Il lusso si espande, più ricchezza e lavoro - QdS

Il lusso si espande, più ricchezza e lavoro

Carlo Alberto Tregua

Il lusso si espande, più ricchezza e lavoro

venerdì 30 Novembre 2012

Tod’s, Frau, Ferragamo, Versace

È un classico dell’economia: quando vi è recessione e i cittadini normali sono chiamati a fare sacrifici (tranne i pubblici dipendenti, che non ne fanno), il settore del lusso, ad alto valore aggiunto, cresce a due cifre. Quattro aziende italiane leader crescono con una rapidità impressionante. Tod’s aumenta margini e ricavi: nei primi nove mesi il fatturato è aumentato del 7,3%. Poltrona Frau, controllata dal fondo Charme di Montezemolo, aumenta le vendite in Asia e nelle Americhe con una crescita a due cifre: oltre il 10%. Il gruppo Versace aumenta i propri ricavi del 12% e Ferragamo ha una crescita impetuosa delle vendite, superiore al 18% mentre l’utile sale all’8,1%.
Sono alcuni dei campioni imprenditoriali nazionali che dovrebbero essere l’orgoglio della nazione perchè potenziano fortemente il brand Italia e ne aumentano la notorietà soprattutto nei cinque Paesi emergenti del BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica).
L’intelligenza di questi imprenditori dovrebbe essere presa ad esempio da tanti altri che testardamente investono in settori maturi, senza innovazione e senza valore aggiunto, con la conseguenza che la crisi li rade al suolo. 

È vero che il credito delle banche si ottiene più difficilmente, però, imprenditori che fanno certificare i loro bilanci ottengono sicuramente il credito di cui hanno bisogno. Per chiarezza, confermiamo che la certificazione di un bilancio di una piccola o media impresa si aggira sui 20/30 mila euro, una somma più che accettabile la cui contropartita è un rapporto paritetico con il sistema bancario.
Il difetto maggiore delle Pmi è l’incapacità di internazionalizzarsi, cioè di rendersi competitivi sui mercati esteri, in modo da esportare prodotti e servizi in condizione di competere con quei  mercati interni.
Internet ha aperto le porte all’internazionalizzazione, ma per vendere nella rete mondiale ci vogliono grandi doti tecniche e professionali, nonché cospicue capacità imprenditoriali.
Nel corso di quest’anno abbiamo pubblicato una ventina di interviste a giovani con iniziative imprenditoriali innovative. Lieti che altri quotidiani hanno seguito la nostra strada.

 
I sindacati conservatori chiedono posti di lavoro, ma non indicano come fare a generare il lavoro. Partono cioè dalla coda della filiera economica. Mentre i sindacati progressisti ed evoluti indicano il modo per produrlo. Unioncamere italiana ha indicato in 65 mila le offerte datoriali di lavoro per le quali è difficile trovare persone con le adeguate competenze. Di esse su QdS ne sono state pubblicate ben 7.850, ripetiamo, offerte di lavoro che non trovano riscontro.
È inutile che giovani e meno giovani mandino in giro centinaia di curricula se non hanno le competenze richieste, né hanno la voglia di formarsele. Al riguardo vi è stato e vi è l’imbroglio di decenni della formazione regionale che ha depauperato da sei a dieci miliardi inutilmente con una forma di becero assistenzialismo nei confronti di formatori incompetenti.
E si torna al capo della filiera, cioè il ceto politico di basso livello culturale e professionale, che ha badato solo a se stesso infischiandosene dei cittadini.

L’ambiente nel quale operano le imprese è onerato da almeno 4 pesi: energia, più costosa di un terzo rispetto a quella di altri Paesi; credito più costoso e non omogeneo in tutto il Paese; giustizia lenta che non tiene conto del giusto processo e di fatto quando emette una sentenza dopo 12 anni ha denegato la giustizia; e, infine, la burocrazia che dice no a tutti, in modo che i dirigenti non assumono responsabilità, ovvero utilizzano il metodo del favore per ottenere vantaggi personali.
Vi è stata una carenza di regole di equità nella gestione del bene comune ed anche ora, col governo dei tecnici, tale equità è assente nel rapporto tra il fortissimo gravame fiscale e la nullità dell’azione tendente a tagliare la spesa pubblica improduttiva.
Proprio da qui bisogna riprendere il cammino col prossimo governo, in modo da recuperare risorse indispensabili per gli investimenti e l’apertura dei cantieri di opere pubbliche.
Monti ha ben detto che l’evasione è un cancro che va estirpato, ma ha parlato poco di mafia, un cancro più pericoloso che sta aggredendo il ricco Nord senza che gli anticorpi riescano a contrastarlo. Omissione inconsapevole?

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