteste e polemiche, su uno di quei cammini campeggia uno striscione, issato dai dipendenti, con la scritta “Lavoro e dignità”. Perché in questa vicenda gli unici che rischiano davvero di perdere uno dei due sacri diritti sono proprio loro.

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