Pubblici e cassintegrati rubano il lavoro - QdS

Pubblici e cassintegrati rubano il lavoro

Carlo Alberto Tregua

Pubblici e cassintegrati rubano il lavoro

giovedì 20 Dicembre 2012

Attivare presto nuovi investimenti

La disoccupazione, per effetto della recessione, tende all’11 per cento, cioè nella media europea. Ma essa non è vera, perché vi sono tanti falsi disoccupati che lavorano in nero e che fanno vedere più grave di quella che è la situazione.
All’evasione contributiva e fiscale di chi non compare in nessun albo o in nessun elenco pubblico va aggiunta un’altra forma di lavoro in nero, ed è quello che fanno molti pubblici dipendenti avendo liberi tutti i pomeriggi, ed anche diversi cassintegrati che, quando stanno a casa, pur percependo un assegno ridotto, si industriano per arrotondare e recuperare quella parte che a loro manca.
Tali comportamenti sono umanamente comprensibili, ma socialmente deprecabili. Chiunque lavori in nero ruba agli altri non solo perché usufruisce di servizi pubblici, cui non contribuisce, ma anche perché sottrae lavoro ad altri che non ce l’hanno. Vi sono tanti esempi di abusi in questo versante, c’è solo l’imbarazzo della scelta a citarli.

Tra i casi recenti, quell’ottantina di dipendenti dell’Iacp di Messina che incaricavano uno di loro di timbrare il cartellino e poi se ne andavano a svolgere il proprio lavoro in nero, chi in una bottega, chi a fare lavoro di artigiano, chi a fare il giardiniere e altre attività consimili.
Tre milioni e trecentomila italiani lavorano nelle diverse pubbliche amministrazioni. Se il loro numero fosse ridotto di un terzo e i restanti due terzi lavorassero con efficienza e continuità, nessuno si accorgerebbe del diminuito numero. Per realizzare tale riduzione occorrerebbe però che dentro la macchina pubblica fossero inserite forti dosi di merito e responsabilità.
Siccome il pesce puzza dalla testa, è necessario che il ceto politico cominci ad autoinserirsi forti dosi di merito e responsabilità.
Diversamente il discredito li sommergerà, col risultato di far emergere mediocri personaggi come Grillo, che non ha nessuna capacità di agire come soggetto politico. Infatti, la sua azione è solo una misera elencazione di cose che non funzionano, con ciò soddisfacendo una protesta generalizzata, alcune volte giusta, altre volte totalmente destituita di fondamento.

 
Controllare le attività di ogni cittadino è impossibile. Tuttavia, sono oggi a disposizione dei soggetti accertatori molte banche dati, che consentono incroci dai quali emerge l’evasione fiscale e contributiva. Ma Guardia di Finanza e Agenzia delle Entrate non possono andare molto in profondità, perché non hanno sufficienti risorse professionali.
Ecco perché sono i Comuni a doversi attrezzare con gli appositi Nuclei tributari locali, per andare a scoprire quali dei propri cittadini si comportano bene e quali si comportano male.
Con questa azione, i Comuni ricevono un grosso vantaggio finanziario, in quanto, in base alla legge 148/2011, tutto il gettito dell’evasione conseguente alla loro azione gli viene girato dall’Agenzia delle Entrate. E coi tempi che corrono questo gettito potrebbe avere dimensioni rilevanti.
Ma non ci risulta che nei bilanci dei Comuni, fra le voci delle entrate, sia prevista questa.

Si scriveva prima che i pubblici dipendenti (alcuni) e i cassintegrati (alcuni) rubano il lavoro, perché hanno molto tempo a disposizione. La soluzione del problema consiste nei controlli, ma soprattutto nel riattivarsi della macchina economica della nostra Comunità nazionale. Per fare questo sono necessarie risorse finanziarie e capacità organizzative. Bisogna creare nuovo lavoro, assorbito da chi non ne ha, in modo che esso sia ufficiale e alla luce del sole.
Per creare nuovo lavoro bisogna aprire i cantieri e attrarre investimenti, sviluppando anche quell’asse formidabile che è il turismo e l’utilizzazione dei beni archeologici e paesaggistici che oggi è ridotto al lumicino.
Il lavoro dev’essere al primo punto dell’agenda del prossimo Governo, ma non come diritto e neanche come posto di lavoro. Va realizzato in conseguenza della rimessa in moto di tutta la macchina produttiva di beni e servizi, in tutto il Paese.
Ecco perché lo Stato deve dare l’indirizzo e Regioni e Comuni realizzarlo, funzionando bene, in modo da utilizzare tutte le provvidenze europee, nazionali e locali. Si torna, quindi, alla responsabilità del ceto politico che deve guidare il Paese. Senza della quale c’è il caos.

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