Leggere, ascoltare, pensare, valutare, decidere, agire - QdS

Leggere, ascoltare, pensare, valutare, decidere, agire

Carlo Alberto Tregua

Leggere, ascoltare, pensare, valutare, decidere, agire

martedì 11 Dicembre 2012
La filiera per agire con cognizione di causa può essere la seguente: leggere, ascoltare, pensare, valutare, decidere, agire. Perché procedere su questa strada? Vediamo.
Leggere con attenzione e concentrazione, significa assumere informazioni, senza delle quali la nostra mente rimane cieca. Tali informazioni debbono essere collocate nella nostra mente secondo un certo ordine.
Infatti, se esse si inserissero nella parte mnemonica del nostro cervello alla rinfusa, non ci farebbero capire il senso. Solo chi legge in modo selettivo, cercando le notizie, ottiene una più producente informazione. Per comportarsi in tale modo è indispensabile addestrarsi. Leggere per leggere non serve, leggere per imparare è, invece, estremamente utile.
Ascoltare, è un secondo modo per incamerare informazioni. La maggior parte di quello che entra nelle nostre orecchie è spazzatura. Solo una parte ci è utile per accrescere le nostre conoscenze. Ma dobbiamo essere attenti per captare gli insegnamenti, soprattutto quando vengono dai saggi e dai maestri. Ne incontriamo diversi nella nostra vita, ma spesso li sottovalutiamo, perdendo così preziose fonti.

Pensare. Se ci fate caso, molta gente usa erroneamente il verbo pensare al posto del verbo supporre. Il che indica una confusione, e quindi incapacità di ben delineare che cosa sia utile da inserire nella nostra memoria. Pensare è forse l’attività più bella di una persona, perché, oltre ad elaborare, consente di immaginare, di fantasticare, di progettare, di vedere il futuro e anche cose che altri non vedono.
Col pensiero l’uomo acquista coscienza di sé e del mondo in cui vive. Cogito ergo sum, è il principio fondamentale della filosofia di René Descartes (1596-1650). Il soggetto pensante è l’opposto di chi pensa con la testa degli altri, cioé si fa plagiare e si muove come una marionetta i cui fili sono tirati dal puparo.
Quando si pensa, spesso si raffigura un’immagine nella nostra testa, di un’altra persona, di una circostanza, di un ambiente, di qualche cosa che non è concreta, che è immateriale. Il pensiero è eterno, spesso riportato, come accade nei vangeli canonici ed in quelli apocrifi. In molti casi esso è eterno. Qualche volta si ricorda un pensiero, ma non il suo pensatore.

 
Valutare. Tutto ciò che si apprende va soppesato e sottoposto ad esame per capirne la portata. Non si deve inserire nella propria testa un’informazione che non abbia avuto la necessaria valutazione, perché si rischierebbe di memorizzare informazioni sbagliate o false. Naturalmente per valutare occorre buon senso, capacità e addestramento, che si moltiplicano in progress senza sosta fino al termine dei nostri giorni.
Decidere. Solo dopo aver ben capito le informazioni che assumiamo, possiamo prendere decisioni, seguendo il vecchio modo di dire: Se non sai cosa fare è meglio non far nulla.
Può darsi che una decisione abbia bisogno di lunga riflessione. Non ci si deve mettere fretta, perché la ponderazione è indispensabile, collocando ordinatamente in fila tutti gli elementi che servono, e dando ad ognuno di essi il giusto peso.
Una regoletta consiglia che di fronte ad un dilemma, mettiamo sul nostro tavolo un foglio bianco diviso in due parti: nella prima il segno più, nella seconda il segno meno. Incolonniamo vantaggi e svantaggi, diamo loro un numero e tiriamo le somme. Vince quella più alta.

Agire. E qui casca l’asino. Molte persone si trastullano con le idee, restano perennemente indecisi, non arrivano a conclusione e non agiscono.
Famoso nella storia era il Re Tentenna (Carlo Alberto di Savoia), che titubava sempre e, titubando titubando, è rimasto nella storia come colui che non serviva a niente.
Si dice chi non fa non sbaglia. Si adatta a tutti gli infingardi che non vogliono mai assumere responsabilità, che non hanno il coraggio delle proprie azioni e che si nascondono vilmente dietro l’usbergo del non fare.
Costoro non hanno carattere, pensando che non dovendo render conto del proprio agire, non ricevono mai sanzioni. Ma non è così. La sanzione del non fare esiste ed è l’immoralità di chi vive di luce riflessa, in modo parassitario, senza dare un fattivo contributo al buon andamento della Comunità in cui vive. Non dà neanche a sé stesso e ai propri cari la soddisfazione che produce una buona azione.

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