Sono alcuni dei campioni imprenditoriali nazionali che dovrebbero essere l’orgoglio della nazione perchè potenziano fortemente il brand Italia e ne aumentano la notorietà soprattutto nei cinque Paesi emergenti del BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica).
L’intelligenza di questi imprenditori dovrebbe essere presa ad esempio da tanti altri che testardamente investono in settori maturi, senza innovazione e senza valore aggiunto, con la conseguenza che la crisi li rade al suolo.
È vero che il credito delle banche si ottiene più difficilmente, però, imprenditori che fanno certificare i loro bilanci ottengono sicuramente il credito di cui hanno bisogno. Per chiarezza, confermiamo che la certificazione di un bilancio di una piccola o media impresa si aggira sui 20/30 mila euro, una somma più che accettabile la cui contropartita è un rapporto paritetico con il sistema bancario.
Il difetto maggiore delle Pmi è l’incapacità di internazionalizzarsi, cioè di rendersi competitivi sui mercati esteri, in modo da esportare prodotti e servizi in condizione di competere con quei mercati interni.
Internet ha aperto le porte all’internazionalizzazione, ma per vendere nella rete mondiale ci vogliono grandi doti tecniche e professionali, nonché cospicue capacità imprenditoriali.
Nel corso di quest’anno abbiamo pubblicato una ventina di interviste a giovani con iniziative imprenditoriali innovative. Lieti che altri quotidiani hanno seguito la nostra strada.
È inutile che giovani e meno giovani mandino in giro centinaia di curricula se non hanno le competenze richieste, né hanno la voglia di formarsele. Al riguardo vi è stato e vi è l’imbroglio di decenni della formazione regionale che ha depauperato da sei a dieci miliardi inutilmente con una forma di becero assistenzialismo nei confronti di formatori incompetenti.
E si torna al capo della filiera, cioè il ceto politico di basso livello culturale e professionale, che ha badato solo a se stesso infischiandosene dei cittadini.
L’ambiente nel quale operano le imprese è onerato da almeno 4 pesi: energia, più costosa di un terzo rispetto a quella di altri Paesi; credito più costoso e non omogeneo in tutto il Paese; giustizia lenta che non tiene conto del giusto processo e di fatto quando emette una sentenza dopo 12 anni ha denegato la giustizia; e, infine, la burocrazia che dice no a tutti, in modo che i dirigenti non assumono responsabilità, ovvero utilizzano il metodo del favore per ottenere vantaggi personali.
Vi è stata una carenza di regole di equità nella gestione del bene comune ed anche ora, col governo dei tecnici, tale equità è assente nel rapporto tra il fortissimo gravame fiscale e la nullità dell’azione tendente a tagliare la spesa pubblica improduttiva.
Proprio da qui bisogna riprendere il cammino col prossimo governo, in modo da recuperare risorse indispensabili per gli investimenti e l’apertura dei cantieri di opere pubbliche.
Monti ha ben detto che l’evasione è un cancro che va estirpato, ma ha parlato poco di mafia, un cancro più pericoloso che sta aggredendo il ricco Nord senza che gli anticorpi riescano a contrastarlo. Omissione inconsapevole?